#BloodyMoney: le riflessioni di A Sud Campania

L’inchiesta denominata “Bloody Money” della testata giornalistica “Fanpage” ci consegna un dato incontrovertibile: e cioè che nonostante anni di lotte da parte di attivisti, militanti, comitati territoriali, il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti speciali, anche pericolosi, evolve e continua ad esistere.

Quello che emerge dalle prime cinque “puntate” dell’inchiesta è innanzitutto la trasversalità politica dietro la quale trovano terreno fertile dei meccanismi, da tempo consolidatisi, attraverso i quali alcuni soggetti approfittano del ruolo politico ed istituzionale che ricoprono per fare affari con imprenditori e camorristi disposti a devastare e saccheggiare le nostre terre, a discapito della salute nostra e di quella dei nostri cari, pur di arricchirsi. “Dobbiamo saziarci tutti ma deve rimanerci quel minimo di appetito” questo è quanto detto dall’amministratore delegato di “Sma Campania” Lorenzo di Domenico, ignaro di essere ripreso, all’ex boss della Camorra Nunzio Perrella, oggi “infiltrato” di Fanpage.

Ma andiamo con ordine: nella prima e terza puntata Nunzio Perrella viene contattato, attraverso degli intermediari, dalla Sma Campania. La Sma, come scritto sul sito ufficiale, è “una società in house della Regione Campania le cui attività sono finalizzate alla prevenzione e contrasto degli incendi nelle aree boschive, al risanamento ambientale, al monitoraggio del territorio, al riassetto idrogeologico,( …)”, insomma la società che si occupa di contrastare il biocidio campano. Attraverso questa inchiesta scopriamo che all’interno di questa società ci sono due gruppi di potere, in competizione tra loro: a capo del primo vi è Luciano Passariello, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, rappresentato all’interno della Sma dall’amministratore delegato Lorenzo di Domenico. Il secondo gruppo è quello dei demitiani-deluchiani rappresentato, all’interno della suddetta società, dal presidente Biagio Iacolare e dal suo braccio destro Mario Oliviero, consigliere comunale della città di Ercolano. I due gruppi contatteranno in momenti diversi, e chiaramente l’uno all’insaputa dell’altro, Perrella, per offrirgli il medesimo affare: lo smaltimento dei fanghi dei depuratori campani. I primi propongono un affare che prevede lo smaltimento di 6mila tonnellate di rifiuti al mese al costo 175 euro a tonnellata, pari ad 1 milione di euro annuo, dal quale loro ricaveranno 170 mila euro al mese. Mentre il secondo gruppo propone un costo di 230 euro a tonnellata, 135 dei quali andrebbero a loro. Mario Oliviero arriva anche a chiedere 50mila euro (25 in anticipo e 25 alla firma del contratto) a Nunzio Perrella per siglare l’accordo e far acquisire fiducia ai due gruppi. “Un gesto di garbo, dei 25 mila euro nun ce ne fotte proprio, ‘e tenimmo ‘ngopp’ ‘ o braccio” [dei 25 mila euro non ci importa niente, li portiamo al braccio] dice indicando il suo orologio. Lo stesso Oliviero prenderà in consegna la valigetta dove avrebbero dovuto esserci i soldi promessi, ma che invece è stata riempita di rifiuti vari.

