COP29: ecco i primi dati dei lobbisti fossili presenti
Secondo la coalizione Kick Big Polluters Out (KBPO), almeno 1773 lobbisti dei combustibili fossili hanno ottenuto l’accesso al vertice COP29 di Baku, confermando la presenza spropositata di grandi inquinatori ai negoziati sul clima. In Italia sul tema è nata la campagna Clean the Cop!. Ad analizzare i dati per il nostro paese è ReCommon.
I DATI INTERNAZIONALI
Le lobby dei combustibili fossili alla Cop29 superano in numero le delegazioni delle nazioni più vulnerabili
Come per i colloqui sul clima della COP28 dello scorso anno a Dubai, alla COP29 è stato concesso l’accesso a un numero significativamente maggiore di lobbisti delle fonti fossili rispetto a quasi tutte le delegazioni nazionali: i 1773 lobbisti dei combustibili fossili registrati a Baku sono superati solo dalle delegazioni inviate dall’Azerbaigian, paese ospitante (2229), dal Brasile, paese ospitante della COP30 (1914), e dalla Turchia (1862).
La coalizione Kick Big Polluters Out ha analizzato linea per linea l’elenco provvisorio dei partecipanti alla COP29. Tra gli altri risultati principali:
- I lobbisti dei combustibili fossili hanno ricevuto più pass per la COP29 di tutti i delegati delle 10 nazioni più vulnerabili messe insieme (1033), sottolineando come la presenza dell’industria stia superando quella di coloro che sono in prima linea nella crisi climatica.
- Un gran numero di lobbisti dei combustibili fossili ha avuto accesso alla COP come parte di associazioni di categoria. Otto dei 10 gruppi commerciali con il maggior numero di lobbisti provengono dal Nord globale. Il più grande è stato l’International Emissions Trading Association, che ha portato 43 persone, tra cui i rappresentanti di TotalEnergies e Glencore.
- Il Giappone ha portato il gigante del carbone Sumitomo come parte della sua delegazione; il Canada ha acquistato i produttori di petrolio Suncor e Tourmaline; il Regno Unito ha portato 20 lobbisti e l’Italia ha portato i rappresentanti dei giganti dell’energia Eni ed Enel.
- Chevron, ExxonMobil, Bp, Shell ed Eni, che hanno portato un totale di 39 lobbisti, sono anche collegate a consentire il genocidio in Palestina “alimentando la macchina da guerra in Israele“
La presenza dell’industria a Baku è in netto contrasto con gli obiettivi dichiarati della COP29, dove l’abbandono dei combustibili fossili, le false soluzioni e i finanziamenti per il clima sono temi caldi. I numeri sin qui disponibili sono un’ulteriore conferma dell’importanza delle pressioni da parte dei Paesi del Sud globale, dei funzionari pubblici, delle circoscrizioni delle Nazioni Unite e della società civile in generale, circa la necessità di espellere i grandi inquinatori dalle negoziazioni.
I DATI EUROPEI
L’Europa porta i lobbisti del gas a Baku per stringere accordi
Sempre secondo l’analisi di KBPO, l’UE ha portato 113 lobbisti dei combustibili fossili alla COP29. I lobbisti hanno partecipato ai colloqui sul clima delle Nazioni Unite a Baku come parte delle delegazioni ufficiali dei governi nazionali dell’UE, tra cui Grecia, Italia, Svezia e Belgio.
L’analisi mostra che la Grecia e l’Italia hanno avuto la più grande delegazione di lobbisti fossili tra gli Stati membri dell’UE, portando rispettivamente 24 e 22 lobbisti, la maggior parte dei quali provenienti da compagnie del gas. Questo non deve sorprendere, visto che i due Paesi sono i maggiori acquirenti di gas dell’Azerbaijan attraverso il controverso Corridoio meridionale del gas (SGC), che l’UE sta spingendo per espandere. Entrambi i Paesi hanno anche portato con sé i lobbisti della SOCAR, la compagnia petrolifera nazionale dell’Azerbaigian e uno dei principali azionisti dell’SGC. Inoltre, la Grecia ha portato due lobbisti del Trans Adriatic Pipeline, che è l’ultimo tratto dell’SGC.
