Le giornate tematiche della COP26
Le principali questioni affrontate in sei punti
Nelle due settimane di negoziati sono state organizzate giornate tematiche sulle principali questioni tra cui acqua, agricoltura, loss and damage, gender e trasporti. I leader spingono per stabilire un nuovo obiettivo globale per proteggere almeno il 30% dell’oceano entro il 2030 attraverso una rete di aree marine altamente protette; nessuna parola sui Paesi sfruttano industrialmente la fauna ittica degli oceani mettendo a rischio gli ecosistemi marini. Alla conferenza di Glasgow COP26, la Banca Mondiale ha annunciato l’impegno a stanziare 25 miliardi di dollari all’anno in finanza per il clima fino al 2005 tramite il suo Climate Action Plan, che comprende un programma sull’agricoltura e il settore alimentare. Confermato il “green fund” di 100 miliardi di dollari istituito nel 2010, fondi che dovrebbe arrivare ai Paesi meno sviluppati entro il 2023 e che sono destinati proprio a riparare i danni e le perdite causate dai Paesi più industrializzati e responsabili delle emissioni, ma le riparazioni sono tutte pensate per contrastare emergenze. e non ricostruzioni di lungo periodo. Il presidente dalla Cop26 Alok Sharma ribadisce la centralità del ruolo delle donne nella lotta per il clima è molto più efficace quando le donne sono al centro dello sforzo”, ma i movimenti riuniti nel panel “La vita al centro. Verso una giustizia climatica femminista” ribattono che non basta inserire le questioni di genere come punto tematico in agenda: serve un’ottica integrata e un cambiamento di visione radicale per uscire dalla logica colonialista ed estrattivista. Sui trasporti si punta a veicoli a emissioni zero entro il 2040 a livello globale. Un obiettivo ambizioso che ha visto l’ostruzionismo di Stati Uniti, Cina e Germania.
Water Day – giorno 6
Nella giornata dedicata alle acque alla COP26, la coalizione “Blue Leaders”, composta dai leader di governo e sostenitori dell’oceano, ha chiesto un’azione immediata da parte dei capi di stato per proteggere i mari del mondo e la sua preziosa biodiversità danneggiata dal cambiamento climatico e dalle attività umane. “Miliardi di persone in tutto il mondo dipendono dall’oceano per il cibo, il lavoro e la sopravvivenza culturale ed economica, comprese alcune delle comunità più vulnerabili della Terra”, ha detto al summit Manish Bapna, presidente e Ceo di NRDC (Natural Resources Defense Council). I leader spingono per stabilire un nuovo obiettivo globale per proteggere almeno il 30% dell’oceano entro il 2030 attraverso una rete di aree marine altamente protette. Conclusione rapida di un nuovo e solido trattato delle Nazioni Unite per conservare e proteggere la biodiversità marina nell’oceano al di fuori della giurisdizione nazionale. I paesi Blue Leader includono Belgio, Cile, Costa Rica, Croazia, Fiji, Finlandia, Gabon, Monaco, Nigeria, Palau, Panama, Seychelles e Spagna. L’oceano globale copre quasi i due terzi del pianeta e ospita la maggior parte della biodiversità della Terra. Regola il clima della Terra, produce l’ossigeno necessario per sostenere la vita e fornisce cibo e mezzi di sussistenza a miliardi di persone. Ma gli impatti crescenti e dannosi dell’attività umana, insieme ai drammatici cambiamenti nella temperatura dell’oceano a causa del climate change, stanno avendo un profondo impatto sulla capacità dell’oceano di continuare a fornire servizi di sostegno alla vita. La coalizione Blue Leaders sostiene che l’oceano. Nessuna parola sui Paesi sfruttano industrialmente la fauna ittica degli oceani: mettono a rischio la sopravvivenza di molte specie marine, accelerano il deterioramento dell’ecosistema marino e rompono il ciclo del carbonio di cui gli Oceani sono parte integrante.
