Intervista allə studentə del Liceo Archimede e al collettivo Verbano: a scuola con Raimo

Dalla sospensione per 3 mesi dall’insegnamento di Christian Raimo, con la decurtazione del 50% dello stipendio, per “l’offensività delle sue dichiarazioni nei confronti del Ministro Valditara, un rappresentante delle istituzioni” durante la festa di partito di AVS, molte cose sono successe. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito si è espresso smarcandosi dalle sue presunte responsabilità, le famiglie dell3 student3 hanno scritto una lettera di solidarietà al professore, l3 student3 si sono attivat3 mobilitandosi con sit in e cortei. La notizia nelle settimane ha perso di centralità nella copertura mediatica ma certamente non altrettanto come emblema delle trasformazioni in atto nel sistema scolastico nazionale alla luce delle riforme del Ministro leghista Valditara. Dalle nuove linee guida del governo si prospetta una scuola con il culto per la sanzione, con misure di sospensione già attivate, sia ad insegnanti che a student3 troppo riottos3, rei di avere occupato la propria scuola (misure applicate nei licei Tasso e Mamiani di Roma, o nell’Istituto Severi Correnti di Milano). Una scuola vicina al modello aziendalista e lavorista, con le aziende private sempre più interne alla didattica e alle strutture scolastiche, una scuola con sempre meno fondi e personale, dall’ultima manovra finanziaria si prevede il blocco del turn over, che potrebbe far perdere oltre 5000 insegnanti e 2000 colloborator3 A.T.A, una scuola centrata su valori patriottici e nazionalisti e contraria agli obiettivi di convivenza e inclusione.

Di questo abbiamo parlato con l3 student3 della classe del Liceo Archimede in cui Raimo insegna e con il collettivo studentesco Valerio Verbano.

 

Da quanto conoscete il prof. Raimo? Che rapporto avete con lui?

G.: Raimo è il nostro prof. di filosofia e storia e lo abbiamo da un anno e mezzo, dal terzo, ci conosciamo da tanto. 

E.: Ci troviamo molto bene col prof. In generale è un professore che dal punto di vista umano ti riesce a capire, a comprendere. Diciamo che lui va anche a capire la persona che sei. 

G.: Sì, si rapporta con noi appunto proprio a livello umano, rispetto ad altri professori che spesso magari non si ricordano neanche i nostri nomi. Una delle prime cose che ci ha chiesto è stata come fosse la nostra vita, si è interessato subito a noi a livello umano e alle nostre abitudini. Ha anche cercato di adattare il suo metodo di insegnamento alle nostre esigenze e quindi ci è venuto subito incontro e questa cosa ci ha molto colpito del professore, anche la fiducia che riponeva in noi e nelle nostre capacità. 

E.: Il suo metodo di insegnamento è basato sul dibattito, sull’ascolto, sull’espressione dei diversi pensieri che vengono poi affrontati senza un giudizio. Sempre aperto a qualsiasi posizione.

Lu.: Questo tipo di ascolto valorizza ogni studente per come è fatto. 

E.: E ci è sembrato quasi incredibile, appunto, che un professore del genere, che basa praticamente tutto il suo insegnamento sull’ascolto, sempre ben disposto al confronto, poi venga sospeso per aver espresso la sua opinione. Al di fuori delle mura scolastiche, inoltre, dato che dentro la nostra classe o all’interno della scuola non ha mai parlato di politica, mai. Anche se ogni tanto eravamo interessati a quello che combinava al di fuori e che faceva durante la sua vita, lui cercava sempre di sviare il discorso.

Lu.: Anche nell’ambito della filosofia, quando ci chiede delle opinioni cerca di non dire mai la sua, in modo da non influenzarci e di lasciare libera la nostra riflessione.

G.: Con il prof si tratta di questioni di attualità, di ambiente ad esempio, di questioni che erano importanti al momento, mai di politica, però comunque di questioni rilevanti che premevano anche sul nostro futuro, perché il professore si è sempre preoccupato appunto per noi e quindi anche per il nostro futuro.

 

Cosa avete provato nel momento in cui vi hanno comunicato la notizia della sospensione del prof?

Lu.: Ma io credo che sia una cosa inaccettabile che per un episodio del genere, successo al di fuori delle mura scolastiche venga punito un professore, a livello verticale, perché comunque, il Ministero ha una un potere maggiore rispetto al professore e quindi ha sfruttato questo suo potere per punire il nostro professore per ciò che ha detto, criticando la linea politica del governo, in un contesto politico, quindi in un contesto adeguato e non scolastico.