La Svezia ha portato 17 lobbisti dei combustibili fossili, tra cui il personale senior dell’azienda del gas E.ON, e il Belgio ha portato 13 lobbisti dei combustibili fossili, tra cui sei dell’azienda del gas Fluxys, anch’essa azionista del Gasdotto Trans-Adriatico, con l’amministratore delegato Pascal de Buck affiancato da altri cinque colleghi.
Il Presidente francese Macron ha deciso di non partecipare alla COP29, ma lo stesso non si può dire del più grande produttore di petrolio e gas del suo Paese, TotalEnergies. L’azienda ha mandato a Baku sei lobbisti, tra cui l’amministratore delegato Patrick Pouyanné, invitato ai colloqui dal paese ospitante, l’Azerbaijan. Anche gli amministratori delegati di Eni e BP sono stati invitati dai padroni di casa azeri.
È inquietante che alcuni governi europei stiano usando la COP29 per concludere accordi sui combustibili fossili. L’Italia, ad esempio, ha portato sette lobbisti dell’Italgas, la più grande delegazione di combustibili fossili portata da uno Stato membro dell’UE. Il secondo giorno della COP29, il 12 novembre, Italgas e l’ospite azero SOCAR hanno firmato un accordo per una “partnership strategica… sulla distribuzione del gas”.
“Come risultato della marea di lobbisti dei combustibili fossili che hanno portato alla COP29, i governi europei stanno usando i colloqui di Baku per concludere accordi sul gas. Come mai sono più concentrati ad aiutare l’industria del petrolio e del gas che a mantenere i combustibili fossili nel sottosuolo?”, ha dichiarato Nathan Stewart, coordinatore di Fossil Free Politics.
Quest’anno la Commissione europea non ha portato nessun lobbista dei combustibili fossili, un grande cambiamento rispetto all’anno scorso, quando aveva facilitato la presenza di diversi lobbisti tra cui alti dirigenti di BP, Exxon ed Eni. A partire dalla COP28, c’è stata un’ ondata di pressioni sul Commissario europeo per il Clima Hoekstra. “È ora che Hoekstra trasformi i discorsi in azioni e si assicuri che, quando riprenderanno i negoziati sulla presenza dei grandi inquinatori alla COP, l’UE sia dalla parte dei cittadini anziché degli inquinatori”, ha aggiunto Stewart.
In termini di partecipanti, la COP di quest’anno è per numero del cinquanta per cento più piccola rispetto all’appuntamento dell’anno scorso a Dubai, ciononostante i lobbisti dei combustibili fossili rappresentano in percentuale una quota ancora maggiore del totale dei partecipanti di quest’anno.
L’ITALIA
La lobby fossile italiana presente in forze alla Cop29 di Baku. ReCommon «Eni e le sue ‘Sorelle’ fanno affari, Non salvano il Pianeta»
Come membro della coalizione Kick Big Polluters Out, ReCommon ha avuto accesso a documenti confidenziali da cui si rileva che in totale i “lobbisti fossili” presenti al vertice in corso in Azerbaigian sono almeno 1773. Come già accaduto per la COP28 dello scorso anno a Dubai, a Baku è stato concesso l’accesso a un numero significativamente maggiore di lobbisti delle fonti fossili rispetto a quasi tutte le delegazioni nazionali: i 1773 lobbisti dei combustibili fossili registrati a Baku sono superati solo dalle delegazioni inviate dall’Azerbaigian, paese ospitante (2229), dal Brasile, paese ospitante della COP30 (1914), e dalla Turchia (1862).
