Nell’intento di attuare la cosiddetta ‘transizione energetica’ e rispettare gli accordi di Parigi, l’Europa sta investendo nell’ ‘oro blu’ o, nome un po’ meno entusiasmante, gas naturale.

Nuove mega infrastrutture sono sull’agenda, comprese tubature e centrali di depressurizzazione e liquefazione. In Italia, si tratta del gasdotto TAP-SNAM per portare il gas dall’Azerbaijan all’Europa attraverso lo stivale.

Oltre a considerarla una fonte energetica più ‘green’, l’Europa preme sugli aspetti strategici del gas naturale poiché nuove infrastrutture, dicono, diminuirebbero la dipendenza europea dalla Russia, con la quale i rapporti al momento non sono dei migliori. Tra i possibili paesi esportatori troviamo Stati Uniti, Azerbaijan, Algeria, Qatar, Norvegia, Nigeria, Perù, Turchia, e Oman. È sotto questa etichettatura che nuovi gasdotti diventano ‘Progetti di Interesse Comune’ e ricevono facili finanziamenti dalla UE. Finanziamenti che spesso arrivano dalle casse pubbliche, da fondi pensione e assicurazione alle nostre bollette.

Quello che ‘stona’ in questa faccenda è che i consumi di gas sono diminuti dal 2010 (Eurostat, 2017), in Italia come in altri paesi Europei, e le infrastrutture già esistenti sono altamente sottoutilizzate (Pérez, 2018). In più, tra i partner privati degli attuali progetti compaiono anche aziende russe, il che dovrebbe fare riflettere sulla reale strategicità di nuovi progetti.

Per quanto riguarda la sostenibilità del cosiddetto ‘gas naturale’, anche qui qualcosa ci sarebbe da dire. Anche se bruciare gas per produrre energia emette meno anidride carbonica di altri combustibili fossili, il rischio di perdite di gas durante le fasi di estrazione e trasporto compensa tale risparmio. Il gas naturale è inoltre formato dal 90 % di gas metano, che ha maggiore effetto serra rispetto all’anidride carbonica. Inoltre, la realizzazione delle infrastrutture di trasporto e stoccaggio provoca gravi ferite ai territori, con trivellazioni e scavi, smantellamenti di intere coltivazioni, e dislocamento delle popolazioni locali. Queste ferite impattano non solo gli ecosistemi naturali locali, ma anche quelli sociali ed economici. In ultimo, molti dei paesi da cui l’Europe vorrebbe importare nuovo gas sono dittature in cui repressione e violazione dei diritti umani sono all’ordine del giorno.

E allora perché l’Europa investe in opere che non servono ai bisogni dei cittadini, non contribuiscono alla transizione energetica, e danneggiano interi ecosistemi e popolazioni?

La risposta è che gli interessi finanziari dietro tali opere fanno troppo gola ai grandi colossi del fossile che siedono anche ai tavoli della Commissione Europea (o hanno amici politici a fargli da portavoce, come mostrato da Report nel servizio ‘Caviar Democrcay’ del 21.11.2016). La risposta è che non c’è alcuna volontà di attuare una vera transizione energetica basata sulle rinnovabili, la democrazia energetica, e la riduzione a monte dei consumi.
E cosi, raccontandoci la favola del gas naturale, i politici trovano il consenso dei cittadini. E se non lo trovano poco importa: basta agire in fretta ed in silenzio.

In Italia ora è un momento di vitale importanza, con un governo spaccato in due sulla questione delle ‘grandi opere’: con il favore della Lega e una posizione a dir poco ambigua da parte dei Cinque Stelle. In mezzo a questo quadro, ci siamo noi cittadini, che dovremmo farci sentire perché non abbiamo alcun interesse da difendere se non quello delle comunità e dei territori colpiti da grandi opere inutili e dannose. Perché alla fine, questo oro blu tanta gola a noi non dovrebbe farci.

Chi si oppone c’è, anche se dai media non viene detto. Le popolazioni colpite dall’arrivo di gasdotti, uniti ad associazioni, attivisti, ed autorità locali organizzano la loro resistenza in una lotta che è tanto locale quanto globale.

‘Gastivists’ è un network internazionale di attivisti che si mobilitano per unirsi alla resistenza delle popolazioni in lotta contro il gas, dall’Europa all’America Latina. L’obiettivo è quello di creare un movimento anti-gas globale, con una strategia comune di resistenza ed una visione chiara di quale sistema energetico proporre e costruire. Gastivists supporta le comunità resistenti condividendo informazioni, organizzando incontri e workshops, e cercando di portare il loro messaggio ai tavoli della UE. Recentemente, Gastivists ha organizzato il ‘United Beyond Gas Tour’ per connettere i gruppi attualmente in lotta in Messico, Argentina, Italia, Catalonia, Francia, e Olanda.

 

Per approfondire

Gastivists
Democrazia Energetica
Movimento No Tap
No Hub del Gas

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