Il 13 Ottobre e nei giorni successivi, più di 80 gruppi da 6 continenti diversi si sono mobilitati contro il gas cosiddetto ‘naturale’, che oggi viene proposto come fonte di approvvigionamento energetico alternativa per la transizione energetica.

Seguito all’articolo ‘Europa a tutto gas? No, grazie’.

Al contrario di ciò che media e politici spesso raccontano, il gas rimane un combustibile fossile problematico dal punto di vista ambientale e sociale (approfondimento nell’articolo sopra citato!). In più, il suo uso presuppone un sistema di produzione energetica centralizzato e privatizzato, lontano dalle persone e dai loro reali bisogni, che rallenta – se non impedisce – una reale democrazia energetica.

‘Leave it in the ground’ (‘Lasciatelo nel suolo’) è uno degli slogan più diffusi che i gruppi opposti al gas lanciano ai governi. Lo scopo della giornata mondiale contro il gas è di connettere le varie lotte attraverso azioni di protesta decentralizzate.

Tra le azioni oganizzate:

• dibattiti ‘anti-fracking’ in Peru e in Messico;
• una protesta contro una centrale di liquefazione in Germania;
• un’azione contro l’inquinamento degli idrocarburi da plastica e un carnevale ‘anti-fracking’ nel Regno Unito;
• un seminario online sugli effetti del gas sulla salute umana negli Stati Uniti;
• una protesta con tanto di petizione davanti al Parlamento Australiano;
• e altri ancora: qui la mappa interattiva con tutte le azioni fino ad ora registrate!

Per supportare queste azioni e far sì che il loro messaggio si spanda, il network internazionale ‘Gastivists’ ha chiesto a tutti di attivarsi sui social media. A tal proposito, ha proposto un ‘kit’ digitale (in Inglese) con esempi di post, hashtags, e immagini da poter condividere o da utilizzare per il proprio profilo.

Oltre alla partecipazione diretta, il sostegno e la solidarietà ai gruppi che lottano pacificamente e in maniera non violenta è fondamentale, nel caso del gas come di tante altre lotte sociali e ambientali. E questo sostegno diventa ancora più importante dal momento che le istituzioni non mostrano alcun tipo di sostegno o disponibilità al dialogo, ma piuttosto chiara opposizione e repressione.

Giusto poche settimane fa, tre attivisti inglesi sono stati condannati a 16 mesi di carcere per avere bloccato per 3 giorni e 3 notti alcuni camion diretti ad un cantiere di fracking in Lancashire, Regno Unito. Due giorni fa, la Corte d’Appello ha però giudicato ‘eccessiva’ la condanna inflitta ai tre attivisti e ne ha deliberato il rilascio. Questa è da considerarsi una vittoria importante per i gruppi che lottano per la giustizia ambientale. A sostegno della causa, era stata lanciata una petizione alla Commissione inglese per i Diritti Umani per richiedere la tutela dei diritti dei cittadini di opporsi alle attività estrattive.

In Italia, Venerdi 12 Ottobre, è stata emessa la sentenza di primo grado che infligge a 16 attivisti NOTAV pene per un totale di 30 anni complessivi. La condanna di questi ed altri attivisti devono interessarci perchè erodono la libertà di tutti noi.

E ciò va ben oltre la questione gas/non gas. Si tratta di come funzioniamo come società. Si tratta di come l’apparato legislativo e giudiziario stia soffocando invece che difendere lo spazio e i mezzi di cui i cittadini dispongono per poter esprimere il proprio parere.

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