Diario da Belém – giorno 2

A Belém Lula apre la Cop30 parlando di crisi climatica come crisi di disuguaglianza, mentre il suo governo autorizza nuovi progetti fossili. Il nodo resta sempre lo stesso: senza giustizia fiscale e sociale, la transizione non libera nessunə.


11 novembre 2025

Ad inaugurare il primo giorno di cammino della Cop30 verso la difficile missione di riportare il tema dei cambiamenti climatici al centro delle priorità internazionali, è stato ieri a Belem il padrone di casa, Lula da Silva. 

Il presidente Brasiliamo lo ha fatto parlando una lingua più vicina a movimenti e società civile di quanto interventi istituzionali ci abbiano abituato a sentire:

“L’emergenza climatica è una crisi di disuguaglianza, ha detto, una crisi che esacerba la logica perversa che definisce chi è degno di vivere e chi deve morire. La transizione deve essere equa e contribuire a ridurre le disparità tra il Nord e il Sud del mondo”. Ha poi richiamato lo sciamano indigeno yanomami Davi Kopenawa “il pensiero in città è oscuro e confuso, ostacolato dal rombo delle auto. Spero che la serenità della foresta ispiri in tutti noi la lucidità di pensiero necessaria per vedere ciò che deve essere fatto”. 

Il rombo della città deve aver confuso anche Lula però, il cui governo ha concesso neanche un mese fa alla Pertobras la licenza per un giacimento a 500 km dalla foce del rio delle amazzoni.

Contraddizioni a parte, che la crisi climatica sia una crisi di disuguaglianza non c’è alcun dubbio. E che le Cop non mettano sufficientemente al centro equità e giustizia quando si discute delle soluzioni è altrettanto certo. 

A ricordarci in che misura ci aiuta l’ultimo rapporto pubblicato da Oxfam a fine ottobre e intitolato “Il saccheggio climatico” che rivela che dal 1990 la quota di emissioni dello 0,1% più ricco è aumentata del 32%, mentre quella della metà più povera è diminuita del 3%. In altre parole: gli straricchi continuano a pasteggiare a champagne mentre gettano benzina sul fuoco del collasso climatico. Cosi gli investimenti di appena 308 individui – per quanto miliardari generano più emissioni di 118 interi Paesi e se tutti vivessimo come loro in meno di tre settimane avremmo finito la quantità di emissioni compatibili con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. 

al punto che per restare entro +1,5°C, avverte Oxfam, dovrebbero ridurre del 99% le proprie emissioni entro il 2030. E dovremmo anche tassare i grandi patrimoni e i profitti delle industrie fossili, limitare l’influenza dei lobbisti e garantire ai Paesi del Sud globale un ruolo centrale nei negoziati. 

Alle stesse conclusioni è giunto l’incontro promosso tra gli altri dal Tax Justice Network che si è tenuto sempre in brasile, in vista della cop, a metà ottobre. Economisti, attiviste, sindacati e movimenti sociali hanno ribadito che la lotta per la giustizia climatica è inseparabile da quella per la giustizia fiscale. Hanno proposto sei azioni concrete tra cui abolire i sussidi ai combustibili fossili (solo in Italia nel 2024 quasi 80 miliardi di euro, circa il 3,8% del PIL) e istituire una convenzione fiscale in seno alle Nazioni Unite che integri come dimensione la giustizia climatica.

La necessità di legare clima e disuguaglianze ha attraversato anche il Leader summit tenutosi nella città amazzonica la scorsa settimana. 

I capi di stato e di governo di 43 paesi e dell’Unione Europea (ma ancora un volta senza l’italia) hanno adottato la “Dichiarazione di Belém su fame, povertà e azione per il clima” affermando la necessità di mettere paesi e popolazioni più vulnerabili al centro della politica climatica globale. Sarebbe un cambiamento radicale nella maniera in cui la comunità internazionale affronta l’emergenza climatica. Certo 43 paesi non bastano. Ma tutte le prese di coscienza epocali partono da spinte sociali e poi da rappresentanze istituzionali che, assieme, ciascuno per il suo, non mollano il colpo.


Il Diario di A Sud dalla COP è curato da Marica Di Pierri e Laura Greco da Belem ed è parte del podcast di rassegna stampa quotidiana “Scanner” di Valerio Nicolosi per Fanpage.

Riascolta la puntata qui

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