E.: Creandoci a noi anche un certo disagio, perché interrompere un percorso con un professore che avevamo da un anno e mezzo, così da un giorno all’altro… La mattina stessa della sospensione ci aveva fatto lezione, poi viene in classe e ci dice: “Ragazzi non ci sarò più per tre mesi”, rimani esterrefatto, nel senso come è possibile, no? Interrompere un percorso per poi riprenderlo in maniera discontinua con un altro insegnante. 

G.: Io sinceramente sono rimasta completamente sconvolta da questa notizia, successa così dal nulla, è stata davvero una cosa che a me personalmente ha coinvolto ma penso un po’ tutti. Infatti ci siamo subito mobilitati per fare qualcosa perché le ore dopo avevamo l’assemblea di classe e per fortuna abbiamo subito sfruttato questa occasione per parlarne e decidere sul da farsi. 

Lu.: Innanzitutto abbiamo deciso che il giorno dopo avremmo fatto un’assemblea straordinaria con tutta la scuola per informare tutti di questo fatto accaduto.

E.: Un’assemblea organizzata totalmente da noi, abbiamo coinvolto le classi che avevano il professore e anche tutte le altre. 

Lu.: Siamo scesi tutti giù in cortile e abbiamo innanzitutto parlato di questo e abbiamo deciso di iniziare subito a scrivere una lettera anche con gli altri, ma alla fine l’abbiamo scritta noi. Poi è continuata la protesta anche domenica e poi venerdì siamo andati al corteo partito da Piramide.

L.: Per quanto riguarda domenica, quella è stata una scelta di fare una manifestazione, del nostro collettivo di scuola insieme ai collettivi di zona, studenteschi e non. Con questa situazione così assurda, di ingerenza politica a scuola, era ovvio fare qualcosa anche per mandare un messaggio che noi e i compagni del Municipio siamo coesi.

 

Cosa pensate della possibilità che a scuola si parli di politica?

E.: Parlare di politica all’interno della scuola potrebbe influenzare alcuni studenti così da cambiare il loro pensiero. Magari si potrebbe parlarne in generale, in maniera informativa. Perché se ho un orientamento politico che è diverso da quello di un professore o di un compagno qualsiasi si potrebbero ipoteticamente creare dei disagi, delle preferenze, non lo so, io non sarei d’accordo nel portare la politica all’interno della scuola.

G.: Anche io concordo con E. che comunque sarebbe interessante sensibilizzare su questo argomento, penso sia importante, soprattutto per persone della nostra età che tra poco avranno diritto di votare, però è anche vero che è impossibile essere neutrali a riguardo; quindi, sicuramente andrà a influenzare i tuoi studenti; quindi, penso che la scuola non sia il luogo giusto per parlarne. 

L.: Io sono L. del collettivo di scuola Valerio Verbano. Riguardo a tutto quello che è successo al Raimo, devo dire innanzitutto che non è un mio professore, anche se lo conosco perché fa politica al di fuori della scuola e anche per i suoi libri e articoli. Se posso dissentire con quanto detto, secondo me la scuola non è un ambiente dove non fare politica, sicuramente non con un utilizzo strumentale da parte dei professori, cioè, mi spiego meglio, non si può immaginare una scuola dove i professori impartiscono le proprie idee agli studenti, però la scuola è un posto dove si insegna a vivere nella Polis, vivere nella città, questo comporta il fare politica. Fare politica all’interno della scuola è una cosa che noi ci siamo persi, è criminalizzata, ma è importantissimo che si faccia perché comunque all’interno della scuola è necessario che si creino i cittadini del domani e quelli di oggi. Come per l’educazione civica, ad esempio, il quale risultato di oggi non è quello di creare dei cittadini attivi e partecipi all’interno della democrazia, che c’è stata donata dalla Resistenza dopo il ventennio, e che di conseguenza non ci insegna un’idea di partecipazione. Forse proprio a partire da questa materia si deve iniziare ad insegnare la vita politica all’interno della scuola, che appunto non è distaccata da essa, è proprio insita in essa. Solo così si può intendere la scuola come un primo step di incontro tra il cittadino e la vita pubblica, perché poi alla fine la scuola è anche un modo per vivere la comunità.

 

Che limiti ha la libertà d’espressione per voi?

