Un mare di plastica

Il 22 febbraio, presso il Polo Pontino dell’università Sapienza di Roma, è stato organizzato, dalla facoltà di Ingegneria Civile e Industriale e da Slow Food Lazio, un convegno dal titolo “Un mare di plastica. Ecosistema, ambiente, economia e salute. Tutto è a rischio”.

Il convegno è stato dedicato, in modo specifico, alle microplastiche e all’impatto che hanno sull’ambiente e sull’uomo.

Ma cosa sono le microplastiche e da dove provengono?

Le microplastiche sono frammenti di polimeri plastici dalle dimensioni particolarmente ridotte e di diversa provenienza. La classificazione dimensionale maggiormente condivisa fra gli studiosi le colloca al di sotto dei 5 mm (fino al livello micrometrico), mentre in funzione della provenienza sono classificate in primarie e secondarie.

Le microplastiche primarie sono particelle che vengono prodotte con tali dimensioni per specifici utilizzi industriali o commerciali (uno fra tutti è la cosmesi), mentre quelle secondarie provengono dalla degradazione di materiale plastico di dimensioni maggiori. In quest’ultimo caso, è stato osservato sperimentalmente come in ambiente marino le particelle più grandi subiscano prima uno scolorimento, poi una fessurazione superficiale e infine una frammentazione in pezzi più piccoli. La presenza in mare di rifiuti, costituiti in maggior parte da plastiche, prende il nome di marine litter.

Il prof. Silvestro Greco – docente di Produzioni Agroalimentari e Presidente del Comitato Scientifico di Slow Fish- ha brevemente illustrato la storia della nascita (nella seconda metà dell’800) e della diffusione della plastica. Questo materiale, che più correttamente andrebbe indicato come “plastiche” vista la numerosa famiglia di polimeri di cui si compone (PE, PP, PS, PVC e PET), ha rivoluzionato gli usi e costumi della nostra epoca e ha contribuito al progresso di alcuni importanti settori (come ad esempio quello medicale). Tutto questo, però, a quale prezzo? Il dazio che stiamo pagando è molto alto e deriva dalla natura stessa di questo materiale, che ha tempi di permanenza nell’ambiente molto elevati (da 100 a 1000 anni).

Le plastiche raggiungono il mare, nella maggior parte dei casi, attraverso i fiumi e i sistemi di acque reflue, per poi subire quel fenomeno di degradazione che porta alla formazione delle microplastiche. Uno dei maggiori impatti di queste micro particelle è sulla fauna ittica e terrestre, poiché quest’ultimi possono ingerire i frammenti di plastica – rischiando in alcuni casi la morte per soffocamento – e introdurli così nella catena trofica. Infatti, diversi studi hanno evidenziato la presenza di contaminanti nei pesci (quelli potenzialmente più dannosi per la salute umana sono i pesci di grossa taglia, perché più in alto nella catena trofica) e anche in diversi prodotti alimentari.

Come si può agire per cercare di cambiare rotta? Prima di tutto bisogna limitare l’utilizzo di plastica monouso, e in tal senso si sta già muovendo anche la Comunità Europea che – con la direttiva proposta nel 2018 – ha bandito alcuni prodotti in plastica monouso (cotton fioc, piatti, posate, cannucce, ecc.). In secondo luogo bisogna riutilizzare e riciclare la plastica già esistente e, soprattutto, investire su nuovi materiali di origine naturale, come già stanno facendo molti gruppi di ricerca con materiali provenienti da scarti alimentari e vegetali.

Il Colonello Giuseppe Persi, Comandante gruppo Carabinieri Forestale di Latina, ha invece illustrato le principali attività condotte dai Carabinieri sul territorio della provincia di Latina: nel 2018 sono stati effettuati circa 1700 controlli con 86 reati accertati, 92 persone denunciate e 50 sequestri penali.

Le principali criticità sono state riscontrate nel sistema di raccolta e trattamento dei rifiuti di origine agricola: difficoltà dovute agli oneri di raccolta del materiale da smaltire, incapacità dei piccoli produttori a interfacciarsi con il sistema di raccolta, sovraccarico degli impianti di trattamento e scarsa domanda dei prodotti da riciclo. In questo contesto non bisogna poi tralasciare il fenomeno degli “incendi sospetti” negli impianti di trattamento, in quanto diverse indagini hanno accertato che si tratta di fenomeni criminali e non di eventi casuali.

I principali rischi di questa crisi del sistema agricolo sono l’aumento del rilascio di materie plastiche nei terreni, l’abbandono in aree demaniali e la mancata raccolta dei rifiuti nelle aziende marginali. Per affrontare in modo organico il problema bisogna investire sulla progettazione degli imballaggi, stimolare la domanda di materiale riciclato (attualmente pari a circa il 6%), migliorare la raccolta e la selezione dei rifiuti e giungere a un quadro normativo definito per le plastiche con proprietà biodegradabili.

Quali contributi può dare la ricerca nell’ambito dell’inquinamento da microplastiche?

In tal proposito la prof.ssa Silvia Serranti, docente del Dipartimento di Ingegneria Chimica Materiali Ambiente della Sapienza, ha presentato l’applicazione dell’analisi iperspettrale nella caratterizzazione e classificazione delle microplastiche. Questa metodologia – inizialmente utilizzata per il telerilevamento – è stata applicata ad alcuni casi studio (fra cui quello della costa giapponese) per classificare i rifiuti plastici raccolti in mare. Dai dati raccolti è stata osservata una maggiore presenza dei polimeri PE, PP e PS e un’ottima classificazione dei diversi polimeri plastici.

Luigi Crescenzi, produttore di conserve ittiche, ha invece proiettato delle foto scattate sul litorale di Anzio (RM), dove è possibile osservare le diverse tipologie di rifiuti che le mareggiate trasportano sulla spiaggia: tv, contenitori, cassette, imballaggi di prodotti ittici e altro ancora. Il dato che Luigi ha portato come oggetto di riflessione, è il seguente: ogni passo che facciamo sulla spiaggia incontriamo 4 rifiuti, di cui 3 in plastica.

Ecco allora che i dati presentati in questo convegno debbono farci riflettere sul modo in cui intendiamo affrontare il problema, che non è per nulla banale o marginale rispetto ad altri e richiede un grande sforzo da parte di tutti.

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