Post-Crescita al Parlamento Europeo

Il 18 e 19 Settembre 2018 si terrà a Bruxelles una conferenza sull’Economia della Post-Crescita.

Nonostante in passato si siano già tenute diverse edizioni sulla stessa tematica, l’unicità di questa conferenza è la partecipazione di membri del Parlamento Europeo (Partito Popolare Europeo; Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici; Verdi/Alleanza Libera Europa; Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Europa; Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica), risultato della chiara volontà di avvicinare il tema della decrescita al mondo politico. Tema che, nonostante la sua importanza, rimane ancora troppo legato all’ambiente accademico.

Riporto qui sotto le parole di Federico Demaria, membro del gruppo ‘Ricerca e Decrescita’ dell’Università Autonoma di Barcellona e autore di diversi articoli e libri sulla decrescita economica. L’articolo originale (in lingua inglese) è stato scritto in preparazione alla conferenza di Settembre ed indirizzato alla Commissione Europea.

‘La crescita economica per il bene della crescita economica’ rimane il credo di governi ed istituzioni internazionali. È tempo, dichiara Demaria, non solo di avviare un’agenda di ricerca scientifica sulla decrescita ma anche di una politica.

La crescita economica ci viene data come la soluzione capace di risolvere qualsiasi problema globale: povertà, disuguaglianze sociali, sostenibilità ambientale, ecc. Le politiche di destra e di sinistra si differenziano solo sul modo di raggiungere tale crescita. Tuttavia, esiste una scomoda verità scientifica: la crescita economica è insostenibile a livello ambientale (Legget, 2010). In più, oltre ad un limite da tempo sorpassato dai paesi della UE, la crescita economica risulta socialmente non necessaria (Frey e Stutzer, 2001). La domanda centrale diventa: come si gestisce un’economia senza crescita?

Una famosa citazione dell’economista Kenneth Boulding afferma: ‘Chiunque creda che la crescita esponenziale possa continuare in eterno in un mondo con risorse finite è un pazzo o un economista’. L’Economia Ecologica sostiene che l’economia sia fisica, mentre l’attuale economia capitalista sembra credere essa sia metafisica. Il Metabolismo Sociale (Fischer‐Kowalski, 2008) è lo studio dei flussi di materia ed energia all’interno dei sistemi economici. Dalla parte delle ‘entrate’ di tali flussi, le principali risorse materiali sono limitate, e molte stanno raggiungendo il limite, come il petrolio e il fosforo (Heinberg, 2007). Dalla parte delle ‘uscite’ invece, l’umanità sta sorpassano i cosiddetti Limiti Planetari (Rockström et al., 2009). Il cambiamento climatico è la prova della limitata capacità assimilativa degli ecosistemi.

L’economia attuale, finalmente convinta dell’esistenza di limiti biofisici, ha iniziato a sostenere che la crescita economica può essere disgiunta (in inglese: ‘decoupling’) dall’aumento di consumi di energia e materiali (o dall’impatto ambientale che essa provoca). Dati storici (come il Material Flow Account di Eurostat) dimostrano che, almeno sino ad ora, ciò non è accaduto (Krausmann et al, 2009). Quello che abbiamo raggiunto è una separazione relativa (in inglese: ‘relative decoupling’) e cioè la diminuzione in uso di risorse per unità di PIL. Non abbiamo però raggiunto una separazione assoluta (in inglese: ‘absolute decoupling’), che è ciò che conta per la sostenibilità: una diminuzione in termini assoluti del consumo di risorse ambientali. Gli unici periodi di dematerializzazione in termini assoluti coincidono con le recessioni economiche (Jorgenson and Clark, 2012). Anche il commercio internazionale dovrebbe essere considerato attentamente per evitare di spostare fuori dall’UE tutte quelle attività produttive altamente inquinanti (la cosiddetta ‘Ipotesi del Paradiso dell’Inquinamento’).

L’economia attuale non può essere circolare (Haas et al., 2015). La ragione principale è che l’energia non può essere reciclata, mentre i materiali possono ma solo fino ad un certo punto. L’economia globale recicla meno del 10% dei materiali; circa il 50% dei materiali lavorati sono utilizzati per fornire energia e non possono quindi più essere reciclati (stiamo parlando dei combustibili fossili). E’ semplice: la crescita economia non è compatibile con la sostenibilità ambientale. (…) La crescita del PIL porta all’aumento dell’uso di risorse ed energia, e quindi all’insostenibilità ambientale (Wiedmann et al., 2013).

