Si è conclusa ieri la tre giorni di workshop organizzata da TNI Transnational Institute, Associazione Bianca Guidetti Serra, CEDEUAM- UniSalento e del Movimento No TAP per discutere dei temi relativi all’estrattivismo e alla repressione dei movimenti globali che si mobilitano contro tali pratiche.

Tre giornate intense che ci hanno visti coinvolti in un confronto serrato con il mondo accademico che a livello internazionale studia e lavora su questi temi, e le organizzazioni della società civile che dall’Argentina al Perù sino alla Francia e all’Italia sono impegnate nella difesa dei loro territori e nella protezione delle attiviste e attivisti criminalizzati.

Se da un parte il mondo accademico ha contribuito alla discussione fornendo utili categorie di interpretazione al fenomeno repressivo attuale (pacification, security, accumulation), il mondo delle organizzazioni sociali, dei comitati e delle comunità territoriali ha espresso la necessità di rafforzare gli scambi di pratiche e strumenti per continuare ad articolare una battaglia declinata su più fronti ma con l’obiettivo di creare un fronte comune globale contro il dominante modello estrattivista.

Da questa tre giorni esce un’importante dichiarazione politica che condividiamo e pubblichiamo convinti che sia solo l’inizio di un nuovo importante percorso di lotta per la giustizia ambientale e sociale.

 

“Ci siamo incontrati per tre giorni in Salento, ospiti del Transnational Institute, dell’Associazione Bianca Guidetti Serra, CEDEUAM- UniSalento e del Movimento No TAP per discutere e scambiare esperienze sulla “Guerra invisibile a chi difende la propria terra”.

Siamo accademici ed accademiche, attivisti e attiviste, avvocati ed avvocatesse, esperti ed esperte di ogni parte del mondo che studiano o si trovano quotidianamente a vivere direttamente le conseguenze della stretta correlazione tra espansione delle attività estrattive e delle infrastrutture collegate e la cosiddetta “pacificazione”, strategia di repressione e criminalizzazione da parte degli stati e delle forze di polizia e sicurezza contro chi difende la terra e chi ci vive.

Qua in Salento come in Amazzonia, o in Inghilterra dove tre attivisti che protestavano contro le attività di fracking sono stati recentemente condannati a un anno e mezzo di reclusione. O come nella foresta di Hambach in Germania minacciata dall’espansione di una miniera di carbone o il territorio di Beur in Francia dove si vorrebbe costruire un impianto di stoccaggio di rifiuti nucleari.

Oggi per accedere a risorse chiave necessarie per alimentare l’attuale sistema di sviluppo sfruttano e occupano territori fragili dal punto di vista sociale ed ambientale, si sfruttano fonti di energia e minerali strategici, esternalizzando i costi del modello su comunità locali e indigene.

Quei territori vengono trasformati profondamente, militarizzati, vengono create di fatto zone di sospensione dei diritti di cittadinanza e di resistenza, ed al contempo agevolati gli investimenti delle industrie estrattive. Lo sono le zone economiche e di libero scambio lo diventano ora i luoghi nei quali si estraggono risorse e valore per i mercati globali. Territori che vengono militarizzati, alla stessa stregua delle frontiere, chiuse alla libera circolazione delle persone, aperte ai capitali ed agli investimenti.

Esiste una stretta relazione tra chi lotta contro l’estrattivismo, e chi si impegna per salvare vite, proteggere i diritti di chi migra, spesso espulso dalla propria terra a causa delle ricadute dirette o indirette dell’estrazione di risorse, o degli impatti ambientali e climatici da essa provocati.

Chi difende i migranti viene oggi criminalizzato e perseguito alla stessa stregua di chi protegge la terra e l’ambiente.

Esiste un nesso indissolubile quindi tra l’attuale fase del capitalismo estrattivista, la sua espansione, la distruzione dell’ambiente della Madre Terra in ogni parte del Pianeta, la repressione e la securitizzazione dello spazio pubblico, e la criminalizzazione di chi difende la terra, della famiglia umana presente e futura.

Come dimostrano gli ultimi dati dell’organizzazione Global Witness si registra un aumento delle uccisioni di difensori della terra (213 nel 2017) connesso all’impatto delle attività di estrazione mineraria e agribusiness la maggior parte delle quali erano leader indigeni e indigene. Proprio come Berta Caceres, donna, indigena e difensora della terra honduregna uccisa 31 mesi fa per il suo impegno a difesa della terra del suo popolo. O come Santiago Maldonado, desaparecido ed ucciso mentre era impegnato in solidarietà con il popolo Mapuche in Argentina. Oppure il leader Mapuche Rafael Nahual, fucilato nella sua comunità.

Proprio dal Salento, dove movimenti e comunità locali da anni lottano per opporsi al progetto della Transadriatic Pipeline (TAP) ed altre forme di sfruttamento predatorio del territorio:

Esprimiamo la nostra solidarietà ed il nostro sostegno a chi oggi in ogni parte del mondo lotta per la propria dignità, il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente, per i diritti della Madre Terra, per i difensori e le difensore dei diritti umani e dell’ambiente;
Lanciamo una rete per mettere in connessione e condividere informazioni, esperienze e pratiche di chi oggi nelle università e centri di ricerca approfondisce le ricadute dei modelli di “pacificazione” e repressione connessi all’estrattivismo, ed i movimenti e le comunità, che resistono all’estrattivismo e ne subiscono le conseguenze. Una rete di collaborazione, scambio, apprendimento reciproco su vertenze e lotte comuni a livello locale in Italia ed a livello internazionale.
Ci appelliamo al Tribunale Permanente dei Popoli ed il Tribunale per i Diritti della Natura affinché si consideri la convocazione – il prossimo anno – di una sessione specifica sui Difensori della Terra, che offra una piattaforma di denuncia della repressione e delle violazioni dei diritti dei popoli e della natura correlate alle varie forme di estrattivismo in ogni parte del mondo. E che faccia tesoro del lavoro del Tribunale Permanente dei Popoli sui diritti dei migranti, e del Tribunale sui Diritti della Natura tuttora in corso.
Proponiamo che dal Salento, dai suoi sindaci che accompagnano la resistenza alla TAP parta un’iniziativa di accoglienza e rifugio per chi ha bisogno di lasciare il proprio paese temporaneamente, per continuare nel proprio impegno, qualora le minacce e le pressioni mettano a rischio la propria incolumità, e per rafforzare legami e alleanze”.

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