Su Più Libri Più Liberi e la nostra presenza
Crediamo che l’invito a partecipare a Più Libri Più Liberi a Leonardo Caffo e la difesa pubblica di questa scelta da parte di Chiara Valerio rappresentano uno smacco per chi si batte ogni giorno contro la violenza di genere e per spazi sicuri. Non possiamo ignorare il peso di questa decisione, che si inserisce in una lunga catena di comportamenti che abbiamo visto anche nei nostri ambienti: l’amichettismo, quel meccanismo tossico che porta a proteggere uomini violenti in nome della “bravura” o dell’”intellettualità” o dell’amicizia. Questo accade troppo spesso, anche a sinistra, nei collettivi, negli spazi di movimento e in ambito culturale.
Non accettiamo che la difesa degli abuser venga mascherata da neutralità o libertà di pensiero: è una violenza istituzionalizzata che normalizza la presenza di chi dovrebbe invece essere escluso. Se gli spazi non vengono difesi, se si difendono persone che hanno commesso abusi con il pretesto dell’arte, dell’intelligenza o dell’attivismo, allora quegli spazi diventano complici.
Comprendiamo la scelta di boicottare di molte compagne e consideriamo altrettanto legittima la scelta di chi invece ha deciso di esserci comunque. Anche in una situazione sulla cui lettura è difficile non essere d’accordo non esiste un’unica risposta giusta.
Come A Sud scegliamo di essere comunque presenti a Più Libri Più Liberi, non per accettazione o silenzio, ma per trasformare lo spazio che attraverseremo.
La nostra presenza vuole dare un contributo occupando uno spazio con la radicalità che ogni giorno caratterizza il nostro lavoro parleremo del Glossario Ecologista Le Parole Giuste a ragazzi e ragazze delle scuole secondarie non solo come strumento per parlare di crisi climatica e giustizia sociale, ma come mezzo per decostruire le strutture patriarcali e oppressive che attraversano la nostra società.
La nostra partecipazione sarà un’opportunità per trasformare il linguaggio e, con esso, la percezione delle crisi ambientali e sociali che stiamo vivendo. Parlare di giustizia climatica in un’ottica ecotransfemminista significa non solo spiegare come il cambiamento climatico colpisca in modo sproporzionato le persone già marginalizzate, ma come riconoscere le intersezioni tra la violenza patriarcale, estrattivismo, colonialismo e cultura del fossile.
Adottare parole giuste e inclusive permette di superare la narrazione dominante che spesso esclude, silenzia o semplifica temi complessi come la violenza sistemica contro le donne e le persone LGBTQIA+ e la crisi climatica. Vogliamo essere motore di trasformazione e preparare le nuove generazioni a diventare protagoniste di un cambiamento culturale che parte dal rispetto del pianeta e delle persone che lo abitano, indipendentemente dal genere o dall’identità.
Per questo ci vedremo in fiera, per continuare presidiare spazi e riempirli di visioni e contenuti.