I negoziati continuano a porte chiuse
La seconda settimana della Conferenza sul Clima è iniziata e continua in una situazione di stallo.
Mentre nella varie sale vanno avanti le presentazioni, le discussioni scientifiche degli esperti e i dibattiti della società civile, le negoziazioni continuano a porte chiuse e sembrano essere caratterizzate da posizioni divergenti e da contrasti sulla redazione dei testi negoziali. “Stiamo discutendo ed elaborando in modo particolare i testi che riguardano la finanza climatica, la trasparenza e la mitigazione”. Parole di Michal Kurtika, presidente della Cop24, pronunciate martedì scorso in un breve incontro sullo stato delle negoziazioni. Stiamo andando avanti giorno e notte – ha asserito Kurtika – ci sono punti irrisolti ma arriveremo a un testo finale perché questo Summit deve essere successo”.
In realtà la situazione è più complicata e meno serena, basti pensare all’atteggiamento e alle posizioni di alcuni paesi: sabato scorso c’è stata una discussione – durata quasi tre ore – su alcuni termini da inserire nella bozza del documento finale. Prendere nota o dare il benvenuto al Rapporto speciale dell’IPCC sul riscaldamento globale di 1,5 °C”. Queste le espressioni che hanno provocato una contrasto. Potrebbe sembrare soltanto una lotta terminologica, ma c’è di più: il motivo del conflitto è in Russia, USA, Arabia Saudita e Kuwait. E’ il business dei fossili. I big del petrolio non vogliono accogliere, né tantomeno dare il benvenuto a un rapporto scientifico che mette radicalmente in discussione l’utilizzo dei combustibili fossili. I delegati di questi quattro paesi stanno cercando dunque di ostacolare l’approvazione di un testo finale che andrebbe realmente a modificare le politiche energetiche degli Stati, e che porterebbe i governi ad adottare misure efficaci per arrivare all’abbandono dei combustili fossili. Su questo punto, ad alzare la voce è stato Ralph Regenvanu, Ministro degli Esteri di Vanuatu, Stato insulare dell’Oceano Pacifico Meridionale, uno dei paesi più colpiti dalle conseguenza del riscaldamento globale. Si può recepire, annotare o vergognosamente ignorare completamente la scienza – ha dichiarato Regenvanu – resta il fatto che è catastrofico per l’umanità, e i negoziatori che bloccano un processo significativo in questo senso avranno molto sulla loro coscienza.
In questi ultimi giorni, cruciali per il Summit, il successo annunciato da Kurtika sembra allontanarsi come possibilità. L’assenza di leadership si fa sentire, al di là della presidenza polacca che tenta appunto di mantenere in piedi il vertice, l’Unione Europea mantiene un profilo basso e decisamente poco rilevante, soprattutto nelle dichiarazioni. Gli appelli più vitali ed energici sono arrivati dal premio Nobel per la pace Al Gore che, a margine una sua conferenza dal titolo “Crisi Climatica e possibili soluzioni”, ha esortato i delegati a non perdere tempo e che la volontà politica di fermare il climate change è una risorsa rinnovabile. Risorsa che al momento è difficilmente rintracciabile nei vari padiglioni dello Spodek, la struttura che ospita il summit. Per rendere operativi gli accordi di Parigi, per definire i contributi determinati a livello nazionale, per dare il benvenuto alle raccomandazioni della comunità scientifica e per consegnare giustizia sociale e ambientale alle popolazioni. Un solo giorno, poi non avremo più tempo, e ci ricorderemo di Katowice per averci lasciato in balia di un clima infame.