L’inazione è letale e deve essere sanzionata. Per questo, le cause climatiche continueranno ad essere depositate

L’emergenza climatica ed ecologica rappresenta la più grave minaccia esistenziale che l’umanità intera abbia mai affrontato. Quasi trent’anni fa – pienamente consapevoli dell’urgenza di una risposta globale rapida ed efficace – gli Stati si sono vincolati a fare la propria parte per garantire una riduzione drastica delle emissioni clima-alteranti e scongiurare così uno sconvolgimento irreversibile delle condizioni che permettono l’abitabilità del pianeta. Quasi trent’anni fa. Ma le firme sui trattati internazionali e le altisonanti dichiarazioni d’intenti non sono evidentemente bastate per assicurare una via di fuga da una realtà già oggi drammaticamente marcata da fiamme, inondazioni e innumerevoli fenomeni climatici estremi. Le Nazioni Unite hanno di recente riconfermato che la comunità degli Stati è ben lontana dal sanare i ritardi accumulati. Le emissioni di gas serra sono destinate ad aumentare esponenzialmente nel prossimo decennio, con un incremento della temperatura media globale di almeno 2.7°C entro la fine del secolo. Una proiezione ben lontana da quell’1.5°C che il consenso scientifico ha identificato come un’ultima soglia di sicurezza da non sforare.

Di fronte a questa allarmante inazione, negli ultimi sei anni sono proliferate in tutto il mondo centinaia di cause legali intentate da ONG e cittadini nei confronti degli Stati, chiamati a rispondere delle loro inadempienze e fallimenti nel contrasto all’emergenza climatica. Nel 2019, la vittoria del caso olandese Urgenda ha cambiato il corso della storia: per la prima volta, un governo è stato condannato da una corte suprema a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra nazionali. L’influenza di questa sentenza è stata dirompente e i risultati ottenuti dal movimento mondiale delle climate litigation continuano ad essere incoraggianti, come dimostrano i successi ottenuti nel solo 2021: ad aprile, la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato che l’inazione climatica della Germania viola le libertà fondamentali delle giovani generazioni; a giugno, le carenze climatiche del Belgio sono state identificate come una violazione dei diritti umani. E negli ultimi mesi, il governo francese è stato sanzionato due volte: sia per i ritardi accumulati in passato, sia per l’assenza di una strategia efficace di riduzione delle emissioni nei prossimi dieci anni.

Ancora non ci è dato sapere se i negoziati della COP26 riusciranno a scongiurare il peggio e a imporre un’inversione di rotta efficace, prima che gli effetti nefasti dell’emergenza climatica diventino incurabili. Ma una cosa è certa: l’inazione è letale e deve essere sanzionata. Per questo, le cause climatiche continueranno ad essere depositate. Continueranno a smascherare il grande tradimento degli Stati, la cui coscienza è macchiata da più di trent’anni di carenze. Continueranno a promuovere una vera giustizia climatica, affinché gli equilibri naturali che garantiscono la tutela della vita e della dignità umana vengano protetti da chi ha il potere – e il dovere – di farlo.

 

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