Sguardo sul Festival della Coop. Internazionale

Dall’8 al 14 Ottobre, la II edizione del Festival della Cooperazione Internazionale, dedicato quest’anno a salute globale, ambiente e giustizia sociale, ha trovato ospitalità nella città pugliese di Ostuni, diramandosi anche a Brindisi, Cisternino, Taranto, Latiano e Lecce, con una serie di convegni e mostre sui temi dell’ambiente, della salute, dei diritti e dell’interculturalità, nella cornice degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030.

Diversi gli ambiti e gli ospiti autorevoli che hanno trattato tematiche importanti, sviluppandole in riflessioni, concentrate, sia sulla scala locale, che globale.

Simbolo di questa doppia ottica è sicuramente l’esperienza di collaborazione formativa fra il Centro Servizi Globale delle Nazioni Unite (UNGSC) e il Liceo E. Palumbo di Brindisi, che hanno sviluppato il progetto “Beat Plastic Pollution” mediante lavoro di ricerca e monitoraggio della qualità delle acque e delle coste.

I risultati dello studio hanno evidenziato che l’84% dei rifiuti presenti in mare è composto da materiali plastici (seguiti dal vetro con il 4%) e come una quota parte di questa percentuale (circa il 15%) provenga da attività di pesca e acquacoltura, che rappresentano un importante settore dell’economia locale.

Come evidenziato già da molti studi e report, la pericolosità delle plastiche in mare risiede nei processi di degradazione, cui vanno incontro e che portano alla formazione delle microplastiche, che a causa delle dimensioni particolarmente ridotte, (inferiori al millimetro), influiscono sulle catene alimentari e sugli ecosistemi.

Ma l’acqua contaminata non è solo quella del mare: durante la presentazione “Acqua: la più abbondante fra le risorse scarse”, la docente Margherita Ciervo dell’Università di Foggia, ha evidenziato il numero elevatissimo (circa 1,5 miliardi) di persone nel mondo che, ancora oggi, non hanno accesso all’acqua potabile. Seguendo, infatti, un approccio tipicamente economico, il valore della risorsa idrica, è soggetto ad una curva di domanda e di offerta, esattamente come qualsiasi altro prodotto di mercato.

La domanda dipende da diversi fattori come la crescita demografica, il sistema produttivo, lo stile di vita e la concentrazione urbana. Nel sistema produttivo capitalista, la maggiore percentuale di consumo d’acqua è da imputare ad agricoltura e allevamento industriale. Da questo derivano le conseguenti variazioni degli stili di alimentazione degli ultimi 50 anni, su cui il sistema globalizzato si basa e agisce a sua volta sull’aumento dei consumi.

L’offerta invece può subire delle variazioni in termini quantitativi e qualitativi, poiché i diffusi processi di contaminazione ne compromettono l’utilizzo.

Nel 2010 l’ONU ha dichiarato l’acqua, un diritto umano universale. La scarsità di questa risorsa la rende assoggettabile, infatti, alle politiche di gestione delle società private (Ricordiamo a tal proposito il Referendum in Italia del 2011), e può portare ad eventi estremi come la Guerra dell’acqua a Cochabamba in Bolivia del 2000 (https://goo.gl/6FiEyf), dove il popolo – in seguito all’aumento esorbitante dei costi del servizio idrico – scese in piazza contro la multinazionale Bechtel incaricata della sua gestione, imponendo al governo di revocare la concessione del servizio.

Tema di collegamento di tutti questi argomenti affrontati durante la settimana della Cooperazione Internazionale, è la Giustizia Ambientale, su cui Cristina Mangia, ricercatrice dell’ISAC-CNR, si è soffermata, mettendo in evidenza, che le persone non sono esposte allo stesso modo ai rischi ambientali.

Da uno studio condotto sugli abitanti di alcuni quartieri di Taranto è emerso che la mortalità non dipende solo dal livello di inquinamento ambientale, ma anche dalla condizione socio-economica di chi vive in una determinata area.

a partire dalle malattie legate all’insalubrità dell’acqua fino ad arrivare a quelle connesse alla qualità dell’aria, risulta sempre più chiaro che La qualità dell’ambiente in cui viviamo influenza fortemente il nostro stato di salute. In tal proposito il presidente dell’ISDE (Associazione Italiana Medici per l’Ambiente) Brindisi, ha sottolineato come l’inquinamento atmosferico può concorrere all’insorgenza di malattie respiratorie o cardiovascolari, più comunemente, ma anche di malattie, ad oggi molto comuni, come il diabete. Infatti, le nanoparticelle (provenienti anche dal traffico veicolare) possono introdursi nell’organismo, raggiungere il pancreas e creare disfunzioni con gravi effetti per il corpo.

Il Festival è stato promosso da AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) e RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), con il sostegno della Regione Puglia e di diversi Comuni e in collaborazione con enti, associazioni e università del territorio, il cui messaggio condiviso è sintetizzabile nelle parole di Francesco Colizzi, coordinatore dell’evento:

“La visione matura dello sviluppo sostenibile che è sottesa all’Agenda ONU 2030, con i suoi 17 obiettivi di Sviluppo Sostenibile, ci spinge a considerare fondamentale il raggiungimento dell’equità tra le generazioni umane attualmente viventi sulla Terra, ma anche a ritenere altrettanto essenziale operare per l’equità tra le generazioni attuali e quelle che verranno, secondo un’etica della responsabilità esplorata non solo dai filosofi, ma anche dalla comunità scientifica globale. […] I problemi creati dall’umanità sono globali e progressivi. Raoul Follereau aveva intuito tutto questo e nella sua preghiera per l’anno 2000 chiedeva perdono per il male arrecato dall’uomo alla Natura e a sé stesso. […]

Non è troppo tardi perché le maggiori istituzioni e imprese del mondo si uniscano per salvare la Terra, ma la collaborazione deve avvenire nei termini del pianeta”.

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