Patti Educativi di Comunità: alleanze e sostenibilità per un nuovo paradigma educativo
Negli ultimi anni i Patti Educativi di Comunità sono emersi come strumenti di governance educativa capaci di ridefinire la scuola in chiave territoriale, inclusiva e collaborativa. Questo contributo li analizza nelle loro dimensioni partecipativa, istituzionale e trasformativa, con uno sguardo alle pratiche eco-pedagogiche e al ruolo dell’Osservatorio Nazionale di Indire.
Negli ultimi anni, la riflessione pedagogica italiana ha assistito all’emergere di un modello innovativo di governance educativa: i Patti Educativi di Comunità. Nati inizialmente come risposta alle urgenze generate dalla pandemia, questi strumenti si sono progressivamente consolidati come pratiche strutturali. Sono in grado di ridefinire l’identità della scuola in senso territoriale, collaborativo e inclusivo.
In questo contributo, si propone un’analisi dei Patti attraverso tre direttrici interpretative: la loro natura partecipativa, il rapporto con le istituzioni e i meccanismi di finanziamento, e infine il loro potenziale trasformativo in chiave eco pedagogica e di rigenerazione comunitaria.
La natura partecipativa dei Patti: verso una scuola interdipendente
I Patti Educativi di Comunità costituiscono un laboratorio privilegiato per sperimentare forme avanzate di governance partecipata e corresponsabilità educativa.
Essi si configurano come accordi multilaterali tra istituzioni scolastiche, enti pubblici, Terzo settore, famiglie e cittadinanza attiva. Sono finalizzati alla co-progettazione di percorsi formativi che integrano curricolo scolastico, apprendimenti non formali e contesti di educazione informale.
In questo quadro, la scuola non è più solo “luogo” di apprendimento, ma dispositivo relazionale e culturale inserito in una rete territoriale. La sfida principale consiste nell’attuare una leadership scolastica diffusa.
Deve attivare competenze collettive e intelligenza organizzativa. Tale approccio implica un superamento del modello burocratico-centralistico in favore di una pedagogia della prossimità.
Questa è fondata sul riconoscimento dei bisogni educativi locali e sulla valorizzazione delle risorse già presenti nelle comunità.
In questo senso, i Patti si propongono come infrastrutture pedagogiche per la costruzione della comunità educante Qui l’apprendimento è frutto di una negoziazione continua tra scuola e contesto, tra saperi disciplinari e vita sociale, tra progettualità didattica e cittadinanza attiva.
Patti, risorse e istituzioni: tra normatività e praticabilità
Uno degli elementi determinanti per la tenuta e l’espansione dei Patti riguarda la dimensione istituzionale e finanziaria. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), insieme ad altri dispositivi di policy (PON Inclusione, REACT-EU, Garanzia Infanzia), ha posto i Patti al centro delle strategie per il contrasto alla povertà educativa.
Ha allocato risorse specifiche, soprattutto nei territori a maggiore fragilità sociale ed economica. Tuttavia, l’accesso a tali risorse non è scontato. Permangono criticità legate alla capacità amministrativa degli enti locali e delle stesse istituzioni scolastiche.
In particolare nei piccoli comuni e nelle aree interne. In questo contesto, si rivela cruciale il ruolo del Terzo settore. Esso è sia partner attuativo che soggetto abilitante nei processi di co-progettazione previsti dal Codice del Terzo Settore (artt. 55–57).
Questo promuove modelli di amministrazione condivisa alternativi alla logica concorsuale classica.
A livello sistemico, ciò implica la necessità di sviluppare modelli stabili di coprogettazione educativa.
Questi devono essere basati su strumenti normativi chiari, risorse prevedibili e forme di valutazione integrate tra soggetti pubblici e sociali. Il rischio da evitare è che i Patti restino esperienze frammentarie, legate alla volontà di singoli dirigenti o a contingenze progettuali.
Dovrebbero invece diventare politiche pubbliche educative di lungo periodo.
I Patti come dispositivi eco-pedagogici: scuola, comunità e territorio
Il terzo asse interpretativo riguarda la funzione rigenerativa dei Patti in relazione ai temi della sostenibilità ambientale, dell’identità territoriale e del patrimonio culturale. Sempre più spesso, i Patti si configurano come strumenti di connessione fra educazione e territorio. Sono capaci di attivare apprendimenti significativi attraverso l’uso didattico di beni comuni: parchi, biblioteche, teatri, musei, orti urbani, spazi civici.
Il contributo di Schiavo e Di Tore, in particolare, ha evidenziato come il patrimonio culturale possa essere digitalizzato e reso fruibile attraverso tecnologie immersive (AR, BYOD, Digital Assets). Questo consente esperienze formative inclusive e radicate nella dimensione locale. In tal modo, la scuola non solo valorizza il proprio contesto, ma ne diventa agente attivo di trasformazione. Promuove competenze ecologiche e civiche.
Dall’osservazione all’azione: il contributo di Indire ai Patti Educativi
I Patti Educativi di Comunità rappresentano oggi una cornice operativa promettente per reimmaginare l’istituzione scolastica in chiave territoriale, inclusiva e trasformativa.
La loro efficacia, tuttavia, dipende dalla capacità delle scuole di coniugare autonomia progettuale, apertura alle reti sociali e continuità istituzionale. È in gioco una nuova visione dell’educazione come bene comune.
Richiede una governance multilivello, un pensiero pedagogico sistemico e un investimento strutturale in capitale sociale e culturale.
In un tempo segnato da crisi multiple, i Patti si configurano non solo come risposte educative, ma come dispositivi di innovazione sociale. Per questo vanno sostenuti, documentati e valutati in modo rigoroso.
Devono diventare un pilastro dell’educazione pubblica del futuro. In questa direzione si colloca l’Osservatorio Nazionale sui Patti Educativi, promosso da Indire in collaborazione con Labsus.
L’Osservatorio svolge un ruolo strategico nel rafforzare e accompagnare questi processi. Attraverso la mappatura delle esperienze territoriali, la raccolta di buone pratiche, la produzione di toolkit operativi e la promozione di percorsi formativi, l’Osservatorio contribuisce a rendere i Patti non solo strumenti progettuali.
Diventano veri e propri dispositivi sistemici per un’educazione pubblica generativa, condivisa e fondata sulla corresponsabilità tra scuola e comunità.
Martina Marianetti è dottoranda in Transizione Ecologica presso l’Università di Palermo, studia i processi democratici partecipativi e le pratiche di governance condivisa come strumenti di supporto per le comunità locali nell’affrontare le sfide ambientali.