L’unica cultura sostenibile è quella senza Eni

Ma come, perfino loro? È la domanda che sempre più spesso ci viene rivolta quando snoccioliamo l’elenco degli eventi culturali finanziati da Eni. Se si volesse stilare una lista esaustiva delle realtà sociali che hanno beneficiato di contributi economici diretti e indiretti da parte della multinazionale energetica si farebbe prima a riempire il foglio degli assenti.

Quando si fa riferimento a Eni, infatti, si indicano correttamente gli investimenti su petrolio e gas, si criticano le attività di greenwashing, si descrivono gli impatti ambientali sui territori.

Ma si parla pochissimo del mecenatismo interessato di Eni. L’ultima occasione in tal senso è stata emblematica.

È il 10 settembre scorso quando l’attivista di Fridays For Future Sofia Pasotto viene fermata, identificata e trattenuta da sei agenti della digos al Festival delle Letteratura di Mantova. La colpa, per così dire, è stata l’esposizione di due cartelli di protesta a un incontro sponsorizzato da Eni. A ciò sono seguiti alcuni (pochi) articoli giornalistici e un’interrogazione parlamentare da parte della deputata di Europa Verde Eleonora Evi. Un tale deprecabile episodio, soltanto l’ultimo di una repressione sempre più acuta nei confronti di un attivismo ambientale in fondo pacato e mai violento, avrebbe dovuto, a nostro avviso, innescare una riflessione più ampia sul ruolo che una cultura che intende essere sostenibile deve giocare nell’era della crisi climatica.

Perché qui la questione non è prendersela con un’azienda energetica se sceglie di investire il proprio denaro in un settore che in teoria non le compete – d’altra parte Eni finanzia il Festival delle Letterature di Mantova, uno degli appuntamenti culturali più importanti d’Italia, sin dal 2008.

Può permetterselo, purtroppo, e a poco serve ribadire che nella cronica assenza di supporti istituzionali agli eventi culturali non resta altra strada che gettarsi tra le fauci del cane a sei zampe. Di più: si rischia di fare un torto alla memoria.

Nei suoi 70 anni di vita l’Ente Nazionale Idrocarburi è stato un instancabile promotore di cultura: dalla fondazione del quotidiano Il Giorno, da cui vennero fuori maestri del giornalismo come Giorgio Bocca e Giampaolo Pansa, alla creazione dell’agenzia giornalistica Agi; dalle collaborazioni di letterati illustri come Leonardo Sciascia e Carlo Emilio Gadda alle antesignane architetture sostenibili di Edoardo Gellner.

C’è però una differenza sostanziale rispetto al passato: la cultura del passato poteva essere reticente sul colonialismo in Africa, poteva dirsi scettica sulle conseguenze delle attività industriali in termini di salute di ogni essere vivente, poteva ancorarsi al bisogno di lavoro del Meridione, poteva credere alla volontà di potenza di un’azienda che in quel momento storico coincideva con i desiderata statali.

Oggi la crisi climatica ha spazzato via tutto questo.

Oggi conosciamo le responsabilità di Eni nell’aumento delle emissioni di gas serra e nel conseguente riscaldamento globale. Sono responsabilità, quelle fossili, ammesse anche dallo Stato nei suoi documenti ufficiali e in fondo lo fa anche la stessa azienda nei bilanci di sostenibilità. Eppure, nonostante ciò, in Italia la vera egemonia culturale ha ancora sei zampe.

Se Eni non può fare a meno degli eventi culturali, conscia di dover restituire un’immagine quanto più attenta alle questioni sociali e ai diritti umani, devono essere gli eventi culturali a sovvertire questo catatonico bisogno.

Certi premi non basta rifiutarli, bisogna mettersi nelle condizioni di non meritarli” disse una volta Jean-Paul Sartre. Di questi tempi sarebbe già significativo essere capaci di respingere certi finanziamenti. Ancor più auspicabile, poi, sarebbe essere in grado di poterli sostituire.

Per questo motivo economicacircolare.com, CDCA e A Sud, in collaborazione con MeltingPro, promuovono dal 2022 il programma Cultura Sostenibile. L’iniziativa è pensata per supportare le organizzazioni culturali e creative che intendono intraprendere un processo di conversione ecologica: competenze, contatti con enti di certificazione garantiti, percorsi formativi e consulenziali sui temi del cambiamento climatico e dell’efficientamento energetico, strategie per una gestione e una programmazione culturale basata sulla riduzione dell’impatto ambientale, sull’economia circolare e su azioni di sensibilizzazione e coinvolgimento dei pubblici rispetto all’emergenza climatica.

Si tratta insomma di un programma che intende promuovere una cultura indipendente e che, emancipandosi dal settore fossile, oggi responsabile del collasso eco climatico al quale stiamo andando incontro, sia portatrice di visioni e soluzioni altre e si metta in ascolto delle nuove generazioni che chiedono a gran voce di invertire la rotta.

Ed è per questo motivo, infine, che intendiamo lanciare un evento in cui ritrovarci, per discutere e ragionare insieme su una cultura senza Eni. Lo vogliamo fare proprio nel 70esimo anniversario di un’azienda che nel bene e nel male ha fortemente influenzato le politiche energetiche, industriali, sociali e, appunto, culturali dell’Italia. Ma è arrivato il momento di smetterla di affidarsi al proprio carnefice.

Ciminiere Eni

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