Giudizio Universale arriva in Corte d’Appello
Presentato l’appello contro la decisione di primo grado del contenzioso climatico contro lo Stato. Allegato agli atti un nuovo report scientifico commissionato da A Sud. Secondo gli scienziati “l’Italia ha già esaurito il suo carbon budget”.
COMUNICATO STAMPA
L’azione legale A Sud e altri contro lo Stato Italiano, primo contenzioso climatico in Italia meglio noto come “Giudizio Universale”, è stata lanciata nel 2021 dall’organizzazione ecologista A Sud assieme a circa 200 ricorrenti tra associazioni e individui, di cui molti minori.
Roma, 9 ottobre 2024– Dopo una sentenza di primo grado deludente e in controtendenza rispetto ai trend di altri paesi europei, i ricorrenti di Giudizio Universale tornano in tribunale rafforzati dagli esiti positivi di altri contenziosi andati a sentenza fuori dei confini nazionali. Questa volta a decidere sulla sentenza di inammissibilità per “difetto assoluto di giurisdizione” della giudice di primo grado sarà la Corte d’Appello del Tribunale Civile di Roma.
“Contrariamente a quanto stabilito da diversi Tribunali europei, il Tribunale di Roma ha sostenuto l’inesistenza del diritto dei ricorrenti a chiedere di essere tutelati dalle conseguenze dell’emergenza climatica e l’insindacabilità delle scelte dello Stato italiano in tale ambito, in nome della separazione dei poteri.” ha commentato il team legale a margine del deposito dell’atto di appello.
“Una sentenza che abbiamo accolto con grande delusione e che ci sembra ancor più paradossale oggi, in un panorama preoccupante di crescente criminalizzazione dell’attivismo ambientale – ha aggiunto Lucie Greyl, coordinatrice della Campagna Giudizio Universale “Chi governa ha reso i tribunali luoghi in cui processare chi difende l’ambiente e non chi lo distrugge. Ma le vittorie in altri paesi di altri gruppi che anche dopo molti anni di battaglia sono riusciti a veder riconosciute le loro istanze ci dicono che siamo sulla giusta strada. E continueremo a percorrerla con determinazione, guardando con fiducia al collegio che dovrà ridiscutere il caso”.
Il ruolo delle recenti sentenze della Corte di Strasburgo in materia climatica
Le possibilità che la pronuncia di primo grado venga ribaltata in appello sono infatti rafforzate dal recente esito di alcuni contenziosi intentati fuori dai confini nazionali, le cui pronunce sono destinate a fare giurisprudenza. Tra esse spiccano le sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nei casi Klima Seniorinnen e altri V. Svizzera e Duarte Agostinho e altri V. Portogallo e 32 altri paesi.
Nel primo caso, la Corte ha condannato il paese elvetico per la mancata adozione di misure in materia climatica, riconoscendo di fatto la relazione tra difesa del clima e tutela dei diritti umani.
Nel secondo caso, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso anche per il mancato esperimento dei rimedi interni rimandando dunque ai giudici nazionali il compito di pronunciarsi sull’adeguatezza delle politiche climatiche e sugli impatti che la mancata azione ha sui diritti umani. La dichiarazione di inammissibilità va dunque interpretata come una devoluzione alle giurisdizioni nazionali delle cause in materia.
“La Corte europea ha di fatto smentito le argomentazioni formulate dal Tribunale di Roma. Confidiamo dunque che la Corte di Appello possa riformarla, stabilendo il principio che i cittadini e la società civile possono rivolgersi a un Giudice per far valere i propri diritti minacciati dall’emergenza climatica, cui contribuisce anche lo Stato italiano per effetto della inadeguatezza delle misure adottate”, ha concluso il team legale, composto dall’avvocato civilista Luca Saltalamacchia e dal docente di diritto climatico Michele Carducci, cui si è aggiunto l’avvocato cassazionista e docente di Diritto Pubblico Antonello Ciervo, anch’egli in affiancamento pro bono.
