Malagrotta, la storia dietro la caduta del Re della monnezza

Tra ritardi e criticità comincia la messa in sicurezza dell’ex discarica più grande d’Europa. La condanna di Manlio Cerroni è l’epilogo di anni di illeciti e di ingiustizie ambientali.

di Silvia Moretti, A Sud

A maggio sono stati annunciati gli esiti delle gare d’appalto per la messa in sicurezza della discarica di Malagrotta: il raggruppamento NICO s.r.l. si è aggiudicato per un importo complessivo di 116 milioni la gara per la realizzazione del capping (copertura degli invasi), per la captazione del biogas e il trattamento del percolato; la TREVI S.p.A. si è aggiudicata per un importo di 58 milioni la gara per la realizzazione della cinturazione contenitiva degli invasi. I lavori dovrebbero iniziare tra luglio e agosto e si prevede la loro conclusione entro il 2027.

La messa in sicurezza, a differenza di una bonifica, come l’hanno chiamata in molti, non ha l’obiettivo di eliminare la fonte di inquinamento, ma quella di circoscrivere i suoi effetti limitando la sua diffusione.
Essa rappresenta comunque una svolta rispetto allo stallo che ha caratterizzato la storia della discarica più grande d’Europa dalla sua nascita nel 1984 fino ad oggi. Infatti, tra il 2003 e il 2004 con l’aumento della produzione di rifiuti nella provincia di Roma e la chiusura di altri siti per lo smaltimento di rifiuti la discarica di Malagrotta raggiunge la saturazione. Oltre a essere colma, entro il 2005 la discarica avrebbe dovuto chiudere in attuazione della legge Ronchi a sua volta attuativa delle direttive europee in materia di rifiuti. Infatti, il sito non sarebbe stato in grado di garantire la processazione dei rifiuti e quindi di assolvere al divieto di depositare rifiuti non trattati nelle discariche.  

Tuttavia con la scadenza della moratoria nel 2006 e senza alternative sufficienti, la gestione della discarica di Malagrotta entra in un circolo vizioso di ampliamenti degli invasi e proroghe alla sua chiusura in deroga alle normative europee.  Nel mentre il quantitativo di rifiuti non trattati nella discarica di Malagrotta aumenta a fronte della mancanza di siti alternativi per motivi giudiziari e stalli decisionali; intanto ai cittadini della Valle Galeria veniva promessa la chiusura del sito, talvolta ricorrendo a immaginari improbabili, quali la realizzazione del “Central Park di Roma” in seguito alla bonifica.

Nel 2008 la promessa di una chiusura definitiva della discarica venne vincolata all’apertura di un gassificatore nella stessa area di Malagrotta. Pur considerata la presenza nella stessa Valle Galeria di un inceneritore per rifiuti ospedalieri, di diversi impianti di Trattamento Meccanico Biologico dei rifiuti e di cinque dei sei siti classificati come a rischio di incidente rilevante nel comune di Roma, a Malagrotta il gassificatore entrò in funzione nell’agosto 2008, mentre la discarica continuò ad accogliere rifiuti non trattati.

In violazione alla direttiva Seveso II e quindi al divieto di concentrare nella stessa area più impianti industriali ad alto rischio il gassificatore ottenne le autorizzazioni necessarie alla sua attività senza tuttavia fornire alcuni passaggi necessari a preservare la popolazione e l’ambiente circostante come, ad esempio, il parere del comitato tecnico regionale, la certificazione per la prevenzione incendi e la redazione di un piano di emergenza esterno. Questo stesso gassificatore fu il primo a prendere fuoco durante l’incendio del 15 giugno 2022 che coinvolse in gran parte uno dei due TMB all’interno del sito di Malagrotta. L’inchiesta riguardo all’incendio è stata archiviata nel maggio 2023, sette mesi prima che il secondo TMB situato all’interno di Malagrotta prendesse fuoco. Le indagini per questo secondo incendio sono tuttora in corso. 

