Wilma Gamboa ci accoglie nel punto vendita di Cochabamba dove è possibile trovare tutti i prodotti dei membri della Cioec, l’organizzazione economica contadina della provincia, insieme a tutte le collaboratrici.

Un negozio tutto al femminile dove si può trovare dal miele, alle borse di alpaca, dai saponi alle verdure, dai prodotti cosmetici al pane. Molti di questi prodotti hanno il marchio “eco mujeres” e sono fatti da gruppi di donne che dalle comunità si affidano alla Cioec per commercializzare le loro realizzazioni. La Cioec è partner del progetto Pachamama e a lei abbiamo chiesto come funziona. Oltre che il ruolo delle donne nella società boliviana.

Ci spiega prima di tutto che cos’è e cosa fa la CIOEC?

Cioec Cochabamba è un’organizzazione contadina locale che rappresenta legalmente e politicamente i piccoli produttori e che li mette in grado di sviluppare un’attività economica a partire dalla produzione, trasformazione, la commercializzazione. I piccoli produttori che aderiscono a quest’organizzazione si riconoscono anche in un diverso modello di sviluppo e a 4 principi politici molto chiari legati a economia sociale e solidale, l’agricoltura sostenibile, sovranità alimentare e l’autogestione contadina che è la più importante.

L’organizzazione economica contadina nasce a livello nazionale ma per la necessità di sviluppare progetti propri, nascono quelle territoriali come quella di Cochabamba. Qui ci siamo concentrati su 4 settori principali: il settore apicolo, il settore del latte, dei grani e cereali e infine verdure e orticole. La cosa principale che fa funzionare questo sistema è l’associazionismo perché si tratta di produttori che hanno piccole particelle di terreno e senza essere associati rimarrebbero a livello di auto- consumo.

Come si inserisce il progetto Pachamama in questo modello di organizzazione contadina?

Il progetto Pachamama è arrivato in un momento in cui la Cioec di Cochabamba ha bisogno da dare sostenibilità ai progetti avviati, soprattutto nell’ambito della trasformazione dei prodotti e nel sostegno all’idea di commercializzazione associativa a filiera corta che stiamo sviluppando da diversi anni.

Inoltre Pachamama viene a sostenere un modello di agricoltura sostenibile con pratiche agroecologiche e a lavorare con le donne che sono rimaste in gran parte le uniche a lavorare dopo il grande fenomeno di migrazione che ha toccato tutto il nostro territorio. Le donne che rimangono a lavorare nel campo sono in gran parte senza formazione e senza mezzi per sviluppare iniziative economiche. Ecco: Cioec, con Cevi, Cospe e gli altri partner del progetto rafforza le capacità delle donne, fa formazione, le segue e le sostiene perché riescano a mandare avanti queste iniziative e soprattutto ci aiuta a creare una rete del mercato di filiera corta che abbia opportunità anche nell’ambito di un mercato commerciale che è molto competitivo e che chiede cose che sarebbero impossibili per i piccoli produttori da soli (marketing, etichette etc..).

Come funziona questa rete. Quali sono i vantaggi per produttori e consumatori?

Questa rete stabilizza la economia contadina. Per fare degli esempi, siamo riusciti a inserire il miele nel circuito scolastico locale, quindi forniamo miele a circa 40mila studenti con una consegna settimanale. Questo permette una sostenibilità economica che permette di andare avanti con altri mercati.

Ma chi compra i prodotti da noi ha anche la sicurezza della loro provenienza: noi cerchiamo di avvicinarci direttamente al cliente raccontando da dove viene, chi fa il miele, chi lo ha invasato etc… I clienti partecipano a questa storia di produzione. Si tratta di volumi minori ma sono molto importanti per la nostra filosofia. Poi arriviamo anche al mercato tradizionale dove si vende la materia prima delle organizzazioni e però anche qui conta la storia: noi raccontiamo la storia delle donne, dei giovani che fanno prodotti di piccola scala. E quindi diventano rete anche loro con i piccoli produttori. È un tipo di associazionismo importante.

Quanti sono i produttori in Cioec?

Ci sono 700 produttori circa che girano intorno a Cioec. La più alta percentuale è donne. Ne abbiamo persi molto da quando lo stato ha introdotto delle sovvenzioni a fondo perduto senza alcuna visione economica o commerciale. La nostra invece è una visione chiara basata sui principi di economia sociale e solidale, basata sulle persone.

Qual è il ruolo delle donne nella società rurale?

È preponderante specialmente nella piccola produzione contadina. Gli uomini gestiscono la grande produzione, quella che ha irrigazione, monoculture, infrastrutture e tecnologia ed è molto seguita perché è importante nell’economia del paese. Il ruolo delle donne è sempre stato invece legato alla sicurezza alimentare, ma in questo modello che stiamo promuovendo, le donne sono anche le promotrici di un sistema di conservazione dell’ambiente, di acqua, di semi da conservare.

Quali sono le criticità perché il protagonismo delle donne sia vero?

Le donne continuano a essere molto sotto la media educativa a loro manca molto la formazione soprattutto di gestione e leaderaggio. Molto spesso hanno anche poca di autostima. In Bolivia ci sono politiche di genere molto interessanti, il problema è che queste poltiche non sono seguite e sviluppate: le donne sono passate da uno spazio privato di lavoro a uno spazio pubblico, ma senza nessun sostegno. Una donna può andare alle riunioni e alle formazioni, ma se prima ti svegliavi alle 4 ora ti svegli alle 3 perché nel frattempo devi pensare alla famiglia. Non si è avanzato nella questione nella economia della cura.

Si dice che nelle zone rurali c’è il chachawarmi ossia l’equilibrio di genere ma non è così: le donne si fanno carico di tutto. Questo spazio pubblico, politico e di partecipazione non è ben definito né sostenuto.

Che cosa si può fare?

Una delle cose più importanti da fare è promuovere iniziative produttive. Una donna che ha diritti economici, che li assume, li gestisce è una donna più indipendente e più autonoma. Questa è la nostra sfida ed è questo quello che cerchiamo con il progetto Pachamama: vogliamo che le donne abbiano potere di decidere.

 

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