Si parla di giustizia climatica per la prima volta nel 1999.

Una pubblicazione intitolata “Greenhouse Gangsters vs Climate Justice” ed elaborata dall’organizzazione CorpWatch, con sede a San Francisco, la definiva così:

“La giustizia climatica significa, prima di tutto, rimuovere le cause del riscaldamento globale e permettere alla Terra di sostenere le nostre vite e quelle di tutti gli esseri viventi. Ciò implica ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica e di altri gas climalteranti. Giustizia climatica significa opporsi alla distruzione prodotta dai gas climalteranti in ogni fase del processo di produzione e distribuzione: da una moratoria su nuove esplorazioni petrolifere, al blocco dell’avvelenamento di intere comunità a causa delle emissioni delle raffinerie, dal ridurre drasticamente le emissioni delle automobili alla promozione di trasporti pubblici efficienti ed efficaci”.

Dalla giustizia climatica nascono i contenziosi climatici: sono quei casi portati avanti dal giudice amministrativo, civile o comunque in tribunale nelle forme che ciascuno Stato riconosce, per questioni riguardanti i cambiamenti climatici – che siano richieste per mitigare e adattarsi ai cambiamenti climatici, che siano questioni relative agli aspetti scientifici del riscaldamento globale.

Un esempio? Giudizio Universale!

Il 5 giugno 2019 associazioni, medici e scienziati, cittadini e cittadine lanciano la prima causa climatica allo Stato Italiano: ci siamo anche noi, insieme ai tutti coloro che hanno firmato l’appello per sostenere la campagna, a sostenere il Giudizio Universale.
Per firmare l’appello vai sul sito.
Scopri come sostenere la campagna cliccando qui.

#FacciamoCausa

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