Nel frattempo, il percolato e il biogas prodotti dagli invasi colmi avvelenavano le falde e la terra della Valle Galeria spingendo, già nel 2009, il comune a prescrivere una messa in sicurezza e a sottolineare l’insufficienza delle misure preventive adottate fino ad allora (diaframma plastico e capping), in seguito alle segnalazioni dell’ARPA. Le misure non verranno tuttavia messe in atto in seguito al ricorso al TAR del proprietario e gestore della discarica Manlio Cerroni per la loro infattibilità. La recente condanna in primo grado di Cerroni e del suo collaboratore Francesco Rando per disastro ambientale stabiliscono dopo quindici anni la colpevolezza di quella mancata messa in sicurezza e le sue disastrose conseguenze. Oltre all’avvelenamento delle matrici ambientali, la fuoriuscita di biogas e percolato dagli invasi colmi ha causato col tempo frane e spaccature nei terreni, densamente popolati, adiacenti alla discarica. Tutto questo in mancanza del piano di evacuazione imposto dalle normative per i siti a rischio ecologico.

Nel 2011 viene aperta la prima procedura di infrazione da parte della Commissione Europea per la violazione della direttiva 1999/31 che vieta il conferimento in discarica di rifiuti non trattati.
Di modo da evitare le sanzioni pecuniarie da parte della Commissione Europea e porre fine alle continue proroghe alla chiusura della discarica, nel luglio 2011 il consiglio dei ministri proclama lo stato d’emergenza rifiuti in Lazio e nomina il prefetto Giuseppe Pecoraro commissario straordinario per gestione della dismissione della discarica e l’individuazione di un sito alternativo. I poteri conferiti a Pecoraro con la nomina gli permetteranno di proseguire con la trafila di proroghe alla fine di Malagrotta, fino alle sue dimissioni motivate dalla chiusura davanti a ogni sua proposta. Il suo successore, Goffredo Sottile, dopo anni di impasse decisionale e di promesse alla popolazione della Valle Galeria riuscirà a chiudere la discarica di Malagrotta nel settembre 2013.

Nonostante i numerosi studi attestanti la pericolosità dello status quo e gli appelli dell’ARPA a una messa in sicurezza del sito, i lavori inizieranno entro quest’estate, a undici anni dalla fine di Malagrotta.
L’11 giugno il Comitato Valle Galeria Libera ha incontrato il commissario incaricato della messa in sicurezza di Malagrotta Generale Vadalà sottoponendo ai municipi coinvolti la richiesta di un incontro informativo aperto alla cittadinanza sull’andamento delle procedure riguardanti la messa in sicurezza.

Contestualmente, anche alla luce della condanna di Cerroni e Rando, sarebbe importante rendere conto alla cittadinanza dello stato del procedimento di rivalsa avviato nel 2022 da parte della Regione nei confronti della società E. Giovi S.r.l., commissariata dal 2018, che gestisce la discarica. Quest’ultima ha contribuito, con la malagestione del sito, a causare la tragica situazione attuale, e quindi la necessità della messa in sicurezza. Il procedimento di rivalsa avrebbe la funzione di indurre chi ha causato la fonte di inquinamento a pagare, in questo caso, per il contenimento dell’inquinamento. Il procedimento dovrebbe permettere che il principio “chi inquina paga”, cardine delle politiche ambientali europee, venga rispettato, evitando che a rimediare ai danni causati dai privati siano le risorse della collettività, in questo caso coi fondi anticipati dalla Regione Lazio.

Inoltre, data la brevità dei tempi previsti per un lavoro di ingenti dimensioni e il fallimento dei precedenti tentativi di circoscrivere l’inquinamento dell’area, un incontro informativo con il pubblico sarebbe di fondamentale importanza per assicurare sull’efficacia dell’intervento.

Infine, a fronte dei progressi riguardo alla messa in sicurezza è inevitabile notare come la valle Galeria continui a ricoprire il ruolo di zona di sacrificio su cui esternalizzare l’emergenza rifiuti di un’intera area metropolitana. Lo testimoniano l’aumento costante della mole di rifiuti indifferenziati destinati al sito di trasferenza AMA di via Malnome e il piano di realizzare un Biodigestore a Casal Selce, a una distanza di soli tre chilometri dalla discarica di Malagrotta. 

In breve, se da una parte si cerca di superare una storia di ritardi e di promesse mancate e di stabilire le responsabilità dietro alla tragica situazione attuale, dall’altra il sacrificio di Malagrotta non sembra trovare una fine. 

 

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