Nel dettaglio, quelli italiani fanno capo a Eni, la più importante multinazionale del nostro Paese, Italgas, Edison e Confindustria. Risulta aggregato alla delegazione italiana anche il direttore generale dell’azienda dell’oil&gas azero Socar, Azer Mammadov, a dimostrazione del forte legame con il Paese della regione del Caspio, da cui l’Italia importa la percentuale più alta di petrolio e gas combinati.
Eni è presente con il Senior Vice President Marco Piredda e con il Direttore Public Affairs Lapo Pistelli nella veste di Chairman del Mediteranean Energy and Climate Organisation (OMEC), un’associazione di categoria partecipata anche da Snam e da altre corporation fossili, che si presenta come “la voce dell’industria energetica nell’area del Mediterraneo”
Italgas, controllata da CDP Reti e partecipata da Snam, è la società che a Baku può contare sulla delegazione più folta: ben otto persone, incluso il CEO Paolo Gallo e il CEO di Italgas Reti, Pier Lorenzo Dell’Orco. Non a caso a margine dei primi giorni di negoziato Italgas ha siglato un accordo commerciale con l’azera Socar.
Mentre per Confindustria è in delegazione il presidente Daniele Bianchi, per Edison, una delle società che acquista il gas proveniente dai giacimenti di Shah Deniz II, poi veicolato in Italia attraverso il gasdotto TAP, si registrano quattro rappresentanti. Completano il totale dei 22 lobbisti esponenti di Mediterranean Energy and Climate Organisation (OMEC), Seingim e Tokyo Group.
In realtà il totale dovrebbe arrivare a 25, perché nella delegazione italiana “spiccano” anche Piero Ercoli, Domenico Maggi e Sergio Molisani, rispettivamente Vice President, Head of EU Affairs e Chief of International Assets Officer di Snam, registrati come affiliated advisor della Venice Sustainability Foundation, la quale ha come primo obiettivo lo sviluppo della hydrogen valley a Marghera (progetto per lo sviluppo di idrogeno blu, realizzato tramite l’impiego di gas).
Va rimarcato come lo scorso anno i funzionari della Nazioni Unite avevano imposto una nuova regola che richiedeva ai partecipanti di rivelare in maniera esplicita le loro affiliazioni – in precedenza si poteva prendere parte alle COP senza dichiarare la propria affiliazione. Una regola apparentemente non tenuta in debita considerazione dai dirigenti di Snam.
«Ancora una volta la lobby fossile, con i campioni nazionali di Eni e Snam in prima fila, guarda alla COP come un’occasione per fare affari e per promuovere le proprie false soluzioni alla crisi climatica, CCS e idrogeno in primis. La massiccia presenza a Baku è uno scandalo a cui bisogna porre fine, ‘liberando’ dalla presenza di lobbisti fossili i negoziati per il clima» ha dichiarato Elena Gerebizza di ReCommon, tra le autrici del rapporto internazionali sui lobbisti fossili alla COP29.
Sul tema è stata lanciata recentemente una campagna nazionale, Clean the Cop! – fuori i grandi inquinatori dalle negoziazioni sul clima: «La presenza di un numero importante di lobbisti del fossile alle Cop è la punta dell’iceberg di un sistema di ingerenza continua degli interessi di queste compagnie nel varo delle politiche energetiche e climatiche anche a livello nazionale. Una dinamica che va denunciata e fermata: per questo obiettivo è stata lanciata la campagna italiana, che si insedia nel solco delle iniziative internazionali Free Fossil Politics e Kick Big Polluters Out per riportare il tema nel dibattito pubblico italiano, ove è ancora drammaticamente assente. La settimana scorsa, proprio nell’ambito della campagna europea Fossil Free Politics, 112 organizzazioni europee e 15 italiane hanno inviato contemporaneamente una Lettera aperta alla Commissione europea e al proprio governo per chiedere di togliere i badge delle COP clima ai delegati fossili”, spiega Marica Di Pierri, portavoce di A Sud, una delle realtà promotrici della campagna.