“Diritto, non crimine | per la MadreTerra e la giustizia sociale, ecologica e climatica” fa il punto sui procedimenti.  Allo stesso tempo esamina i processi e le condizioni legali che di fatto vanno a criminalizzare sempre di più gli eco-attivisti. Il report è risultato di un lavoro collettivo coordinato dalla Rete InDifesadi e da Osservatorio Repressione. Inoltre, è stato prodotto all’indomani della visita di Michel Forst, Relatore Speciale delle Nazioni Unite per i difensori dell’ambiente nell’ambito della Convenzione di Aarhus.

Il rapporto “Diritto, non crimine | per la MadreTerra e la giustizia sociale, ecologica e climatica” è il prodotto di un gruppo di lavoro informale. Il gruppo è stato promosso dalla Rete InDifesaDi e da Osservatorio Repressione. Nasce all’indomani della visita accademica di Michel Forst.

Una rete di solidarietà contro la criminalizzazione degli eco-attivisti

Da allora, legali e avvocati di diversi movimenti si sono incontrati insieme a rappresentanti di organizzazioni come Greenpeace e Amnesty International. Organizzazioni come Yaku, A Sud, Extinction Rebellion e Fridays for Future hanno partecipato. Anche Ultima Generazione, Osservatorio Repressione, Per il Clima e Legal Team Italia erano presenti. CASE Italia si è unita agli incontri per scambiare esperienze, condividendo pratiche di supporto legale ad attivisti ed attiviste.

Negli incontri sono state confermate le preoccupazioni delle organizzazioni. Infatti la comunità internazionale è preoccupata riguardo leggi e processi contro attivisti che praticano la disobbedienza civile e l’azione diretta nonviolenta. Siamo spesso etichettati come criminali, eco-vandali o nemici dell’ordine pubblico. La repressione vissuta in Italia riflette un fenomeno internazionale. Negli ultimi anni, l’Europa ha visto un aumento di questa repressione.

Repressione e urgenza climatica

In Italia, disposizioni normative ad-hoc contrastano le associazioni e i movimenti. Queste normative reprimono o dissuadono dal praticare il loro legittimo diritto a difendere l’ambiente ed il clima. Queste misure risultano in gravi restrizioni delle libertà civili. Infatti la libertà di espressione, associazione e manifestazione sono minacciate.

Negli ultimi mesi, infatti, il paese ha vissuto un’impennata di azioni legali e amministrative contro individui e gruppi che si sono spesi per la giustizia climatica, inclusi arresti, multe e misure preventive – come fogli di via e DASPO.

Tutto ciò stride con l’urgenza dimostrata dai fatti e dall’aggravarsi dell’emergenza climatica che sottende una più ampia crisi di sistema. Il degrado degli indicatori di salute del pianeta è in aumento. Le disuguaglianze sociali crescono di pari passo con la restrizione degli spazi civici.

I dati parlano chiaro. Senza una netta e radicale inversione di tendenza il Pianeta e l’umanità tutta soffriranno sempre più le conseguenze della crescita delle temperature su scala globale.

L'Italia è tenuta a rispettare e tutelare le attività di chi difende i diritti umani.

Questo include anche chi opera al suo interno. Difensori dei diritti umani, secondo la Dichiarazione delle Nazioni Unite, sono coloro che si impegnano per il rispetto dei diritti dell’ambiente.

Questi individui o collettivi praticano la difesa dell’ambiente attraverso pratiche nonviolente.

Criminalizzazione degli eco-attivisti: ci chiamano “Ecoterroristi” ma promuoviamo i diritti umani

Gli attivisti e le attiviste sono spesso descritti dai media come eco-vandali o eco-terroristi. Anche taluna stampa e decisori politici contribuiscono a questa narrazione.

Recentemente, è stato approvato un disegno di legge che inasprisce le pene per gli attivisti. Le nuove leggi prevedono pene pecuniarie e di detenzione per azioni nonviolente in musei o monumenti.

Gli attivisti e le attiviste operano in linea con gli standard internazionali riconosciuti. La tutela e la promozione dei diritti umani sono al centro delle loro azioni.

Pertanto, criminalizzare queste pratiche viola gli impegni internazionali dell’Italia. È fondamentale ribadire la legittimità e l’importanza del loro operato.

Difensori non criminali

Giova ricordare, al riguardo, come i procedimenti giudiziari intrapresi verso chi esercita il proprio diritto a manifestare trovano sempre il loro input in segnalazioni degli organismi di polizia.

