Da sempre sinonimo d’orgoglio nazionale, fonte di lavoro in molte regioni del paese e spina dorsale della produzione d’energia. In Polonia la dipendenza dal carbone resta una questione politica e sociale molto complicata che, in questi primi giorni di lavoro della Cop24 a Katowice, nel dibattito tra i 30mila delegati dei 196 paesi dell’Onu, sta assumendo un aspetto centrale e paradigmatico.

È stato proprio il padrone di casa, il Presidente Andrzej Duda, a inaugurare le negoziazioni per l’accordo sul clima con un discorso sfuggente: da una parte, l’esponente del partito di destra Diritto e Giustizia, ha rimarcato l’importanza di questo appuntamento, decisivo per mettere in pratica gli Accordi di Parigi e per contrastare il riscaldamento globale, dall’altra parte Duda ha voluto chiarire fin da subito che molti Paesi, come per esempio la Polonia, hanno bisogno di tempo, flessibilità e aiuti per arrivare a quella che viene chiamata “giusta transizione” dalle fonte fossili alle energie rinnovabili.

Un atteggiamento e un profilo che sembrano rispecchiare l’andamento del governo di Varsavia in campo ambientale ed energetico. Recentemente il Ministro dell’energia Krzysztof Tchórzewski ha annunciato un piano per la riduzione del carbone e per lo sviluppo delle rinnovabili che dovrebbe essere in grado di riordinare il mix energetico, riducendo l’energia prodotta da combustili fossili dall’attuale 80 % al 60 % entro il 2030 e portando quella prodotta delle fonti rinnovabili e alternative al 26 %. Questi obiettivi, secondo il Ministro Tchórzewski, saranno raggiunti con l’istallazione di nuovi impianti eolici offshore nel Mar Baltico e con il ricorso all’energia atomica tramite la costruzione di sei centrali nucleari. Al di là di questo annuncio, il governo polacco dal 2016 in poi, attraverso un sistema di tassazione non ha fatto altro che osteggiare la crescita delle energia rinnovabili e ha puntato a salvaguardare l’industria carbonifera polacca. A inizio di quest’ anno, il vice Ministro Grzegorz Tobiszowski a Business Insider Polska ha dichiarato che “l’industria estrattiva costituisce, e costituirà nei prossimi anni, la base del bilancio energetico del paese. Ciò consente di mantenere un alto grado di indipendenza energetica e di incrementare la concorrenza economica”. Dunque, l’abbandono dei carbon fossili non è contemplato. Anzi, per l’esecutivo polacco, le miniere e le centrali elettriche alimentate a carbone sono un settore da rivitalizzare e da difendere politicamente. In un’intervista rilasciata ad A Sud, Marek Józefiak- l’attivista GreenPeace Polonia che la settimana scorsa, durante un’azione dimostrativa, insieme ad altri ambientalisti, ha scalato la ciminiera della centrale elettrica alimentata a lignite di Bełchatów– ha spiegato le contraddizioni delle scelte energetiche della Polonia. Questo tipo di politica ha avuto degli effetti inaspettati. Con l’energia rinnovabile ferma al palo da due anni – spiega Jozefiak – e con la diminuzione dell’estrazione di carbone dalle miniere polacche, il paese sta vivendo un’alta e crescente importazione di carbone, principalmente dalla Russia. Se questo trend persiste, la Polonia a fine anno avrà importato circa 17 milioni di tonnellate di carbone.

Nonostante questi segnali, il governo polacco vuole investire nell’ampliamento di quattro centrali a carbone ed ha annunciato l’apertura di una nuova miniera carbonifera a Złoczew, a cinquanta chilometri da Bełchatów. In questo modo – continua Marek Jozefiak – la PGE Polska Grupa Energetyczna, (la compagnia energetica statale che gestisce la centrale N.d.R.) punta a estendere la durata del sito di Bełchatów, la centrale a lignite più grande e inquinante d’Europa. Secondo Greenpeace e Carbon Market Watch, in Polonia il 75% degli investimenti per la produzione di energia è riservato alle fonti fossili. Qualche giorno prima dell’inizio della Cop24 l’associazione polacca Ackja Klimat ha lanciato una campagna di mobilitazione e una petizione per chiedere alla PZU, colosso assicurativo polacco e tra partner della Cop24 di abbandonare gli investimenti per l’ampliamento della centrale a carbone di Ostrołęka. Sul fronte della finanza critica, la coalizione Unfriend Coal, di cui fanno parte anche Greenpeace e Re:Common, dopo un anno di campagne informative e dossier sul ruolo della compagnia Generali nelle coperture assicurative delle principali centrali a carbone polacche, è riuscita a modificare il piano d’investimenti del Leone di Trieste, che con la sua nuova strategia sul cambiamento climatico si impegna a non fornire più coperture finanziarie per la costruzione di centrali a carbone.

Il lavoro d’inchiesta, di divulgazione e di mobilitazione dell’ambientalismo, polacco e internazionale, continua a mettere in luce queste contraddizioni e a divulgare le conseguenze ambientali dell’industria carbonifera. L’impegno della società civile ha fatto crescere, tra i cittadini polacchi, consapevolezza e indignazione per le condizioni ambientali del paese che conta 19 delle 20 città più inquinate d’Europa. E fino al 14 dicembre, il mondo vivrà in una di queste città, con l’obiettivo di allontanare un futuro che si prospetta nero. Nero come il carbone.

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