La filiera tossica delle armi minaccia Anagni e Colleferro
Ad Anagni c’è un capannone dove vanno a morire esplosivi e munizioni. È l’ex Winchester, stabilimento della società franco tedesca KNDS, uno dei principali produttori europei di sistemi militari terrestri.
Anche i prodotti bellici hanno una scadenza, a un certo punto bisogna indirizzarli verso la “demilitarizzazione”, così viene chiamato il fine vita del munizionamento. Si separano i componenti inerti da quelli esplosivi, una parte finisce in discarica e quel che resta dell’ordigno viene reimpiegato per usi civili, per esempio nelle cave, oppure per abbattere un ecomostro.
Quando non è possibile agire in questo modo, il destino dell’esplosivo è l’inceneritore. Così, la deflagrazione segna l’epilogo delle munizioni che non hanno provocato morte e distruzione. Ma adesso per Anagni la KNDS ha un piano diverso. L’ex Winchester non può occuparsi soltanto di demilitarizzare: l’ordine che arriva dalla divisione italiana è di sostenere lo stabilimento della vicina Colleferro, dove si producono polveri per l’artiglieria e munizioni di medio e grosso calibro.
Assemblea contro la riconversione: “Riconvertiamo le fabbriche di morte”
Contro questa decisione, sabato 3 maggio alle 16 ci sarà un’assemblea pubblica davanti i cancelli dell’ex Winchester convocata dall’assemblea No War della Valle del Sacco, dai movimenti ecologisti e dai comitati cittadini.
“Il periodo purtroppo – scrivono i promotori – è dei peggiori dove l’accumulo di armamenti è parte della competizione globale. Il confronto con la dimensione internazionale e con le trasformazioni delle nostre società rappresentano l’orizzonte concreto di ogni lotta territoriale”. A guidare la manifestazione sarà lo storico striscione delle mobilitazioni del basso Lazio: “Riconvertiamo le fabbriche di morte”, una richiesta che lega i tanti percorsi di cittadinanza attiva nati da queste parti, soprattutto a Colleferro, cittadina sorta negli ‘3o del Novecento come prolungamento della fabbrica di armamenti, la Bomprini Parodi Delfini, il gigante di ferro che durante la Prima Guerra Mondiale fornì all’esercito la prima bomba a mano italiana, la granata difensiva B.P.D.
Quello striscione potrebbe subire lo sfregio più grande: una fabbrica che smaltisce ordigni che si trasforma in una linea di produzione di esplosivi.
Maledetti e subito
Il progetto di riconversione porta con sé una sostanza: la nitrogelatina.
Ricavata dalla sintesi della nitroglicerina, questo materiale molliccio ed esplosivo, necessario per la produzione di propellenti militari, ad Anagni farà precipitare 11 capannoni nei terreni KNDS, per un ampliamento dell’ex winchester ritenuto indispensabile e in linea con le politiche europee di riarmo.
Non è più il momento di disassemblare e di alienare scorte, adesso servono munizioni, il prima possibile. Del resto l’acronimo che dal 2023 regola il potenziamento della produzione europea è ASAP, proprio come “as soon as possible”. Il programma Act in Support of Ammunition Production dispone di 500 milioni di euro per “garantire l’aumento a lungo termine della produzione europea di munizioni a beneficio dell’Ucraina e degli Stati membri dell’UE”.
Far entrare i venti di guerra nell’ex Winchester costerà 40 milioni di euro, uno stanziamento che rientra nel programma ASAP e in una serie di iniziative sullo sviluppo di nuove tecnologie belliche, come ricostruito da Roberto Rosso su Attac. E poi a marzo del 2025 sono arrivate le parole di Ursula Von Der Leyen: “l’Europa è entrata nell’era del riarmo”. La dichiarazione ha accompagnato l’arrivo di 800 miliardi di euro che serviranno a rafforzare le capacità di difesa dell’Unione Europea entro il 2030. Quelle parole si stanno materializzando, arrivano in provincia di Frosinone, pretendono ettari di terra e si trasformeranno in 40 tonnellate di esplosivo al mese.
Una molecola esplosiva in una zona contaminata
L’industria bellica vuole spazio, per ottenerlo ha rubato il vocabolario delle emergenze ambientali. Ora ad Anagni è di “interesse nazionale e strategico” produrre una molecola esplosiva in una zona contaminata dall’inquinamento industriale. Questo scippo di parole lascia un profondo senso di mestizia, soprattutto quando bisogna accertare che l’operazione della KNDS avverrà dentro “Il Sito d’Interesse Nazionale” del bacino del fiume Sacco, ossia una zona riconosciuta dallo Stato come altamente inquinata, dove ci sono ancora migliaia di ettari interdetti all’uso umano e agricolo, dove non si può allevare, né tantomeno pensare di investire nell’apertura di una grande attività produttiva.
L’ex Winchester si trova a pochi metri di distanza dal casello autostradale “La Macchia”, nome che arriva dall’ultimo lembo di foresta della Valle del Sacco che circonda la fabbrica. A pochi chilometri c’è anche il Rio Mola Santa Maria, il piccolo affluente del Sacco che nel 2005 subì uno sversamento di cianuro nelle proprie acque. L’avvelenamento portò alla morte di trenta mucche e alla scoperta di una sostanza tossica che scorre ancora nel fiume e nel sangue di chi ha bevuto e mangiato i prodotti locali.
