Diario da Belém – giorno 6
15 novembre 2025
Sono arrivati ieri, a metà cammino della Cop, i dati sulla presenza dei lobbisti alla conferenza di belem. Anche quest’anno si tratta di dati rilevanti: su ogni 25 persone accreditate al vertice, uno è un lobbista dei combustibili fossili,In totale sono oltre 1600
Secondo la campagna Fossil Free Politics e la coalizione internazionale Kick big polluters out, è in proporzione “la più grande presenza mai registrata” ai negoziati sul clima, con un +12% rispetto alla cop29 di baku.
La delegazione fossile supera ancora una volta quella di tutti gli stati (tranne il brasile, paese ospitante) e anche, in numero, le delegazioni dei 10 paesi più vulnerabili emesse assieme.
Anche in questo vertice, che dovrebbe scrivere la storia dell’abbandono delle fonti fossili, siedono ai tavoli negoziali anche coloro che hanno più interesse a ritardarlo. Un paradosso che mette in dubbio la credibilità stessa del sistema delle cop, con L’unfccc non si è ancora dotata infatti di misure per impedire che questo gigantesco conflitto di interessi si perpetuo cop dopo cop.
Alcuni passi avanti sono stati fatti, sia sulle regole di trasparenza, che in termini di pressione istituzionale (li spiego tutti nel lungo articolo uscito ieri su Altreconomia)
ad esempio il commissario UE per il clima ha accolto la richiesta di non accreditare lobbisti nella delegazione ue. Bene ma non benissimo, visto che ben 9 stati membri hanno accreditato all’interno delle delegazioni ufficiali ben 84 lobbisti. Tra essi spiccano i 22 lobbisti francesi, 19 svedesi e al terzo posto, i 12 lobbisti al seguito del governo italiano in rappresentanza di Enel, Edison, Acea, Confindustria e un consigliere di Snam registrato nella delegazione della Venice Sustainability Foundation.
Nonostante i passi avanti, siamo ancora lontani dall’obiettivo di fissare rigiri criteri che impediscano finalmente alle imprese fossili di partecipare o sponsorizzare i negoziati.
Lobbisti dentro dunque, ma indigeni fuori.
Ieri è stata infatti anche la giornata di un’altra mobilitazione indigena, in particolare del popolo Munduruku, che hanno bloccato per alcune ore l’ingresso principale all’esterno della COP30 a Belém impedendo l’ingressp e esibendo striscioni con lo slogan “La nostra terra non è in vendita” contro agrobusiness, dell’estrazione petrolifera e mineraria in’Amazzonia. Il presidente della conferenza, do Lago, li ha ricevuti impegnandosi a dare seguito alle loro richieste
Se ci fosse da riassumere la sesta giornata della cop, “Meno fossili, più popoli” sarebbe il titolo perfetto.
E si continua oggi: tra poche ore saremo in piazza per la giornata di mobilitazione globale cui si uniranno manifestazioni parallele in molte altre città del mondo . Tra esse Roma, dove l’appuntamento è alle 14 a piazzale Aldo Moro, con il Climate Pride la parata per la giustizia climatica.
Il Diario di A Sud dalla COP è curato da Marica Di Pierri e Laura Greco da Belem.