Lancet Report 2019

Salute e cambiamenti climatici, it’s the final count down

È stato presentato ieri a Roma, presso l’Istituto Superiore di Sanità, il Lancet Countdown Report 2019, dedicato alla sempre più inscindibile relazione esistente tra tutela della salute e stravolgimenti climatici.

Il Lancet Countdown è un gruppo di ricerca interdisciplinare formato da oltre 120 ricercatori provenienti da tutti i continenti e il cui lavoro è coadiuvato da 35 tra università, enti di ricerca e agenzie delle Nazioni Unite. Istituito nel 2012 per approfondire le connessioni tra salute e cambiamenti climatici, dal 2015 il panel pubblica uno special report annuale dedicato al tema. La significativa scelta del termine Countdown indica la posizione espressa dagli scienziati sull’argomento: quello per limitare l’influenza degli impatti del climate change sulla salute pubblica è da considerarsi un conto alla rovescia, già inesorabilmente partito e che non affrontato con prontezza ed efficacia rischia di mettere in pericolo non solo la salute delle generazioni presenti ma anche di quelle future. Il lavoro del Lancet Countdown si basa sull’aggiornamento annuale dei 41 indicatori individuati dagli esperti integranti il gruppo di ricerca in cinque aree chiave, che corrispondono ai cinque working group: impatti sulla salute e vulnerabilità, adattamento, mitigazione, aspetti economici e contesto politico.

Nel Lancet Countdown Report 2019, intitolato “Garantire che la salute di un bambino nato oggi non sia definita irrimediabilmente dal clima che cambia”, gli scienziati lanciano una serie di messaggi chiave univoci e di grande allarme. La vita di ogni essere umano che nasce oggi, afferma lo studio, sarà profondamente condizionata dai cambiamenti climatici, che rappresentano “una sfida senza precedenti che richiede risposte senza precedenti, risposte che dovranno necessariamente coinvolgere – precisano – l’intera popolazione attuale”.

Senza un’accelerazione degli interventi, infatti, e senza centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi (contenere a fine secolo l’aumento di temperatura media globale entro i 2°C) gli impatti del climate change saranno tali da definire lo stato della salute delle persone in ogni momento della loro vita.

Nello specifico, lo studio indica che, a politiche invariate, i minori in età neonatale saranno maggiormente esposti al rischio di malnutrizione, a causa del trend di riduzione delle rese agricole registrato negli ultimi tre decenni, cui consegue l’aumento dei prezzi dei cereali con crescenti difficoltà di accesso per le fasce maggiormente vulnerabili della popolazione. Ulteriore rischio per la popolazione infantile è costituito dalle malattie infettive, acuito dalla crescente diffusione di batteri causata dalle modifiche del clima. I batteri sono alla base dell’insorgenza di patologie che causano mortalità infantile soprattutto nelle aree rurali, ad esempio dissenterie e infezioni da ferite. In tal senso si calcola che l’anno 2018 sia stato statisticamente il secondo peggior anno per diffusione di batteri favorita dalle condizioni climatiche a livello globale. Nella fase dell’adolescenza il crescente impatto dell’inquinamento atmosferico ha causato nel 2016 ben 2,9 milioni di morti premature. Infine, per gli adulti uno dei principali rischi è – e sempre più sarà – rappresentato dal maggior numero e dall’aumentata intensità degli eventi meteorologici estremi; nel solo 2018 più di 220 milioni di persone di età superiore ai 65 anni sono state esposte a ondate di calore, rispetto alle 157 milioni dell’anno precedente.

Per far fronte a tali minacce occorre secondo gli scienziati tagliare tra il 2019 e il 2050 di almeno il 7,4% l’anno le emissioni di Co2, centrando così l’obiettivo di contenere a fine secolo l’aumento medio di temperature entro i 1,5°C. Si tratta dell’unica possibilità, conclude lo studio, di garantire un futuro più sano alle future generazioni. Per realizzare un taglio di questa entità, il board raccomanda di agire tempestivamente attraverso scelte coraggiose in quattro diversi settori: eliminando rapidamente il carbone come fonte energetica; aumentando i sistemi di trasporto pubblico attivo, investendo ingentemente nell’adattamento del sistema sanitario alle nuove sfide poste dal clima che cambia; infine, garantendo il rispetto degli impegni finanziari internazionali assunti dai paesi ad alto reddito nell’ambito delle negoziazioni climatiche.

La presentazione del Report è stata ospitata dall’Istituto Superiore di Sanità, che ha sottolineato come il drive human health – climate change rappresenti per l’ente un asse strategico di ricerca e di azione. Per quanto riguarda gli impatti sanitari del climate change a livello nazionale, tra i dati presentati spicca il posizionamento dell’Italia come primo Paese in Europa per morti premature da esposizione a polveri sottili Pm 2.5, 45.600 nel solo 2016, con un costo economico di oltre 20 milioni di euro.

Anche dal punto di vista dell’impatto sul lavoro, l’Italia è al primo posto in Europa per perdita di ore lavorative con 1,1 milioni di ore di lavoro in meno tra il 2014 e il 2018 a causa degli impatti dei cambiamenti climatici, di cui il 70% in campo agricolo.

La produzione agricola vede infatti l’Italia più vulnerabile della media globale, dal 1960 la potenziale riduzione di rese agricole nazionali è del 10,2% per il mais (contro il 4% globale); del 5% e del 6% rispettivamente per il grano invernale e primaverile (contro il 6% globale) e del 7% per la soia (contro il 3% globale).

Infine, secondo i dati pubblicati da Germanwatch e relativi al Climate Risk Index, sono stati registrati in Italia ben 19.947 morti a causa di eventi metereologici estremi nel decennio tra il 1999 e il 2018, con costi contabilizzati in quasi 33 miliardi di dollari.

Il Lancet Coundown report 2019 è gratuitamente scaricabile on line a questo link

 

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