Diario da Belém – giorno 4
13 novembre 2025
Nella tarda serata di martedì, quando la giornata di lavori sembrava ormai finita, c’è stato il primo colpo di scena della Cop30 in corso a Belem. Un nutrito gruppo di attivisti, tra cui molti rappresentanti indigeni, hanno forzato una delle barriere di sicurezza e invaso le sale della zona blu del vertice, riservata ai delegati accreditati.
“Questo è per noi un momento di rivolta e di indignazione, vogliamo i nostri territori liberi dall’agrobusiness, dall’estrazione petrolifera e mineraria e dallo sfruttamento forestale” queste le parole del leader indigeno Gilmar da Tupinamba riprese dai media di tutto il mondo.
L’espansione della frontiera estrattiva in amazzonia è la principale contraddizione rinfacciata da movimenti e comunità indigene al governo Brasiliano.
La rete CAN America Latina, che riunisce oltre 70 organizzazioni, ha firmato una dichiarazione in cui condanna la scelta del brasile di mettere all’asta 172 nuovi blocchi petroliferi, 68 dei quali in Amazzonia, una mossa che mette in pericolo stabilità climatica, biodiversità e credibilità del Brasile come paese ospitante della COP30.
Anche l’Ex ministra dell’ambiente colombiana Susana Muhamad, già presidente della Cop16 sulla biodiversità, ha chiesto al governo brasiliano di dichiarare l’Amazzonia zona di non proliferazione fossile.
Muhamad lo ha chiesto da una delle circa 200 barche che ieri mattina hanno composto la flotilla per la giustizia climatica. 5000 persone, provenienti da oltre 60 paesi, hanno solcato il Rio delle Amazzoni per inaugurare la Cupula dos Povos, il vertice sociale che affollerà il campus dell’università federale del parà fino a domenica 16 novembre.
La cupula segna il ritorno a una grande partecipazione popolare dentro e fuori le Cop, dopo anni in cui la partecipazione è stata compressa quando non repressa.
E A proposito di repressione: due giorni fa un’altra protesta ha richiamato l’attenzione su un altra emergenza silenziosa. Gli assassini di giornalisti e difensori in prima linea per l’ambiente.
Gli attivisti si sono sdraiati davanti all’enorme scritta Cop30 dinanzi alla sede della Cop coprendosi con lenzuola bianche dedicando l’azione a tutte le vittime e al ricordo di berta caceres, leader indigena assassinata in honduras nel 2016 e divenuta simbolo della lotta contro la criminalizzazione.
Nell’ultima edizione del suo report annuale Global witness ha contato nel 2024 146 omicidi di difensori dell’ ambiente.
Di questi, 119 erano latinoamericani. Al primo posto la colombia, con 48 assassini. Il Brasile che ospita la Cop è al 4 posto con 12 assassini, uno al mese.
Anche nel nostro paese infatti è in corso un progressivo restrgimento del diritto di protesta, che riguarda anche l’ecoattivismo. Col decreto ecovandali prima e la legge sicurezza poi, si sono moltiplicate le repressioni di piazza, i procedimenti penali contro attivisti e le querele temerie contro giornalisti non allineati. L’Italia è stata cosi retrocessa al 37 posto del democracy index, passando da democrazia completa a imperfetta.
Pur con le dovute differenze rispetto a contesti che minacciano la vita, la tutela di attivismo e informazione libera da atti repressivi è oggi un tema che, bene ribadirlo, riguarda anche noi.
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Il Diario di A Sud dalla COP è curato da Marica Di Pierri e Laura Greco da Belem ed è parte del podcast di rassegna stampa quotidiana “Scanner” di Valerio Nicolosi per Fanpage.