Un clima infelice accoglie la Conferenza sul clima e il Global Compact for Migration
Nel mese di dicembre due appuntamenti di respiro internazionali accenderanno i riflettori su due questioni complesse e fortemente interconnesse: clima e migrazioni forzate.
Il richiamo è a una responsabilità comune oltre che a una lungimiranza nel riconoscere questo legame e alle azioni concrete da mettere in campo.
Dal 2 al 14 dicembre nella città polacca di Katowice si terrà la XXIV Conferenza mondiale sul Clima (COP24), che arriva dopo un anno di negoziati, i cosiddetti “Dialoghi di Talanoa”, che nella lingua delle isole Fiji significa letteralmente “parlare con il cuore”. Si tratta di dialoghi di facilitazione tra gli Stati per costruire fiducia, empatia e rispetto tra le Parti, per arrivare ad assumersi impegni concreti per rendere operativo l’Accordo globale sul clima, raggiunto a Parigi nel 2015. La COP24 dovrà servire proprio a stabilire un piano d’azione comune rispetto agli obiettivi fissati a Parigi, consapevoli del fatto che i Paesi dovranno aumentare i loro sforzi per contenere il riscaldamento globale. Sappiamo già che allo stato attuale c’è il rischio di sforare i 3°C. Siamo quindi ben oltre la soglia di contenere le temperature entro i 2°C o come richiesto dagli scienziati entro l’1,5°C.
Contemporaneamente, nei giorni 10 e 11 dicembre i rappresentanti dei governi di tutto il mondo si incontreranno a Marrakech per approvare il Global Compact for Migration (GCM). Il testo, redatto sotto l’egida dell’ONU, mira a definire delle regole comuni sulle migrazioni internazionali e l’accoglienza dei richiedenti asilo. Il documento contiene più riferimenti alla migrazione ambientale, in particolare, nell’ambito dell’obiettivo 2 “riduzione al minimo dei fattori negativi e dei fattori strutturali che costringono le persone a lasciare il loro Paese di origine”, una sezione specifica è dedicata ai disastri naturali, agli effetti dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale.
Gli Stati purtroppo sono ancora miopi sia nell’affrontare la sfida dei cambiamenti climatici che quella delle migrazioni contemporanee.
In Italia abbiamo visto che difronte alle anomalie climatiche di questi ultimi mesi, come trombe d’aria e violenti nubifragi, che hanno letteralmente messo in ginocchio tutta la penisola, si è parlato troppo spesso di conseguenze del maltempo, anziché inserire questi eventi nella più ampia cornice dei cambiamenti climatici. Il Ministro dell’Interno, con parole che suonano come una beffa, ha scaricato la responsabilità dei fatti sull’ambientalismo da salotto. Contemporaneamente il governo intende dare il via libera a condoni edilizi e grandi opere, come la TAP, a conferma che gli interessi economici vengono prima della messa in sicurezza del territorio, che per le sue caratteristiche geologiche, morfologiche e idrografiche, è naturalmente molto fragile e predisposto a fenomeni di dissesto come frane e alluvioni, acuiti dagli effetti del cambiamento climatico.
Certamente parlare di maltempo è più semplice e implica meno responsabilità, significa non analizzare le cause reali che stanno alla base degli eventi. Vuol dire ignorare i problemi finché non siamo in emergenza. Riconoscere invece che “abbiamo creato un clima infame” con il nostro attuale modello di sviluppo rapace e iniquo, significa rivedere il sistema di produzione, distribuzione e consumo e inserire l’ambiente tra le priorità della politica.
Il tempo di agire è ora, come evidenziato anche dall’IPCC, gli scienziati dell’ONU che studiano il clima e i suoi effetti, nel recente Rapporto “Riscaldamento globale di 1,5°C”, passato in sordina nel nostro Paese. Intanto, in Italia, così come in molti Stati europei, la questione della sicurezza continua a essere legata alle migrazioni. Tra l’altro, proprio in questi giorni, che tanto si discute di Decreto sicurezza, che prevede tra le altre cose restrizioni sulla protezione umanitaria, è arrivato l’annuncio che probabilmente il governo italiano non firmerà il Global Compact for Migration.In questa cornice gli appuntanti in Polonia e in Marocco rappresentano sicuramente due importanti occasioni per la società civile italiana e di tutto il mondo per portare all’attenzione dei decisori politici il legame tra cambiamenti climatici e migrazioni e chiedere a gran voce finalmente azioni urgenti e concrete, lontane dai soliti proclami.
Nel frattempo, come avrebbe detto Voltaire “Gli uomini discutono. La natura agisce”.