Quando si partecipa a cortei come quello del 6 ottobre a Riace, si riscopre ogni volta la potenza dell’entrainment, quella sincronia ritmica propria solo degli esseri umani, capace di ristabilire le priorità e i veri protagonisti della Storia, a scapito di qual si voglia influencer del nostro tempo.

10.000 partecipanti dicono gli organizzatori, di 5.000 parlano alcuni quotidiani, ma assicuriamo che quantificare i numeri presenti durante il corteo di sabato scorso, in una cittadina che di abitanti ne ospita circa 2.000, è quanto mai riduttivo.

Tante le sigle, ancora di più le singole i singoli, che si sono messi in viaggio per raggiungere uno dei luoghi che più in questi anni si è sperimentato come laboratorio dell’accoglienza, diventando “più che modello”, come dice lo stesso Mimmo Lucano, “vera e propria Idea”.

Siamo partiti da Roma per raggiungere una delle estremità radicali del paese, attraversando i paesaggi di mezza Italia, riconoscendone orgoglio e sofferenze.

Tante sono le vertenze, i percorsi e le lotte che quei territori da decenni hanno costruito e organizzato, sfidando e provando a mettere in contraddizione modelli di sviluppo e di progresso imposti da governi centrali, che mano a mano si susseguivano in assoluta continuità, alternando intervento assistenzialista ad assoluta indifferenza, tra disastri ambientali, sfruttamento dei suoli e delle risorse idriche, disoccupazione e lavoro nero, corruzione e speculazione.

Quello che la così detta “operazione Xenia” (così è chiamata l’indagine della Guardia di Finanza che da più di un anno prova a raccogliere prove per l’accusa del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a danno di Domenico Lucano) sta provando a fare, è proprio la riduzione di tutto questo a minimizzazione e abbandono di un processo di disobbedienza civile, che mediante sperimentazioni, dai progetti di accoglienza diffusa fino ai matrimoni solidali, ha fatto sì che Riace s’inserisse positivamente nel corso della Storia.

Come, infatti, rammenta uno dei tanti murales della città, la costa ionica è luogo soggetto ai flussi migratori da prima del VIII secolo a.C., cosa che porterebbe a suggerire alla Procura e alla Guardia di Finanza di scegliere in modo meno superficiale i nomi delle operazioni d’indagine e di ristudiare i meccanismi sociali, culturali e politici che la Xenia greca comprendeva.

“Xenia, nella cultura ellenica arcaica, ma non solo, sono i doni ospitali, gli scambi di doni tra chi ospita e uno straniero ospitato, ciò che costituisce un legame tanto forte da superare le fazioni in guerra. Quasi tutti in Italia, a scuola, hanno sentito almeno nominare, o letto in traduzione, l’episodio di Diomede e Glaudo nel libro sesto dell’Iliade: durante la battaglia, i due eroi fronteggiandosi si riconoscono e il loro legame è più forte dell’appartenenza ai rispettivi schieramenti (…) Mimmo Lucano è quindi accusato di reato di ospitalità.” (Emilio Zucchetti – PhD in Classics and Ancient History alla Newcastle University).

Quello che le migliaia di persone che sabato hanno percorso i vicoli di Riace, hanno voluto ribadire, è che fino a quando il totem della legalità avrà più rilevanza della vita delle comunità, dei diritti e della libertà, specie se di movimento, questo tipo di disobbedienza avrà carattere permanente.

La forza di contrasto di ogni battaglia parte dalle proprie gambe e dalla capacità di mettere a valore ciò che per qualcun altro non produce ricchezza, rovesciando dettami emanati da chi quel territorio non lo vive quotidianamente e non è quindi in grado di riconoscerne la potenza.

Questo si è respirato tra quelle migliaia di corpi che sabato si sono recati sotto casa del Primo cittadino della città, da giorni costretto ai domiciliari: riconoscimento, riscatto, rivalsa.

Per essere stato il primo finesettimana di ottobre non si può che riscoprire in queste suggestioni la strada giusta di rivendicazione, con cui il governo giallo-verde prima o poi si dovrà confrontare, nonostante questi ultimi mesi di contestazione senza risposte abbiano complicato ulteriormente la costruzione dei piani di mobilitazione della società civile.

In migliaia in corteo a Riace, in migliaia all’assemblea nazionale di Non Una Di Meno a Bologna, in migliaia anche alla marcia Perugia-Assisi hanno partecipato e attivato ragionamenti e riflessioni che colgono nuovamente la sfida di una rappresentanza che ad oggi si basa sul consenso tifoso della paura e dello scoramento, ma che deve trasformarsi in resistenza e programmazione di un futuro accogliente, orizzontale, femminista e ambientalista a partire dai territori.

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