Perché la moria di pesci a Roma ci riguarda tutti

Il problema della moria dei pesci nel fiume Tevere a Roma resta ancora aperto: la diatriba tra i vari enti per individuare il soggetto responsabile per la raccolta dei pesci morti che galleggiano in superficie non sembra ancora essersi conclusa.

L’informazione si sta focalizzando sulle colpe dell’amministrazione in merito alla mancata rimozione di quel che è già diventato uno scempio ambientale, esalazioni maleodoranti si diffondono nelle aree vicine, raggiungendo i ciclisti, i pedoni, gli sportivi dei circoli di canottaggio, gli abitanti delle baracche abusive o dei pescherecci.

Ma sono solo organizzative le responsabilità delle amministrazioni della città di Roma sul Tevere?
Con il progetto RomaUP dal febbraio scorso A Sud insieme al CRAP (Coordinamento Romano Acqua Pubblica) monitora mensilmente lo stato del fiume al fine di verificare la qualità delle acque e i parametri chimici e fisici e l’eventuale presenza di specifici pesticidi per comprendere le ragioni di questi fenomeni.

Lo stato del fiume

Partiamo con ordine. Per prima cosa c’è un grave problema legato alla qualità delle acque del fiume; il Tevere, che è poi il protagonista di questa storia, non sta bene. Solo la scorsa estate sono stati due gli episodi di moria dei pesci.
Proprio nel mese di agosto, l’ARPA ha aggiornato sul proprio sito le condizioni dello stato ecologico e chimico dei corsi d’acqua che monitora. Il fiume Tevere è sotto controllo tramite sette stazioni di campionamento di cui solo quattro in provincia di Roma.

Di queste quattro, tra il 2018 e il 2020 per tre stazioni si è registrato uno stato ecologico scarso (il peggiore) e per una sola stazione la condizione è risultata sufficiente. Per quanto riguarda l’aspetto chimico due stazioni su quattro hanno avuto condizioni non buone.
Le situazioni peggiori si registrano proprio nel tratto urbano del fiume: uno in centro storico (Ponte Cavour) e l’altro poco dopo il raccordo (nei pressi di Vitinia).

Questi dati, se letti insieme ai risultati avuti subito dopo le morie di pesci dello scorso anno che hanno mostrato alti valori di pesticidi e altissimi valori di escherichia coli (il noto batterio che sta a indicare la presenza di inquinamento fecale), ci restituiscono una situazione poco rassicurante per il nostro corso fluviale.

Le conseguenze dell’incuria del Tevere: il problema del potabilizzatore

Questa situazione potrebbe costarci cara perché nel 2006 il nostro Paese ha recepito la direttiva europea 2000/60/CE che chiedeva all’Italia di raggiungere entro il 2015 un buono stato ecologico e chimico dei nostri corsi d’acqua. Il mancato raggiungimento, se non opportunamente giustificato, potrebbe costarci una procedura di infrazione da parte dell’Europa.

C’è poi una questione che ci tocca ancor più da vicino, connessa in qualche modo con questa storia. Acea, l’ente gestore dell’acqua della Capitale, a causa della sempre più frequente scarsità idrica e della siccità ha proposto di realizzare dei potabilizzatori per rendere l’acqua del Tevere potabile e fruibile nei nostri rubinetti.

Dopo aver realizzato il primo potabilizzatore da 500 litri nel 2018, l’Assemblea dei Sindaci di oltre 100 comuni del Lazio Centrale (nota come ATO 2), ha approvato il finanziamento di un secondo potabilizzatore ad Acea, che ha in gestione il servizio idrico di tutta l’area. Questo nuovo potabilizzatore sarà sei volte più grande del primo.

A oggi esistono le tecnologie per depurare e rendere potabile l’acqua del fiume ma resta aperta una questione: sappiamo tutto delle acque del Tevere? Che tipo di monitoraggio e analisi è stata fatta prima di decidere di potabilizzarlo? A nostro avviso non è esattamente la decisione più saggia: le analisi recentemente effettuate da Arpa rivelano alcune criticità: alcuni parametri non vengono monitorati nell’analisi della potabilità del fiume come nel caso di nuovi inquinanti emergenti (quali per esempio il glifosato).

Le possibili soluzioni: riqualificare la rete idrica e valorizzare il Tevere

Non solo, per colmare la scarsità idrica basterebbe sanare le ingenti perdite della rete idrica regionale, senza andare a cercare nuove risorse con una problematica potabilizzazione del fiume. A dirlo è la stessa è la strategia per lo Sviluppo Sostenibile della Regione Lazio approvata lo scorso marzo. Ad oggi gli acquedotti romani perdono il 45% dell’acqua che immettono in rete con uno spreco di 9 mila litri al secondo.

Associazioni, comitati e cittadini hanno più volte chiesto di optare per questa soluzione ma per adesso non c’è stata alcuna risposta da parte del Comune.

Sarebbe molto più utile pensare ad una valorizzazione del fiume che non riguardi lo sfruttamento idrico, e che restituisca alla cittadinanza aree verdi del tutto inutilizzate. Molte esperienze dal basso hanno dimostrato il successo di operazioni di riqualificazione: come nel caso del Parco Marconi, uno spazio verde oggi aperto a tutti grazie alle associazioni di Agenda Tevere.

La questione abitativa

Quello di cui non si parla mai, infatti, è che il Tevere è un luogo abitato. Sulle sponde del fiume, oggi vivono molte persone che si trovano in una condizione di vulnerabilità, che in questo momento devono subire le continue maleodoranze e che sono completamente escluse dal processo di rivalutazione del territorio dell’amministrazione comunale, apparentemente preoccupata solo della presenza delle carcasse dei pesci.

Che si tratti di grandi comunità con diverse centinaia di persone che si sono appartate sulle sponde, piccoli nuclei familiari (dai punti più centrali, per esempio nei pressi del Museo dell’Ara Pacis ai punti più isolati come per esempio nei pressi della spiaggia Tiberis) o piccoli gruppi di pescatori; il problema rimane: in che modo l’attuale stato del fiume influisce sulle condizioni igieniche dell’area e come ne sono danneggiati gli abitanti? Chi deve occuparsene?

Monitorare il Tevere per un’azione di advocacy

Ciò che è invisibile ai turisti non esiste neanche per la politica? Ecco, questo secondo noi è inaccettabile, così come è inaccettabile pensare di potabilizzare un corso d’acqua che mostra queste problematicità.
Il nostro programma di monitoraggio del Tevere andrà avanti fino al prossimo febbraio e invitiamo cittadini, attivisti e associazioni a unirsi a noi per diventare le nuove sentinelle di queste acque dimenticate. Stiamo costruendo una rete per arrivare a fine anno con dati e analisi che ci permettano di realizzare un’azione concreta di advocacy.

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