GUERRA ALLA SCUOLA
Tra propaganda bellica, educazione civica militarizzata e repressione nelle scuole: la denuncia delle nuove generazioni contro un modello educativo autoritario e funzionale al potere.
“Che tipo di percezione avete del clima di guerra che si respira in Europa?”
M: “Io personalmente vedo molto allarmismo ma non credo che questo pericolo sia al momento così concreto perché secondo me i popoli non vogliono la guerra. In questo momento a volere la guerra sono i governi, però i governi senza l’appoggio del popolo non possono farlo e quindi stanno appunto diffondendo questo allarmismo per mettere paura alla gente e quindi richiamarla alla guerra tramite la paura per una finta difesa che senza questa paura non sussisterebbe”
“Tu invece cosa ne pensi?”
L: “Io la vedo un po’ diversa dal mio amico, perché la guerra si sente, secondo me fa paura, se ne parla, veniamo bombardati da questa retorica di un’imminente guerra, prepariamoci, ci viene detto attraverso Valditara ad esempio che dobbiamo imparare che cos’è la patria. L’obiettivo è quello di instillarci questo concetto che dobbiamo difendere i sacri confini come diceva Salvini nel processo Open Arms.
Personalmente mi fa paura perché non mi vorrei mai vedere con un fucile in mano. Se ci fosse la leva obbligatoria e iniziasse una guerra, spero proprio ci sarebbe l’obiezione di coscienza, obietterei sicuramente, cercherei di oppormi il più possibile a una cosa del genere, come abbiamo sempre fatto, come continueremo a fare, sempre aiutando quelli che poi finirebbero nel ciclone dell’odio della guerra.
Si dice continuamente che questa leva serve ai giovani. Perché ci dovrebbe servire questa leva? Io non lo capisco. Ci serve semmai sentirci più cittadini e vivere in una comunità, non essere pronti ad imbracciare un fucile per la patria, no, forse dovremmo essere pronti a sacrificarci per vivere insieme, costruire una comunità che esiste veramente.”
“Cosa pensate degli episodi sempre più frequenti di militarizzazione delle scuole, con la presenza delle forze armate all’interno dei percorsi sia curriculari che extracurricolari, come possibile forza educativa sul lato dell’educazione civica e non solo?”
L: “Sicuramente è stato un crescendo da quando questo governo si è insediato. L’ho già detto quando parlavamo del caso Raimo, il primo posto dove un governo colpisce per cambiare il tessuto sociale e politico di una società è la scuola. Ormai la scuola sta venendo cambiata da tantissimo tempo in un senso completamente nuovo, ipercapitalista, liberista. Questo non per mano dei professori, ma con le linee guida che vengono date dal ministero.
Secondo me si punta a diminuire sempre di più il senso critico, a diminuire la difformità, quindi a privilegiare scelte prese dai presidi, a privilegiare scelte prese dal MIM per tutti, gli studenti e le studentesse e questo è una cosa abbastanza paurosa.
Poi quest’anno ci è arrivato questo bellissimo file, che sono le nuove linee guida per l’educazione civica che fanno paura, rabbrividire completamente, fortunatamente non sono obbligatorie e quindi penso pochissimi professori l’abbiano utilizzate.
In queste linee guida ci sono dei punti raccapriccianti: ci viene instillato l’amore per la patria per dividerci dagli altri, dagli stranieri, di cui sappiamo qual è l’opinione di questo governo. Ci dicono che bisogna incentivare la competitività dei capitali, con al centro la proprietà privata e questa figura dell’imprenditore, un uomo forte che ce l’ha fatta insomma, che se non è un balilla cresciuto, ci siamo abbastanza vicini. Oggi è questo imprenditore, che ce l’ha fatta e quindi tutti gli altri che non ce l’hanno fatta non hanno rilevanza.
La militarizzazione della scuola, in questa zona al momento non è pratica ma è più a livello psicologico e di repressione, anche generalizzata sui giovani, all’interno delle scuole ma anche all’esterno.
La prima mossa che ha fatto questo governo è stato il decreto anti-rave, perché secondo me la paura principale del potere in questo momento è la socialità e il dialogo tra le persone che, dialogando, possono avere uno scambio di idee e possono organizzare qualcosa. Questo si vede in tantissime cose appunto dal decreto anti-rave al divieto di bere alcolici di sera all’aperto.
Esempi di militarizzazione scolastica diretti non ne abbiamo molti nella nostra scuola, però in scuole vicino a noi, al secondo municipio ce ne sono diversi. Quello più eclatante, a mio avviso, è stato un mese e mezzo fa, quando il collettivo Ludus, il collettivo del Righi, ha organizzato un corteo interno contro l’autoritarismo della loro preside che ha deciso di far entrare la Digos nell’edificio scolastico, di fatto trattando questo corteo come se fosse un corteo cittadino non autorizzato. Noi temiamo che questo possa costituire un precedente di qualcosa che può poi diventare la regola.
È abbastanza pauroso, e poi si ricollega anche al decreto sicurezza, che è abbastanza repressivo nei confronti dei vari tipi di lotta, banalmente adesso un picchetto potrebbe essere visto come reato perché, mettendomi davanti scuola, io blocco la strada. La norma anti-Gandhi, che è stata fatta ad hoc contro gli ambientalisti, potrebbe essere riapplicata al fatto che blocchiamo la strada mentre stiamo facendo un picchetto davanti scuola.
Fa paura, anche come il fatto che è stato proposto di mettere il voto di condotta a fine anno e basta, di modo tale che se tu a dicembre o comunque in autunno che sono i mesi più caldi dei movimenti studenteschi occupi scuola, sai già che puoi rischiare la bocciatura, questo ci fa paura perché limita la nostra possibilità di azione.”