L’Unione Europea ha deciso di dare il via libera alla fusione tra la Bayer e Monsanto, in poche parole il colosso mondiale dell’agrochimico si farà.

Il parere dell’anti Trust comunitario era l’unica chance burocratica per impedire il proliferare dello scempio ambientale. Dopo la riunione in Comitato d’appello del novembre scorso, che ha visto ben 18 paesi UE favorevoli al rinnovo dell’autorizzazione al glifosato per altri 5 anni, è arrivato ieri mattina il decisivo ultima arbitrum dell’Unione Europea. Secondo la commissaria Margrethe Vestager la fusione non intacca la concorrenza di mercato.

Le associazioni ambientaliste si erano già ampiamente battute per combattere possibili scenari di apertura al “pesticidio”. È notorio infatti che il glifosato rappresenta un concreto rischio per la salute umana, così come lo è una simile fusione societaria. Speravamo che almeno l’anti-trust europeo potesse impedire o quanto meno limitare la manovra, invece ancora una volta le istituzioni si sono permesse di prendersi gioco della vita. Ad indignare ancora di più è il fatto che si tratti solo una fusione “condizionata”, cioè la Bayer cederà attività per 7.4% miliardi di euro alla Monsanto, non si può parlare di “posizione di controllo sul mercato”. Rimane ancora in gioco il trasferimento delle attività relative ai legumi alla BASF.

Certamente il contesto economico su cui si è intavolata la trattativa e la fusione è davvero complesso visti i recenti risvolti protezionisti di Trump nei confronti dell’Unione Europea, infatti Washington promette dazi su acciaio e alluminio verso Bruxelles che invece risponde con nuove tassazioni su attività digitali americane. A confondere ancora di più le acque della fusione Monsanto-Bayer sulle regole anti-trust sono stati i due pareri positivi comunitari su altre due unioni dell’industria chimica, quelle avvenute cioè tra la Dow e DuPont e quella tra Syngenta e ChemChina.

Districarsi nel quadro attuale è indubbiamente faticoso, ma certamente l’industria del glifosato può avvalersi di abili “intermediari”. Apriamo quindi sui “Monsanto papers”. La multinazionale statunitense infatti gode da tempo dei servizi di alcuni gruppi di pressione, non era un segreto. Roland Solecki, oggi capo di Dipartimento sulla sicurezza pesticidi e allo stesso tempo fra i promotori della prima autorizzazione commerciale del glifosato soprattutto in Germania. Sul suo conto non possiamo che menzionare il suo rapporto diretto con ILSI, lobby statunitense del chimico e a cui è associata anche Monsanto, autori del brevetto glifosato.

Si può anche dibattere sul fatto che la “BaySanto” avrà quasi certamente l’esclusiva nel monetizzare le analisi e le informazioni relative alle coltivazioni e sulla agricoltura in generale. Un altro aspetto rilevante è che la decisione di ieri ha decretato l’estinzione di altri competitors di mercato in termini di know-how. L’abitudine a creare “nuove” regole di concorrenza è già storia, infatti da tempo la Monsanto effettua lo screening degli agricoltori dando loro delle future soluzioni basate sui propri prodotti. In aggiunta a tutto questo a rendere ancora più ingannevole la garanzia sulla salute e sulla concorrenza di mercato è la mancanza di controllo legale a livello sia nazionale che europeo relativo all’utilizzo dei database delle varie aziende agricole. In tal senso Bayer e Monsanto sono e saranno più avvantaggiate nell’introduzione di digital farming in Europa. Adesso l’ultima parola su questa fusione è del dipartimento di giustizia americano.

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