È lo scarto dell’insetticida lindano, si chiama beta esaclorocicloesano, una molecola di sintesi smaltita sulle sponde del fiume, sotterrata nei terreni della Caffaro, l’azienda che a Colleferro ha prodotto l’insetticida fino agli anni ‘70. La sostanza è un interferente endocrino, cioè un composto che minaccia il sistema ormonale, lo destabilizza portando problemi di infertilità e un aumento del rischio di sviluppare diversi tipi di tumori. Dal 2009 la popolazione della Valle del Sacco è sotto indagine epidemiologica, molti cittadini oggi rientrano all’interno del progetto Indaco, un percorso di monitoraggio sanitario che indaga gli effetti del beta esaclorocicloesano nelle persone che vivono a un chilometro dal fiume.
Il lascito tossico dell’industria
Il lascito tossico delle industrie di Colleferro si unisce alle tante eredità inquinanti dell’alta ciociaria e ai fumi di una fabbrica che fino al 2020 ha invaso Anagni con una nube nera generata dai rottami d’auto bruciati nei forni della Marangoni, azienda che produce pneumatici e componenti per l’industria dell’automobile.
L’area industriale della città dei papi è un po’ il cimitero dell’economia lineare, un luogo dove intonare l’eterno riposo alla materia ripudiata dal mercato, trovando nelle fiamme l’unica soluzione per liberarsi dei rifiuti peggiori. Ma queste attività di smaltimento non hanno mai avuto la benedizione dei cittadini, soprattutto di chi si è visto togliere pezzi di terra, possibilità di lavoro, ricevendo in cambio solo disoccupazione e diossina.
A leggere Anagni come spazio di conflittualità ambientale ci aiuta Letizia Roccasecca, voce storica delle proteste ecologiste, attivista che ha scelto di portare la sua storia nelle lotte sociali della Valle del Sacco.
“Il 21 marzo del 2009 ci trovammo tutti dentro una nube nera di car fluff. Non è niente, non è niente dicevano. Poi si è scoperto che il nostro terreno era inquinato dalla diossina, è tutt’ora inquinato. Da 16 anni viviamo con un’ordinanza che ci impedisce di coltivare e di allevare.
Mi hanno ammazzato le galline perché le uova erano piene di diossina, poi negli anni mi sono confrontata con tante persone, alcune continuano a negare tutto, altre lottano, ci siamo messi insieme e abbiamo lottato per fermare l’inquinamento, per chiedere la bonifica.
Adesso non possiamo accettare una fabbrica che porta morte”, racconta.
Un nuovo impianto bellico ad Anagni
L’ampliamento dello stabilimento di Anagni richiede una serie di autorizzazioni, tra cui la Valutazione d’Impatto Ambientale. A rilasciare la VIA è la Regione Lazio, che ora dovrà esaminare lo studio d’impatto presentato dalla società in cui si parla della congiunzione tra le due fabbriche d’armi:
“La realizzazione di questo impianto permetterà alla ditta KNDS di approvvigionare la nitrogelatina per le proprie produzioni presso lo stabilimento di Colleferro direttamente da un impianto a pochi km di distanza dallo stabilimento. Infatti, la KNDS AMMO ITALY SPA (ex SIMMEL Difesa), produce presso lo stabilimento di Colleferro, polveri per artiglieria di varie formulazioni con un processo definito al solvente”, si legge nello studio.
Nessuna bonifica, solo automatismi bellici
L’ultimo erede dell’industria bellica di Colleferro, l’ex Simmel Difesa, vuole una garanzia di approvvigionamento vicino casa. In un territorio dove il Km0 è ancora negato alle agricolture locali, questa richiesta di autorizzazione diventa un atto violento e tossico.
Tra tutte le misure di contenimento, la più dolorosa è stata l’abbattimento di 6mila mucche e 4mila pecore negli allevamenti della provincia di Frosinone.
Alcune aziende agricole non hanno retto il colpo, altre sono riuscite a rinascere ,altre ancora sono parte di un progetto di ricerca basato su colture sperimentali che potrebbero essere meno sensibili al rischio contaminazione.
Come in tanti S.I.N., anche ad Anagni ci sono state operazioni di messa in sicurezza, che non sono bonifiche: si limitano i danni ma le terre restano inquinate e precluse alla comunità.
La bonifica dovrebbe essere condizione necessaria per qualsiasi investimento. Ma a quanto pare la tossicità della guerra sovrasta tutto.
“Questo insediamento industriale va nella direzione opposta rispetto ai desideri dei comuni e degli abitanti della zona. In un territorio inquinato servono cure, ospedali, presidi di medicina territoriale e nuove economie locali.
Non possiamo accettare un sito ad alto rischio rilevante nella nostra città.
A chi parla di posti di lavoro in arrivo va risposto che è atroce pensare la Valle del Sacco con questa prospettiva di crescita, uno scenario in cui per lavorare bisogna legarsi alle fabbriche di armi.
E poi bisogna anche essere onesti: parliamo di una linea di produzione altamente automatizzata, quindi l’impatto occupazionale sarà minimo”, spiega Emanuele Ricchetti della coalizione civica LiberAnagni.
Una filiera corta di guerra
Accostare la nitrogelatina in arrivo ad Anagni con i veleni che ancora scorrono nella Valle del Sacco è un esercizio utile per capire il tempo politico che viviamo.
In una zona che lo Stato riconosce come inquinata, quella delle armi è l’unica filiera corta possibile.
Alessandro Coltré ha parlato de La Valle Del Sacco e del lindano anche nel podcast di A Sud, Fandango Podcast e Valori.it, Molecole – Storie di legami e di veleni, con Rita Cantalino.