Agricoltura – Giorno 7
La Banca Mondiale stanzierà 25 miliardi di dollari l’anno per fermare il Climate Change. Alla conferenza di Glasgow COP26, la Banca Mondiale ha annunciato l’impegno a stanziare 25 miliardi di dollari all’anno in finanza per il clima fino al 2005 tramite il suo Climate Action Plan, che comprende un programma sull’agricoltura e il settore alimentare attraverso “progetti e programmi di grande impatto che riducono le emissioni di gas serra, promuovono l’adattamento, riducono la povertà e la disuguaglianza”. Anche 45 governi, guidati dal Regno Unito, si sono impegnati a investire 4 miliardi di dollari in azioni per passare a sistemi agricoli più sostenibili. Circa un quarto delle emissioni mondiali di gas serra viene infatti dall’agricoltura, dalle foreste e da altri usi del terreno, e questo comporta la necessità di una riforma urgente del modo in cui si coltiva e si consuma il cibo, per fronteggiare il cambiamento climatico. I 4 miliardi di dollari investimenti pubblici che gli stati si impegnano a mobilitare nell’innovazione agricola saranno spesi nello sviluppo di sementi resistenti al cambiamento climatico e in soluzioni per migliorare la salute del suolo, oltre che nel rendere disponibili queste innovazioni agli agricoltori di tutto il mondo. E poi c’è l’accordo sulla deforsetazione al 2030 firmato da oltre 100 Paesi. Nessun accenno esplicito però, alla limitazione delle coltivazioni intensive e agli allevamenti. Nell’accordo infatti 28 Paesi si impegnano a limitare la deforestazione nelle filiere di prodotti come olio di palma, soia e cacao, ma ancora una volta gli allevamenti (responsabili della maggior parte del disboscamento) non sono toccati.
Adaptation e loss and Damage Day – Giorno 8
Nell’ottavo giorno della COP si è discusso di “Loss and damage”: un termine che si riferisce ai “danni e perdite” prodotti dagli effetti dei cambiamenti climatici. Il termine si lega “green fund” di 100 miliardi di dollari istituito nel 2010, fondi che dovrebbe arrivare ai Paesi meno sviluppati entro il 2023 e che sono destinati proprio a riparare i danni e le perdite causate dai Paesi più industrializzati e responsabili delle emissioni.
Durante la giornata il negoziatore per la Bolivia, Diego Pacheco Balanza, ha sottolineato che i Paesi sviluppati si siano rifiutati di affrontare il problema di questi fondi. Ad oggi infatti sono pensati per rispondere a situazioni di catastrofe e emergenza ma non ad un’operazione di ricostruzione e investimento a lungo termine. nella bozza finale di documento si fa accenno a un fondo aggiuntivo ai 100 miliardi destinato a questo fine.
Gender Day – giorno 9
La nona giornata del summit internazionale sul climate change è stata dedicata all’uguaglianza di genere. Quattordici leader internazionali e attivisti di spicco hanno firmato una dichiarazione che chiede di promuovere il ruolo delle donne nell’affrontare il cambiamento climatico. La Dichiarazione sulla leadership delle donne firmata a Glasgow sotto l’egida di Un Women, l’agenzia delle Nazioni Unite dedicata alle donna, e delle autorità scozzesi sull’uguaglianza di genere e il cambiamento climatico riconosce gli spropositati impatti del cambiamento climatico sulle donne. “Il cambiamento climatico ha un impatto maggiore sulle donne in modo sproporzionato”, ma “la lotta per il clima è molto più efficace quando le donne sono al centro dello sforzo”, ha detto a Glasgow il presidente della Cop26, Alok Sharma, aprendo i lavori del Gender Day. “Dobbiamo creare un mondo dove le donne e le ragazze sono al cuore dell’azione climatica”, ha aggiunto Sharma. Tra le firmatarie: la ministra neozelandese Jacinda Ardern, la consigliera nazionale per il clima degli Stati Uniti Gina McCarthy e la ministra federale dell’ambiente in Germania Svenja Schulze hanno firmato la dichiarazione. Il documento è stato firmato anche dai capi di Stato e di governo di Bangladesh, Tanzania, Estonia e Islanda, dai ministri di Belgio e Pakistan, dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo e leader della società civile. La Dichiarazione sulla leadership delle donne di Glasgow sull’uguaglianza di genere ha l’obiettivo di “celebrare il ruolo delle donne leader a tutti i livelli nell’affrontare la crisi climatica” e impegna i firmatari a un maggiore sostegno all’azione per il clima delle donne e delle ragazze. Tuttavia, l’impressione è che si tratti di dichiarazioni di rito che non vedono purtroppo un reale investimento sull’empowerment femminile né sul protagonismo di genere in ambito climatico.
