La decarbonizzazione secondo Eni: CCS e false soluzioni alla crisi climatica
La Cop28 consacra il CCS e Eni festeggia. Perché non è una soluzione alla crisi climatica nel nuovo report di A Sud.
Pubblicato il Factsheet di A Sud “La decarbonizzazione secondo Eni: CCS e false soluzione alla crisi climatica”.
Chi ha trionfato alla Cop28? Eni e le sue colleghe oil company.
Nella giornata del 13 dicembre, mentre tutto il mondo commentava la decisione finale della conferenza annuale sui cambiamenti climatici, l’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi rilasciava un’intervista a Il Sole 24 ore. Nell’intervista firmata da Tamburini, Descalzi sconfessa la “transition away” inserita a fatica nel documento finale della Cop28, cioè la previsione di abbandonare i combustibili fossili entro il 2050. Per Descalzi “difficilmente possiamo pensare di cancellare in modo immediato le fonti che oggi rappresentano l’80% della produzione di energia. E serve fare anche altro, in modo da poter spiazzare il contributo dei fossili: efficienza energetica, cambiamento delle modalità di consumo, puntare sull’idrogeno e sullo stoccaggio di CO2, spingere fonti rinnovabili come l’eolico e il solare al di là della loro attuale efficienza, il nucleare di nuova generazione e quello da fusione”.
È l’ennesima invasione di campo da parte dell’ad di Eni, vero responsabile delle politiche energetiche dell’Italia, che da dieci anni lavora per dettare la linea ai vari governi italiani che si sono succeduti durante la sua leadership. Uno dei casi più emblematici è quello della cattura e stoccaggio di carbonio, la tecnologia nota con l’acronimo inglese CCS (carbon capture and storage).
IL REPORT
Lo racconta per filo e per segno il report di A Sud “La decarbonizzazione secondo ENI – CCS e false soluzioni alla crisi climatica”, liberamente scaricabile sul sito della storica associazione che da più di 20 anni si batte per la giustizia ambientale. Il report di A Sud, realizzato dalla giornalista Carlotta Indiano e dal giornalista Andrea Turco, analizza la genesi di una tecnologia definita “controversa”, verifica gli sviluppi, scarsi, in giro per il mondo, e si concentra sull’hub di Ravenna. Nella costa romagnola, infatti, Eni e Snam intendono realizzare il più grande sito di stoccaggio di CO2 al mondo.
I numeri sono impressionanti: il costo complessivo dell’operazione è di 30 miliardi di euro e al 2050 si prevede di stoccare 50 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Il report testimonia i dubbi della comunità scientifica, sottolinea i conflitti di interesse e le azioni di lobbying, mostra la scarsa efficacia della CCS in giro per il mondo. E tutto a spese dei contribuenti. Poco prima della Cop28 la CCS è stata sconfessata anche dall’Agenzia Internazionale dell’Energia, che ha sottolineato come questa tecnologia “non può essere utilizzata per mantenere lo status quo”. Ma evidentemente il cane a sei zampe da questo orecchio non vuol proprio sentire.