Difendere la Pachamama in Bolivia
Bere, oppure irrigare. Seminare, con il rischio di perdere la produzione. Curarsi da soli in casa, o esporsi a trattamenti discriminatori nei lontani ospedali. È una vita fatta di scelte difficili quella delle comunità rurali del dipartimento di Aiquile (municipio di Cochabamba).
Tanto più negli ultimi anni, in cui i cambiamenti climatici hanno iniziato a sconvolgere il ritmo a cui, seppur duro, gli abitanti della zona erano abituati. Con la conseguenza che le tradizionali fonti di reddito, legate all’agricoltura e all’allevamento, non garantiscono più entrate regolari e la zona si va lentamente spopolando, con l’esodo dei giovani verso le città che lasciano indietro i propri genitori.
In questo contesto si inserisce il progetto “Pachamama”: protagonismo delle donne rurali per l’affermazione della sovranità alimentare in Bolivia”, finanziato dall’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) e promosso da una rete di partenariato internazionale, tra cui le onlus CeVi, COSPE e A Sud in Italia e, nell’area cochabambina, la CIOEC Cochabamba, associazione che rappresenta organizzazioni contadine, promuove l’agricoltura ecologica e difende i diritti delle donne contadine; la Fundación Abril, che promuove processi partecipativi per la difesa dell’acqua come bene comune nelle aree rurali e periurbane, e Agua Sustentable, che interviene nei settori dell’acqua per il consumo, l’agricoltura e la gestione integrata dei bacini idrici.
L’obiettivo del progetto è quello di migliorare le condizioni di vita delle comunità rurali e in particolare delle donne, attraverso diverse attività: interventi pratici volti a migliorare l’accesso e la qualità dell’acqua e promuovere pratiche agricole sostenibili anche alla luce degli impatti dei cambiamenti climatici, ricerca sulla condizione delle donne contadine e sull’impatto dell’uso di agrotossici e pesticidi sulla salute, e infine un lavoro di formazione e capacity builiding per il rafforzamento del tessuto sociale e del processo di emancipazione delle donne attraverso una maggiore partecipazione alla vita associativa, agli spazi di presa di decisione e al disegno delle politiche locali.
L’area di intervento è duplice: sono coinvolti sia il dipartimento di La Paz che quello di Cochabamba, ma solo su quest’ultimo si concentra il lavoro di A Sud, che ha appena concluso la sua prima missione. Qui i municipi interessati sono sei, per un totale di dieci comunità, ognuna con caratteristiche e necessità ben differenti. Ad Aiquile, già menzionato, il problema principale è la mancanza di acqua: la zona, a 2000m s.l.m., è da sempre piuttosto secca, ma il clima sta cambiando negli ultimi anni. “L’anno scorso è stato un anno buono: ha piovuto molto e le lagune erano piene. Quest’anno invece la stagione delle piogge è iniziata da oltre due mesi ma ha piovuto una volta sola. Abbiamo seminato nel solito periodo, a novembre, ma non sta crescendo nulla: perderemo il raccolto”. La perdita di un anno di raccolto è una tragedia per le famiglie: quei prodotti sono destinati principalmente all’autoconsumo, e il poco che avanza viene venduto per comprare riso e altri generi di prima necessità e per sostenere le spese dei figli che sono andati in città a studiare. “Le nostre api stanno morendo, aggiunge Trinidad. Devono volare sempre più lontano per cercare acqua e polline, e non hanno la forza di tornare indietro. A volte, la mattina troviamo le arnie semplicemente vuote. Le api scompaiono così, da un giorno all’altro”. Sembrano le immagini descritte da Maya Lunde nel romanzo La storia delle api, in cui l’autrice ha immaginato una crisi mondiale dovuta ai cambiamenti climatici e innescata proprio dalla scomparsa di questi piccoli insetti impollinatori. L’uso intensivo di pesticidi e fertilizzanti estremamente tossici, nella speranza di migliorare la produzione, nella realtà non fa che peggiorare la situazione: negli anni ha distrutto il suolo un tempo estremamente fertile, avvelenato le api, ed è una probabile concausa, anche se non ancora oggetto di studio, dell’insorgenza di malattie prima inesistenti, come tumori, embolie cerebrali, gastriti, e così via.
Diverso lo scenario a Cocapata: a 4800m sul livello del mare, nell’inospitale altipiano delle Ande, le comunità di questo municipio si sostengono con l’allevamento di lama e alpaca e la produzione di patate e chuño. Anche qui si fanno sentire gli impatti dei cambiamenti climatici, che da una parte stanno portando a un prolungamento innaturale della stagione secca con l’inaridimento dei fiumi e dei torrenti che riforniscono d’acqua l’area e la moria del bestiame, dall’altra generano improvvisi rovesci intensi e grandinate nella stagione piovosa che rovinano i raccolti. Ma la sfida maggiore a Cocapata è la capacità organizzativa delle comunità, il cui tessuto sociale è stato rovinato da anni di interventi esterni puntuali e senza visione complessiva e dall’emigrazione dei membri più giovani. Da questo dipendono le possibilità di commercializzazione dei prodotti, e quindi in ultima analisi la sopravvivenza collettiva, in un mercato inondato di lana proveniente dall’estero, soprattutto dal vicino Perù, di qualità e prezzi molto inferiori.
Come Aiquile e Cocapata, anche gli altri municipi oggetto di intervento presentano problemi e peculiarità distinte. La sfida sarà declinare il progetto in maniera diversa in ognuno dei luoghi, adattando gli interventi alle varie specificità ma promuovendo sempre un obiettivo comune, che ben si riassume nel titolo del progetto. Pachamama è la Madre Terra in lingua quechua e aymara, gli idiomi nativi di gran parte delle comunità andine boliviane. È l’antica dea inca della vita e della fertilità, alla quale ancora oggi si lasciano in offerta acqua e cibo, retaggio di un mondo in cui uomo e natura vivono ancora in equilibrio. Difendere questo angolo di mondo a rischio di estinzione è, in fondo, l’obiettivo comune.