Diario da Belém – giorno 3
12 novembre 2025
Ieri, 11 novembre alla COP30 si sono concluse le prime due giornate tematiche, dedicate a adattamento, città, infrastrutture, acqua, rifiuti, bioeconomia, economia circolare, scienza, tecnologia e intelligenza artificiale.
Di sicuro uno dei temi centrali di questa COP è l’adattamento, considerata la necessità di dover chiudere un accordo sul Global Goal on Adaptation, un obiettivo globale che si sono dati gli Stati per misurare i progressi, condividere dati e fissare standard comuni per valutare se stiamo davvero diventando più resilienti al cambiamento climatico.
Ieri i lavori si sono concentrati su come rendere sistemi e territori più resilienti di fronte agli impatti climatici, si è discusso di soluzioni integrate tra innovazione, tecnologia, pianificazione urbana che possano preparare società agli impatti della crisi climatica.
E’ stato reso operativo Il Fondo per Perdite e Danni (FRLD) che ha lanciato la prima call per raccogliere 250 milioni $, Il meccanismo finanziario creato per sostenere i Paesi più vulnerabili a far fronte ai danni irreversibili causati dalla crisi climatica — come uragani, siccità estreme o innalzamento del mare — quando ormai è troppo tardi per adattarsi o prevenire.
Le banche multilaterali di sviluppo hanno annunciato che, dal 2019, hanno raddoppiato il loro sostegno agli investimenti per l’adattamento, erogando oltre 26 miliardi di dollari nel 2024 a favore delle economie a basso e medio reddito. Per rafforzare ulteriormente questo impegno collettivo verso gli investimenti in adattamento, le MDBs hanno lanciato un nuovo quadro per la finanza della natura, che include indicatori e criteri per il monitoraggio dell’uso dei fondi per rendere, secondo le stesse banche, più “attrattivi i capitali naturali”.
A Ottobre, l’Adaptation Gap Report pubblicato dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep) aveva denunciato uno stanziamento di fondi globalmente insufficiente per la sfida che l’adattamento poneva. Nel report si dichiarava chiaramente che «il mondo si prepara alla resilienza climatica – ma senza i soldi per arrivarci». Ricordiamo che nonostante l’Italia sia arrivata a Belém con l’intenzione di discutere prioritariamente le questioni relative all’adattamento, ad oggi non vi sia uno stanziamento di
Secondo il Report la pianificazione sta avanzando: 172 Paesi su 197 hanno oggi una strategia o un piano nazionale di adattamento, e quasi tutti gli altri (tranne quattro) stanno lavorando per dotarsene. Tuttavia, 36 di questi piani sono datati o mai aggiornati negli ultimi dieci anni. Inoltre, il 59% dei Paesi ha integrato almeno parzialmente l’adattamento in politiche non climatiche secondo un approccio mainstream che sarebbe necessario per guardare alle sfide climatiche in maniera sistemica.
Il rapporto stima che nei paesi in via di sviluppo, nel 2035, l’ammontare annuale necessario per l’adattamento sarà circa US$ 310 miliardi/anno. Una cifra ancora molto lontana dai numeri citati ieri.
Da ieri hanno preso il via anche le iniziative sociali a Belem, dove stanno piano piano arrivando tutte le delegazioni dei movimenti sociali, indigeni ed ecologisti per partecipare alla Cupula dos Povos che aprirà ufficialmente i battenti domani.
Tra gli eventi paralleli alla COP di ieri, durante la sesta e ultima sessione del Tribunale dei Diritti della Natura, un tribunale etico che ha come obiettivo esaminare casi di violazini dei Diritti della Natura, si è discusso sulla necessità di riflettere su come gli strumenti finanziari messi in campo dalla governance climatica siano realmente efficaci. Senza partecipazione delle comunità e delle popolazioni che dovrebbero gestire tali fondi, la finanza climatica rischia di essere un’azione a vantaggio di lobby di mercato. Vanno cambiati i dispositivi decisionali a monte, per garantire una ricaduta positiva sui territori e i paesi che vivono o hanno vissuto danni a perdite per il cambiamento climatico.
Alla Cupula si attendono oltre 400 organizzazioni sociali tra i 30 e i 40 mila attivisti, la piuù grande partecipazione del movimento indigeno ad una COP. Arrivano da ogni angolo dell’Amazzonia con le barche, costruire una mobilitazione collettiva che dica agli Stati che non c’è più tempo.
Da oggi si parlerà di temi cruciali ma in una prospettiva critica. False soluzioni, riparazione storica, cattura corporativa o greenwashing, superamento dell’economia fossile, riconoscimento dei diritti territoriali, difesa dei difensori della terra saranno solo alcuni dei temi della centinaia di panel che si terranno nei prossimi giorni all’Università….. . Un’articolazione sociale che culminerà nella manifestazione del 15 novembre.
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Il Diario di A Sud dalla COP è curato da Marica Di Pierri e Laura Greco da Belem ed è parte del podcast di rassegna stampa quotidiana “Scanner” di Valerio Nicolosi per Fanpage.