Clima esplosivo: l’ultimo rapporto IPCC e l’Italia

Il nuovo rapporto dell’IPCC

Dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e abbatterle del tutto entro il 2050: solo così potremo mantenere il riscaldamento globale entro la soglia cruciale di +1,5°C.

Questo è quanto emerge dall’ultimo rapporto speciale dell’IPCC (International Panel on Climate Change), l’organismo intergovernativo delle Nazioni Unite istituito nel 1988 che studia tutti gli aspetti dei cambiamenti climatici e le possibili soluzioni, coinvolgendo migliaia di scienziati in tutto il mondo.

Il rapporto, pubblicato l’8 ottobre dopo essere stato approvato con consenso unanime dai governi di tutto il mondo, lancia l’allarme sullo stato del clima: per evitare gli impatti più disastrosi dei cambiamenti climatici, è necessario agire da subito e prendere misure molto più radicali di quelle già in campo.

Nel 2015 infatti è stato stipulato l’Accordo di Parigi, in cui gli Stati hanno preso l’impegno –non vincolante – di mantenere l’innalzamento delle temperature entro, se possibile, +1,5°C e comunque non oltre +2°C. Tuttavia, come evidenziato dal rapporto dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) “The Emission Gap Report”, le misure che nella pratica i governi hanno annunciato che intraprenderanno in campo climatico portano di fatto al riscaldamento complessivo delle temperature medie di circa +3°C rispetto ai livelli preindustriali. E questo senza tenere conto dei passi indietro di alcuni Stati, in primis gli Stati Uniti di Trump, che ha annunciato lo scorso 1 giugno l’intenzione di uscire dall’Accordo di Parigi.

Nonostante le dichiarazioni di intenti quindi, la situazione è drammatica. Come emerge dal rapporto dell’IPCC, anche se si riuscisse a limitare il riscaldamento a +1,5°C gli impatti saranno considerevoli e in alcuni casi irreparabili: alterazione delle precipitazioni, intensificazione e prolungamento dei periodi di siccità e delle inondazioni, innalzamento del livello del mare, distruzione di ecosistemi e scomparsa di biodiversità, aumento di fenomeni estremi, e così via. E per riuscirci, bisogna agire subito, dato che la Terra è già di un grado più calda rispetto a prima della rivoluzione industriale.

La situazione italiana

Qual è stata la reazione italiana a questo allarme? Nei quotidiani battibecchi tra politici e nel clima di razzismo, emergenza e fobia che sta avanzando nel nostro Paese, il clima non trova spazio. Nessun segnale di aver recepito il messaggio da parte del governo. Eppure non è che siamo messi così bene in Italia: la nostra penisola si sta scaldando a un ritmo pari al doppio di quello del resto del pianeta, e gli effetti già si fanno sentire. I dati del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche) mostrano chiaramente come le temperature e le precipitazioni registrati in Italia negli ultimi anni si scostino sempre di più dai livelli degli scorsi decenni, e la siccità dell’estate 2017, con conseguenze tragiche in termini di incendi, perdita di raccolti agricoli, e salute dei cittadini, ne è solo un esempio.

Nonostante ciò, il clima resta in fondo all’agenda, mentre un governo dopo l’altro persegue le stesse politiche miopi basate sull’estrattivismo e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali. A partire dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN) approvata nel 2017, che prevede da qui al 2050 l’aumento dell’utilizzo del gas nel mix energetico nazionale, con una fantasiosa rivisitazione del termine “decarbonizzazione” (dall’inglese “decarbonization”), interpretato come superamento del carbone (attraverso per l’appunto il metano) e non nel significato reale di eliminazione delle emissioni di carbonio, e quindi di tutte le fonti energetiche fossili. Se dello sfruttamento del gas come energia di transizione se ne è molto discusso, l’ultimo rapporto dell’IPCC non lascia dubbi: occorre azzerare le emissioni di tutti i gas serra, e quindi non solo di anidride carbonica ma anche di metano, per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C. Il futuro dell’energia è nelle rinnovabili.

Ma l’Italia sembra rimanere sorda agli appelli sempre più frequenti di scienziati e associazioni: continua imperterrita con le proprie politiche estrattive (a oggi ci sono in Italia ben 229 permessi di concessione vigenti per l’estrazione di combustibili fossili), mentre relega la salvaguardia dell’ambiente e la salute dei cittadini sempre all’ultimo posto. Emblematico in questo senso il caso ILVA, dove nonostante il sequestro, il processo per disastro ambientale e la perizia epidemiologica che ha evidenziato l’eccesso di mortalità nei cittadini dei quartieri confinanti, si è scelto di dare l’impianto in mano ai privati di ArcelorMittal e di aumentare persino la produzione di acciaio, che porterà a un incremento delle emissioni del 16%.

Chissà se, a un certo punto, con l’acqua alla gola e le temperature schizzate in alto, decideremo di svegliarci.

 

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