L.: Raimo non è soltanto un professore all’interno della scuola ma anche un intellettuale abbastanza famoso. Quindi se si esprime da tale in un contesto politico, non gli si può dire nulla per ciò che concerne la politica. Per ciò che lui ha detto invece, sicuramente è stato molto aspro nei confronti del ministro, molto aspro nel criticare però le sue linee guida, che definisce “luride e cialtrone”, basta riascoltare il suo discorso. Se ci sia un limite alla libertà di espressione sicuramente è molto difficile come domanda… Beh, io credo che all’interno di una democrazia, nel rispetto del proprio nemico, come affermava Pertini, “Io combatto perché tu dica la tua idea nonostante io la combatta”, in questo modo c’è una libertà di espressione democratica e plurale e che garantisce la partecipazione di tutti alla democrazia. 

E.: Come ha detto anche L. è difficile rispondere a questa domanda su dove può essere mai il limite per la libertà di espressione. A me sinceramente per le parole, per ciò che ha espresso il professore, per una citazione cinematografica, la “condanna” che gli è stata data non mi sembra equa. Arrivati a questo punto quindi anche ad un altro insegnante che esprime la sua fuori da un ambiente scolastico, dice un pensiero che magari può essere diverso da quello del governo, gli può succedere la stessa cosa?

G.: Il punto è che noi siamo una repubblica democratica; quindi, dovremmo promuovere il dibattito tra opinioni differenti. Poi ovviamente c’è un limite. Magari se ci sono degli insulti o comunque delle cose molto aspre, la persona responsabile può essere punita, ma a livello di persona, come libero cittadino, che esprime la sua opinione e non come professore che svolge il suo lavoro. Infatti, noi sin dall’inizio volevamo che la questione trascendesse la politica, la libertà di espressione è un diritto umano che va garantito al di là dell’opinione politica, questo è proprio il clou di tutta la questione. 

Lu.: Le critiche dovrebbero essere sempre bene accette, poi se una persona si sente insultata personalmente, cosa che assolutamente non è avvenuta, comunque bisognerebbe usare sempre un confronto tra cittadino e cittadino, quindi un confronto alla pari, non un confronto tra superiore e insegnante, come quello che può essere tra il Ministero e il professore.

L.: E’ proprio una cosa assurda, cioè assurdo che loro rimangono senza professore, come è assurdo che a poco dall’approvazione del Ddl Sicurezza vengano criminalizzati episodi simili, è un messaggio a chi esprime un dissenso nei confronti del Governo, un messaggio bello chiaro. Si vede la svolta che il governo in varie occasioni ha voluto marcare, anche con il Ddl Sicurezza, una svolta orbaniana. In Italia si respira questo clima, e questa cosa di Raimo l’ha confermata. 

 

Se la sospensione a Raimo può essere letta come un messaggio, a chi è rivolto?

L.: Quello che è successo a lui è un messaggio ai professori, per quanto mi riguarda. Come possono dopo quello che è successo sentirsi a proprio agio ad esprimersi, è un messaggio a tutto il corpo docente e non solo. Anche con la riforma della condotta, ad esempio, c’è un messaggio chiaro sulle intenzioni del governo, non solo rivolto agli studenti, ma a tutti. Soprattutto con l’approvazione del ddl Sicurezza, ora in Senato, il clima all’interno del panorama italiano sta cambiando. Sentiamo una lesione all’essenza della democrazia. È in pericolo la libertà di espressione, non solo dei professori, ma di tutti. È un governo a cui piace utilizzare sanzioni disciplinari che nascondono in realtà una vera e propria criminalizzazione del dissenso, è un governo che anche in maniera non troppo velata ha mostrato come sia bravo a utilizzare anche la repressione nei confronti degli studenti all’interno delle piazze, e come poco spesso li abbia ascoltati, per non dire quasi mai. L’abbiamo visto a Pisa, l’abbiamo visto nelle nostre piazze a Roma, non è che non si vede, si sente.

 

Cosa vi spaventa di più di questa atmosfera?

L.: Beh in generale ci sono delle parti del Ddl Sicurezza che sono al di fuori proprio del concetto di umanità, cioè come è possibile che i migranti non possano avere la SIM, non la comprendo questa cosa, che le donne incinte condannate debbano partorire in carcere. Mi spaventa che la resistenza passiva venga punita fino a due anni di carcere. Significa che, se io non autorizzo in questura un corteo o un sit in e mi arrivano le camionette della polizia che mi sgombera e io rimango fermo, mi prendo due anni, questo mi fa paura. La norma che regola la resistenza passiva viene chiamata norma anti Gandhi. Gandhi ha liberato l’India dall’Impero britannico. Nel 2024 si ripropongono delle forme repressive che forse si potevano riproporre con Gandhi nel ’47 in India? Cioè, mi sembra assurdo, assurdo e pauroso.

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