Durante il Gender Day alla COP26, la prima ministra Nicola Sturgeon ha annunciato ulteriori azioni per affrontare gli impatti di genere dei cambiamenti climatici. Presiedendo una tavola rotonda su donne e clima, il primo ministro ha affermato che il governo scozzese diventerà promotore dell’impegno nell’ambito della coalizione globale Feminist Action for Climate Justice. L’impegno prevede: consentire alle donne e alle ragazze di condurre una transizione giusta verso un’economia verde; aumentare l’accesso diretto ai finanziamenti per soluzioni climatiche che promuovono la parità di genere; costruire la resilienza di donne e ragazze agli impatti climatici, ai rischi di catastrofi, alle perdite e ai danni.
Il punto di partenza emerge dalle ricerche più recenti, incluse quelle dell’IPCC, il pannello intergovernativo sul clima, e della London School of Economics secondo cui i disastri collegati al cambiamento climatico colpiscono le donne (e i bambini) con una probabilità quattro volte superiore rispetto agli uomini. Basta vedere i dati dello tsunami nell’Oceano indiano nel 2004 o l’ondata di caldo in Europa nel 2003. Non solo: le donne sono anche i soggetti sulle quali gravano maggiormente gli oneri derivanti dagli impatti climatici.
Fuori dai luoghi dei negoziati ufficiali si è tenuta, il 10 novembre, l’assemblea dei movimenti “La vita al centro. Verso una giustizia climatica femminista”. Le voci delle donne dei movimenti di tutto il mondo hanno denunciato con forza l’assenza di uno sguardo che includa le questioni di genere alla COP26. Dall’America Latina all’Africa all’Europa, le attiviste rilevano che le questioni di genere continuano ad essere inserite nei negoziati come punto tematico di agenda anziché costuire un’ottica integrata e un vero e proprio progetto di cambiamento di visione. Nel panel è stato evidenziato che la violenza di genere è strettamente connessa al cambiamento climatico, e che le soluzioni risiedono nella capacita di decolonizzare non solo la natura dalla visione predatoria ed estrattivista, ma anche il lavoro e le relazioni. Per una transizione post estrattivista si deve ripartire dalle economie locali, dall’ageoecologia e dalla protezione dei semi da sempre patrimonio di saperi femminili.
Transport Day – Giorno 11
Alla Cop 26 l’undicesima giornata è stata dedicata alla questione trasporti e in particolare ai veicoli a emissioni zero. L’obiettivo è un accordo globale per azzerare le emissioni delle nuove auto e furgoni entro il 2040 a livello globale ed entro il 2035 nei principali mercati. Un obiettivo ambizioso che ha visto l’ostruzionismo di Stati Uniti, Cina e Germania, tra i principali mercati del settore automotive. Anche l’Italia si sfila dall’accordo, mossa che non stupisce visto che ad oggi gli investimenti nel settore elettrico del Pnrr ammontano ad appena un miliardo degli oltre 240 messi a disposizione dal Recovery fund, e sono esclusivamente concentrati sulla creazione di punti di ricarica. Volkswagen e BMW avrebbero detto di non voler firmare, incerta la posizione di Toyota. Aderiranno General Motors e Volvo e Ford.