La tecnologia e le soluzioni basate sui mercati non sono pillole magiche. La fede nella tecnologia è diventata religiosa: prove scientifiche dimostrano che, stando alle passate tendenze, gli sviluppi tecnologici avvengono troppo lentamente per evitare gli irreversibili cambiamenti climatici. Per esempio, una maggiore efficienza nei processi di produzione (quindi produrre la stessa quantità di beni ma con meno risorse) porta al cosiddetto ‘effetto rimbalzo’ (Polimeni et al., 2008) (in inglese: ‘rebound effect’) (produzione più efficiente = più consumi; e.g. la mia macchina consuma meno = la uso di più). L’energia rinnovabile produce meno energia netta, perchè ha un minor ritorno energetico per investimento (in inglese: ‘Energy Return on Investment’) rispetto ai combustibili fossili. Per questo e per altri motivi, le rinnovabili non possono soddisfare l’attuale livello di consumi energetici, consumi che quindi devono diminuire. La maggior parte delle riserve globali di combustibili fossili devono essere lasciati nel sottosuolo se si vuole contenere l’aumento delle temperature al di sotto dei 2°C. In effetti, i combustibili fossili dovrebbero essere chiamati ‘non combustibili fossili’.

La scienza talvolta porta notizie negative. Un articolo recentemente pubblicato in Nature Sustainability (O’Neill et al., 2018) sostiene che: ‘nessun paese al mondo soddisfa i bisogni dei suoi cittadini ad un livello globale sostenibile di uso delle risorse naturali’. La domanda è: come si creano le condizioni necessarie ad assicurare una buona vita per tutti restando entro i limiti planetari?

La scomoda verità che i nostri politici devono affrontare è la seguente:

La crescita economica è ecologicamente insostenibile. Il consumo totale di materiali ed energia deve essere ridotto, partendo dai paesi sviluppati.
La crescita economica potrebbe non essere socialmente desiderabile. Le disuguaglianze sociali sono in aumento, la povertà non è stata eliminata e i livelli di soddisfazione personale sono stagnanti.
La crescita economica è possibile attraverso il debito (e.g. il ‘quantitative easing’), che corrisponde ad una colonizzazione del futuro. Tale debito non può essere pagato, e i sistemi finanziari tendono all’instabilità.
Scientificamente, non è chiaro come l’UE raggiungerà una economia a basse emissioni in un contesto di crescita economica, considerato che questa prevederebbe una riduzione dell’80% dei gas ad effetto serra entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. I climatologi Kevin Anderson e Alice Bows hanno affermato che: ‘per una ragionevole probabilità di evitare il superamento dei 2°C, è necessario che i paesi più benestanti adottino, temporaneamente, una strategia di decrescita’.

Ovviamente, una transizione da una società di crescita ad una di decrescita (o post-crescita), pone diverse sfide. Tuttavia, l’emergente campo della Macro-Economia Ecologica comincia ad affrontare tali sfide in modo convincente. Studi su Felicità ed Economia mostrando come la crescita del PIL non sia necessaria per il benessere, perchè esistono altri importanti fattori (vedi: il ‘Paradosso di Easterlin’). Un’alta aspettativa di vita è compatibile con basse emissioni di andride carbonica, mentre un’economia basata su alti profitti, al contrario, non lo è (Steinberger et al., 2012). In più, la mancanza di crescita economica potrebbe aumentare le diseguaglianze socali, a meno che non vengano attuate politiche di redistribuzione della ricchezza (Piketty, 214).

In ogni caso, la domanda non è se dobbiamo abbandonare la crescita economica, ma come. I dibattiti scientifici a riguardo sono in crescita, ma a livello politico siamo ancora troppo lontani. Ci sono tuttavia segni positivi: critiche al PIL come indicatore di benessere stanno diventando comuni, esistono concrete proposte politiche, e la decrescita sta entrando negli ambienti parlamentari.

Come suggerito dagli economisti Tim Jackson e Peter Victor nel New York Time: ‘Immaginare un mondo senza crescita è tra i compiti più vitali ed urgenti che la società deve svolgere’ (Jackson e Victor, 2015).

 

Fonti e dati:

Legget, 2010
Frey e Stutzer, 2001
Heinberg, 2007
Krausmann et al., 2009
Jorgenson and Clark, 2012
Haas et al., 2015
Wiedmann et al., 2013
Polimeni et al., 2008
O’Neill et al., 2018
Anderson and Bows, 2010
Paradosso di Easterlin
Steinberger et al., 2012
Piketty, 2014
Jackson e Victor, 2015

 

Per approfondire:

Come gestire un’economia senza crescita

Metabolismo Sociale

Limiti Planetari

Economia Ecologica

Economia Macro-Ecologica

Decrescita in Parlamento

Conferenze sulla Decrescita (edizioni passate)

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