Crisi ambientali e migrazioni forzate

Venerdì 16 Giugno - dalle ore 18.00 alle ore 20.00 – presso il Csoa Ex-Snia in via Prenestina 173 – Roma

In occasione della giornata mondiale del rifugiato, un dibattito per presentare la terza edizione del report “Crisi ambientali e migrazioni forzate: persecuzioni climatiche” realizzato da A Sud e Cdca, in collaborazione con Open Arms

Secondo gli ultimi dati del Global Report on Internal Displacement (GRID 2023), nel 2022, sono stati circa 32,6 milioni gli sfollati interni a causa dei disastri naturali aggravati dalle crisi climatiche-ambientali. Stime future parlano di circa 250 milioni di persone al mondo che saranno costrette a spostamenti interni o transnazionali a causa degli effetti dell’emergenza climatica. Oltre il 40% della popolazione mondiale – circa tre miliardi e mezzo di persone – vive in contesti di estrema vulnerabilità agli shock climatici, individuando ben 127 rischi che riguardano gli insediamenti, le infrastrutture, l’economia, il settore sociale e culturale, la sicurezza idrica e la sovranità alimentare, la salute e il benessere degli individui, gli sfollamenti e le migrazioni. È questo lo scenario indagato nel report “Crisi ambientali e migrazioni forzate: persecuzioni climatiche” realizzato da A Sud e Centro di documentazione conflitti ambientali, in collaborazione con Open Arms, organizzazione umanitaria internazionale. 

Giunto alla sua terza edizione, il volume mette in rassegna dati e riflessioni sulla vulnerabilità ambientale determinata dai cambiamenti climatici e da altre forme antropogeniche che distruggono gli ambienti di vita delle comunità umane: è la più grave emergenza su scala globale che stiamo vivendo. 

 

Gli Stati hanno dunque il dovere di prendere atto che la mobilità umana forzata è strettamente connessa ai cambiamenti climatici che costringono alla fuga intere comunità e spopolano interi territori. Così come deve essere un diritto riconosciuto richiedere la protezione internazionale per il riconoscimento dello status di rifugiato climatico. 

A presentare in anteprima il rapporto, liberamente consultabile dal sito di A Sud, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, un talk realizzato in occasione dell’evento per i venti anni di attività dell’associazione, condotto dal giornalista Andrea Turco, con Maria Marano, co-curatrice del testo e gli interventi di Valentina Brinis – Open Arms, i giornalisti Gaetano De Monte, Eleonora Camilli e Moha Tawja, attivista ambientale e water defence del Marocco.

Il report è frutto di contributi provenienti da una pluralità di esperti, organizzazioni e prospettive disciplinari e fornisce un’analisi del contesto internazionale – attraversato da pandemia e guerre – e arricchito da storie e casi studio.

I territori più impattati dai cambiamenti climatici e dal degrado ambientale sono gli stessi territori dai quali i rifugiati scappano a causa dei conflitti armati. Dove persecuzioni, violenza e diritti umani negati sono maggiormente perpetrati. Motivazioni che la Convenzione di Ginevra all’art.1 menziona per il riconoscimento dello status di rifugiato. Per un’estensione della protezione internazionale oggi è sicuramente necessaria una rilettura del concetto di violenza che deriva anche dagli impatti ambientali e dallo sfruttamento di risorse naturali strategiche che a loro volta portano violazione dei diritti umani”. Ribadisce Laura Greco di A Sud

“Sulle nostre navi raccogliamo storie, e nella maggior parte dei casi sono storie di chi è stato costretto a fuggire, a lasciare il proprio paese perché diventato invivibile. Abbiamo a che fare con biografie dai tratti violenti, con sguardi che in un attimo trasmettono molto di più di ore e ore di conversazione. Raccontano di quella frattura con la propria terra di origine che chissà se mai verrà cucita. Una terra che a sua volta è stata colpita, anche duramente, e che si è resa inospitale, che ha costretto con la sua forza le persone a lasciarla”. Dichiara Valentina Brinis di Open Arms

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