La Siberia è in fiamme, sta bruciando un’area che per estensione corrisponde sostanzialmente alla Lombardia e al Piemonte messi insieme.

Una catastrofe che sta procurando danni a molte città siberiane, colpite anche da violente inondazioni. Un disastro ecologico che conta più 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica, una quantità che equivale a quella emessa dal Belgio in un anno.

A Sud ha intervistato Darja Anufrieva, studentessa e attivista di Fridays For Future Russia che vive ad Irkutsk, città della Siberia centrale.

La Siberia brucia ininterrottamente da più di un mese. Daria, puoi raccontarci la situazione? Quali regioni sono tra le fiamme?

Stanno bruciano 4,5 milioni di ettari di foreste. Sono in fiamme le regioni di Irkustk, Krasnojarsk, la Jacuzia, il territorio della Transbajkalia e la regione dell’Amur. Gli incendi stanno devastando soprattutto le regioni di Krasnojarsk, di Irkustk e della Jacuzia. Quando il governatore di Krasnojarsk ha dichiarato che spegnere un’area così vasta sarebbe stata un’impresa economicamente svantaggiosa, sui social è iniziata una vera protesta da parte dei cittadini: tutti hanno iniziato a pretendere lo spegnimento degli incendi. Perfino Leonardo Di Caprio, su Instagram ha condiviso un messaggio su questa grave situazione. Dopo questa attivazione sui social, le autorità hanno iniziato a fare qualcosa inviando aerei anti incendio e aumentando il numero di persone impegnate a spegnere gli incendi. La settimana scorsa la mia città era totalmente invasa dal fumo e a Krasnojarsk l’aria era irrespirabile. Adesso il vento, cambiando la sua direzione, ha allontanato il fumo dalle città ed ha placato l’indignazione sui social. Le persone pensano che ora vada tutto bene, ma non è così. E aggiungo che oltre agli incendi ci sono state anche diverse inondazioni. A fine giugno nella città di Tulun (nella regione di Irkutsk) l’acqua ha devastato la città (con l’esondazione del fiume Ija N.d.R.) arrivando a un’altezza di 14 metri. Ma come si fa a non credere al cambiamento climatico?

Per quanto riguarda gli incendi, ci puoi spiegare cosa sono le “zone di controllo”? Come si comportano le autorità russe su questo punto?

Le zone di controllo sono appunto quei territori dove non c’è obbligo di spegnere gli incendi. Tutti sapevano dei roghi in quelle zone, ma non li hanno spenti perché sono lontane e sarebbe stato troppo costoso. Adesso stanno intervenendo, ma tutt’ora continua a bruciare una quantità gigantesca di boschi.

Come movimento avete iniziato delle proteste e azioni in strada? Quanti attivisti conta Fridays For Future Russia?

Sì! Sono stata due volte sotto il palazzo delle Regione per chiedere lo spegnimento degli incendi. In tutto eravamo in tre, la polizia non ci ha portati via ma ci ha preso e fotografato i documenti. Non siamo riusciti a incontrare il governatore. Probabilmente organizzeremo un’altra azione a settembre, ma occorrerà essere di più, altrimenti i media non si interesseranno a noi. In generale i media locali sono meno interessati a noi rispetto a quelli nazionali e internazionali. Per questi ultimi ho già rilasciato diverse interviste, per l’informazione locale neanche una. In Russia Fridays for future conta circa 200-300 persone. Tra i vari gruppi di Irkutsk, Krasnojarsk e Novosibirsk, in Siberia siamo circa 40.

Dopo questo disastro ecologico credete che in Russia ci sarà maggior coscienza ecologica e maggior consapevolezza dei problemi ambientali?

Al momento stanno crescendo diffidenza e odio verso le autorità. Le persone non hanno ancora compreso la portata della catastrofe che sta subendo la Taiga. Certo, a parole tutti vogliono la fine degli incendi, ma la maggioranza delle persone non ha capito che questi episodi annunciano la fine del loro attuale stile di vita. A volte ho l’impressione che la Russia stia vivendo su un altro pianeta.

Cosa intende fare concretamente il governo russo per affrontare le questioni ecologiche e la crisi climatica?

Al momento si sta parlando molto di discariche. Non so se avete sentito parlare della costruzione di una gigantesca discarica a Šies, nel Nord della Russia, dove hanno intenzione di smaltire i rifiuti di Mosca e di tutta la sua regione. Gli abitanti stanno protestando contro questa decisione, e da quasi un anno stanno coraggiosamente resistendo, bloccando il passaggio dei mezzi e arrivando anche a forti scontri con le forze dell’ordine. Quindi, sostanzialmente la Russia non fa nulla contro la crisi ecologica. Annuncia soltanto nuovi piani e missioni per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nell’Artico.

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