Questi procedimenti sembrano rispondere a direttive e decisioni politiche. Non sembrano necessarie per la tutela dell’ordine pubblico o la repressione dei reati.

Le procure e i giudici spesso adottano acriticamente le ricostruzioni della polizia. Tuttavia, in molti casi, le accuse cadono in dibattimento.

Questo accade soprattutto di fronte a condotte non violente. Anche in casi con ipotesi di reato piuttosto “fantasiose”, le accuse vengono archiviate.

Queste dinamiche evidenziano l’uso politico della repressione. La criminalizzazione degli attivisti non risponde a reali necessità di ordine pubblico.

È fondamentale riconoscere la legittimità del diritto a manifestare. La tutela dei difensori dei diritti umani deve essere prioritaria.

Il chilling effect

La gran mole di procedimenti aperti e lo spropositato numero di persone sotto indagine, insieme all’introduzione di reati e di circostanze aggravanti specificamente modellati sulle proteste ambientaliste e ai reiterati aumenti delle pene previste per blocco stradale, hanno prodotto, indipendentemente dall’esito dei procedimenti, quello che viene definito chilling effect ossia un disincentivo ad agire. Ulteriormente aggravato da sanzioni pecuniarie spropositate che di fatto, assieme alle alte spese legali, mirano ad azzoppare la capacità di iniziativa delle associazioni e movimenti, di fatto pregiudicando il diritto alla libertà associazione.

Normative sempre più repressive

Nel corso del nostro lavoro di analisi ed elaborazione collettiva abbiamo potuto trovare ulteriore conferma del fatto che sotto un profilo strettamente giuridico, negli ultimi anni si sia in primo luogo assistito a un irrigidimento della normativa sanzionatoria, con l‘innalzamento delle pene e l’introduzione di nuove fattispecie penali e/o di circostanze aggravanti che introducono trattamenti sanzionatori irragionevoli rispetto alle condotte concretamente tenute. Queste modifiche hanno, di fatto, costruito un diritto penale speciale per gli attivisti, e per gli attivisti ambientali in particolare, che contrasta sia con il principio di generalità ed astrattezza delle norme penali sia con i principi in materia di libertà di manifestazione del pensiero e di diritto di protesta sancite dalla Costituzione e dal diritto internazionale.
Una vera e propria criminalizzazione degli eco-attivisti.

Una chiara criminalizzazione

Le conclusioni del nostro lavoro di ricerca sono chiare: l’Italia, il governo, il Parlamento attraverso le loro iniziative, le narrazioni, le leggi mirate a contrastare, delegittimare, criminalizzare, denigrare chi protegge la Madre Terra e il clima violano o pregiudicano sistematicamente gli impegni presi a livello internazionale per quanto concerne i diritti umani, la difesa dei diritti umani e dell’ambiente, il diritto alla libertà di espressione e di associazione.

CHE COSA SI CHIEDE

  • Contrastare le narrazioni che dipingono i difensori dell’ambiente e i loro movimenti come criminali, riconoscendo pubblicamente l’importante ruolo svolto dai difensori e dalle difensore dell’ambiente e del clima e promuovere la tutela delle loro libertà di espressione, riunione pacifica e associazione astenendosi da qualsiasi forma di stigmatizzazione delegittimazione, denigrazione o criminalizzazione verso gli stessi.
  • L’uso ricorrente di pratiche di disobbedienza civile da parte di movimenti ambientalisti e per la giustizia climatica non deve costituire il pretesto per limitare lo spazio civico e l’esercizio delle libertà fondamentali.
  • Qualsiasi misura o pratica quali il ricorso a misure di contrasto al terrorismo o alla criminalità organizzata che risultino in un effetto dissuasivo sull’attivismo ambientale e climatico andrà prontamente abbandonata.  
  • Andrà garantito che l’operato del settore giudiziario ed eventuali sentenze comminate riguardo i casi di protesta ambientale e per la giustizia climatica che comportino effetti dirompenti per l’ordine pubblico non contribuiscano alla restrizione degli spazi di agibilità civica o alla violazione dei diritti civili ed ambientali sottoscritti dall’Italia.

 

LEGGI LA VERSIONE INTEGRALE DEL RAPPORTO A QUESTI LINK:

www.indifesadi.org

www.osservatoriorepressione.info/

 

Scopri come puoi sostenere l3 attivist3 di A Sud: asud.net/sostienici

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