Nuovo report Ispra sul consumo di suolo nel 2023
di Domizia Tallone
Nel 2023 sono stati consumati 72,5 km² di suolo nazionale, pari a 20 ettari al giorno e a 2,3 metri quadri al secondo. Così si apre il report Ispra pubblicato il 3 dicembre e presentato lo stesso giorno nella sede dell’Istituto dal presidente Laporta, il quale si è mostrato preoccupato per i risultati del monitoraggio: “abbiamo mantenuto un ritmo insostenibile che dipende da un’assenza di un intervento normativo efficace del paese” e sottolinea che “i nostri territori sono sempre più fragili e non possono permettersi questo tasso di artificializzazione.”
Nonostante la diminuzione del nuovo suolo consumato rispetto al 2022, la propensione italiana a costruire devia dalle direzioni europee per l’Agenda 2030, in cui si parla di un obiettivo chiaro: portare il consumo di suolo netto a zero.
Suolo consumato e suolo riconvertito
Quando si parla di consumo di suolo netto si parla della differenza tra il nuovo suolo consumato e quello riconvertito al verde o a uso agricolo. Avere un bilancio zero di consumo di suolo netto significa che per ogni metro quadro destinato a una nuova costruzione è stato recuperato un metro quadro di superficie naturale o agricola. Come sottolineato durante la conferenza però il suolo “ripristinato” è stato comunque modificato nella sua ricchezza originaria. Sappiamo che il suolo impiega migliaia di anni per rigenerarsi di pochissimi centimetri, eppure in poco tempo riusciamo a costruire e modificare definitivamente una vasta area di terreno.
Nel 2023 in Italia sono stati ripristinati 8,5 km² di suolo portando a un consumo di suolo netto di 64,4 5 km² nel 2023. Ripetiamo un valore assolutamente lontano dall’obiettivo di azzeramento fissato a livello europeo.
Attualmente è stato consumato il 7,16% di tutto il territorio nazionale, una percentuale che aumenta al 10,16% se si tiene presente solo il territorio nazionale utilizzabile, ossia se si smette di considerare le aree protette o a rischio idrogeologico e di frana.
Sebbene la popolazione italiana stia diminuendo da quasi dieci anni, il consumo di suolo non ha mai smesso di avanzare: anche quest’anno, infatti, aumenta il suolo consumato per abitante.
La domanda allora sorge spontanea: se non abbiamo bisogno di spazio per una popolazione in aumento perché continuiamo a costruire?
Inoltre, la perdita di suolo naturale ha un impatto sulla qualità della vita delle persone. Secondo l’OMS, ogni cittadinə, per trarre beneficio dalla natura in termini di qualità della vita, dovrebbe avere a disposizione 3 alberi tra ogni casa, il 30% di copertura arborea in ogni quartiere, 300 metri di distanza massima da un parco o da uno spazio verde (regola 3-30-300).
Dal nuovo report Ispra emerge che meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri.
La situazione a livello regionale
L’andamento e l’aumento di suolo si diversifica molto lungo la penisola. Regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna guidano la classifica per consumo di suolo totale e incremento annuo, mentre la Valle d’Aosta registra i valori più bassi essendo una regione prevalentemente montuosa e quindi con una morfologia ostile all’artificializzazione. In Veneto, ad esempio, sono stati consumati 891 ettari di suolo in un solo anno, un dato che evidenzia la pressione crescente su aree già fortemente urbanizzate.
Livello comunale
Il consumo di suolo varia significativamente anche a livello comunale. Tra i casi più emblematici, il comune di Uta, in Sardegna, ha registrato il maggiore incremento con 106 ettari nuovi di suolo consumato, principalmente a causa di impianti fotovoltaici legati all’espansione dell’area industriale. Seguono Ravenna con un incremento di 89 ettari, dovuto ai cantieri portuali e alla costruzione di un nuovo quartiere, e Roma con un incremento di 71 ettari, dovuto all’ ampliamento di alcune cave, alla costruzione di un polo commerciale lungo la via pontina, a cantieri stradali legati alla ryder cup. Nella capitale quasi il 50% delle nuove trasformazioni si concentra nella zona sud-ovest della città.
Conseguenze economiche, ambientali e sociali
Il consumo di suolo ha forti implicazioni, non solo in termini ambientali ma anche economici e sociali. La perdita della capacità del suolo di regolare il ciclo idrico, trattenere l’acqua e mitigare gli impatti del dissesto idrogeologico è evidente. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a ripetersi di eventi meteorologici estremi, spesso aggravati dall’impermeabilizzazione delle superfici urbane.
Secondo il rapporto Ispra, la perdita dei servizi ecosistemici legati al suolo costa all’Italia tra 8,2 e 10 miliardi di euro ogni anno. Questo valore riflette la riduzione della capacità del suolo di assorbire le piogge, contribuendo a disastri come alluvioni e frane, nonché all’incremento delle isole di calore urbane, che peggiorano la qualità della vita nelle città e hanno ripercussioni sulla salute pubblica.
Una sfida europea e globale
Il consumo di suolo non è solo un problema italiano, ma un tema centrale anche per l’Unione Europea, che con il Green Deal e la Strategia per il Suolo al 2030 chiede ai Paesi membri di azzerare il consumo netto e promuovere azioni concrete di ripristino e rigenerazione urbana. Tuttavia, come evidenziato durante la presentazione del rapporto, il nostro Paese è ancora privo di un quadro normativo efficace e omogeneo. Alcune regioni hanno implementato leggi specifiche, ma queste restano frammentate e spesso inefficaci, come dimostrano i numeri.
Come sottolineato durante l’evento di presentazione, il rapporto ISPRA non è solo una fotografia della situazione attuale, ma un invito ad agire. Il sistema di monitoraggio può diventare uno strumento strategico per orientare politiche territoriali sostenibili.
Ogni metro quadrato di suolo consumato rappresenta un bene perso, un taglio al patrimonio ambientale e una risorsa in meno per le generazioni future.