Allegato all’appello un nuovo report scientifico sul carbon budget italiano
All’atto di appello è stato allegato un nuovo report scientifico “Estimates of fair share carbon budgets for Italy” commissionato dall’Associazione A Sud a tre scienziati del clima di fama internazionale: Setu Pelz, Yann Robiou du Pont e Zebedee Nicholls.
La ricerca analizza il carbon budget dell’Italia, comparandolo al limite di riscaldamento globale di 1,5°C.
Il team di scienziati ha utilizzato gli approcci metodologici basati sull’equità utilizzati dall’ ESABCC (il Comitato scientifico consultivo europeo sui cambiamenti climatici che ha pubblicato nel giugno 2023 il Rapporto ESABCC utilizzato come base dalla Commissione europea per raccomandare l’obiettivo di riduzione delle emissioni dell’UE per il 2040, in fase di adozione formale).
Il Carbon Budget di uno specifico paese è la quantità massima di emissioni cumulative nette di CO2 di origine antropica che il paese in questione può ancora emettere in atmosfera senza compromettere l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a un dato livello (nel caso del report, 1,5°C a fine secolo). Questo calcolo tiene conto di diversi elementi, tra cui le responsabilità storiche emissive.
Il dato che emerge dal report è univoco: secondo tutte le metodologie utilizzate, dalla più alla meno permissiva, gli scienziati confermano che l’Italia ha già esaurito il suo carbon budget (a seconda delle metodologie la data varia dal 2017 al 2023 come anno di riferimento per l’esaurimento della quota di emissioni nazionali compatibili con i target di Parigi).
I commenti del network europeo
Tra le reazioni giunte per l’avvio dell’appello, quella di Sarah Mead, Co-Direttrice di CLN, il Climate Litigation Network nato dalla Fondazione Urgenda, che fornisce appoggio e consulenza ad altre esperienze di contenzioso climatico strategico intentate in altri paesi: “Con l’inizio del secondo grado del contenzioso climatico Giudizio universale, i giudici avranno l’opportunità di ribaltare la sentenza di primo grado, tenendo conto delle richieste urgenti dei cittadini che sono esposti a eventi climatici estremi. Al di là della solidarietà e degli sforzi di soccorso, c’è una questione di responsabilità che il tribunale deve affrontare. La vittoria delle donne anziane svizzere – che è vincolante per l’Italia – ci dimostra che i governi hanno il dovere legale di proteggere i loro cittadini dagli effetti negativi del cambiamento climatico.”
Di supporto e incoraggiamento il messaggio arrivato da Anne Mahrer, attivista dell’ong svizzera Klima Seniorinnen: “Le Anziane per il Clima Svizzera sostengono con convinzione la causa italiana. Siamo liete che la storica sentenza del 9 aprile 2024 della Corte europea dei diritti dell’uomo abbia contribuito a un importante passo avanti per i diritti fondamentali e la protezione del clima. La nostra sentenza costituisce un precedente che riguarda tutti i 46 Paesi del Consiglio d’Europa, compresa l’Italia: sancisce il diritto a una protezione effettiva da parte dello Stato contro i gravi effetti negativi dei cambiamenti climatici sulla vita, la salute, il benessere e la qualità della vita e conferma il diritto a un processo equo (artt. 8 e 6 della CEDU), sottolineando il ruolo chiave svolto dai tribunali nazionali nelle controversie relative ai cambiamenti climatici. È dunque loro responsabilità garantire il rispetto degli obblighi derivanti dalla Convenzione. Questa decisione ci ricorda l’urgente necessità di agire. Offre una speranza per le generazioni future. Perché la protezione del clima è un diritto umano e abbiamo il diritto e il dovere di difenderlo anche nei tribunali !”
I prossimi passi
Salvo rinvii, la prima udienza dell’appello è stata fissata per il 29 gennaio prossimo.
A dispetto dell’urgenza di agire cui è informata, l’azione legale ha dunque davanti altri lunghi mesi di attesa. Un ulteriore paradosso, calcolando che il riscaldamento globale continua invece a galoppare senza aspettare nessuno.
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Alessandro Coltrè +39 3891786343
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