La seconda puntata è probabilmente quella che ha destato maggiore scalpore poiché vede coinvolti Roberto De Luca, assessore al bilancio del Comune di Salerno e figlio del Presidente della Regione Campania, ed un suo intermediario: l’ex carabiniere Francesco Igor Colletta. Gli aspetti più gravi di questa faccenda sono due: il primo è che l’assessore al bilancio del Comune di Salerno si senta in diritto di poter prendere accordi in nome della Regione Campania solo ed esclusivamente perché il padre ne è il Presidente. Il secondo punto, politicamente assai rilevante, è che la questione discussa tra Roberto De Luca e Nunzio Perrella riguarda lo smaltimento delle ecoballe campane. La faccenda acquisisce un’importanza centrale in quanto l’attuale Presidente della Regione incentrò quasi tutta la propria campagna elettorale sul contrasto alla cosiddetta Terra dei Fuochi, e lo fece sminuendone la gravità della contaminazione e costruendo una narrazione secondo la quale il problema principale da risolvere fosse quello delle ecoballe, come se per decenni non ci fossero mai stati interramenti e roghi di rifiuti. E quel che stupisce è che a tre anni dalle elezioni ancora non si sappia come smaltire le suddette ecoballe ma anzi ci si rivolga ad un ex boss della camorra, che per anni ha gestito i traffici illeciti in tutto il Paese, per trovare una soluzione.

L’inchiesta, poi, oltrepassa i confini regionali poiché un noto trafficante di rifiuti di nome Alex propone a Perrella due “affari” uno in Veneto che riguarda lo stoccaggio di gas da una lobbista, Grazia Canuto, che proverà a prendere contatti con vari attori tra i quali un imprenditore molto conosciuto dell’area di Marghera. E l’altro, legato ad un impianto di riciclaggio per rifiuti in provincia di Verona, grazie al quale sarà possibile sfruttare le autorizzazioni dell’azienda. Il giochetto è semplice: ci si fa arrivare rifiuti speciali, anche pericolosi, li si avvolge al cellophane e, attraverso il cosiddetto “giro di bolla”, (impressionante la facilità con la quale si riesca a farlo) si sostituisce il codice Cer con quello, nel caso di specie, della plastica. A questo punto i rifiuti sono pronto per essere trasportati in alcuni capannoni adibiti allo stoccaggio di rifiuti urbani, ed una volta riempiti vi si appicca un incendio.

L’inchiesta, per ora, è stata pubblicata soltanto in parte, ma di riflessioni se ne possono fare già parecchie. Dopo decenni di proteste, a cinque anni da Fiume in Piena, la più grande mobilitazione contro il biocidio che abbia mai avuto luogo e che ha messo a conoscenza milioni di persone in tutto il mondo di quello che accade nella “Terra dei Fuochi”, e a tre anni dall’introduzione della legge sugli “Ecoreati”, esiste ancora un sistema parallelo a quello legale per lo smaltimento dei rifiuti, radicato in tutto il Paese, che opera anche al di fuori dei confini nazionali. Gli smaltimenti illeciti dei rifiuti speciali non avvengono soltanto nella Regione Campania ma in ogni luogo dove le circostanze e le condizioni favorevoli lo permettono, pertanto sarebbe necessario cominciare a definire tale fenomeno come quello delle Terre dei Fuochi e non più delimitarlo alle sole province di Napoli e Caserta. Un aspetto che ci pare importante sottolineare è che tale modello riesce a sopravvivere con maggiore facilità grazie ad un sistema che va avanti da anni, e cioè quello della gestione emergenziale. Tale sistema permette, tra le altre cose, l’affido diretto degli appalti alle aziende che si preferisce, senza regolare gara. Ed i pagamenti vengono fatti ogni 3 o 4 settimane, e non ogni 60 o 90 giorni, come confermato più volte nell’inchiesta da Mario Oliviero: “Quella è urgenza. Siamo in emergenza. Lo devi capire, Nunzio, ‘sto passaggio”. In tutta questa losca faccenda una nota positiva ci pare di riuscire ad intravederla. La nostra impressione, sostenuta dal fatto che non appena Nunzio Perrella ha fatto sapere a chi di dovere di essere tornato nel giro abbia ricevuto decine e decine di proposte di “affari”, è che questo “mondo di mezzo” sia in una fase discendente. Perché il fatto che proposte di tale rilevanza vengano poste ad un ex camorrista appena uscito di carcere dopo venti anni di reclusione, potrebbe voler dire che faccendieri disposti ad occuparsi di tali traffici stanno diminuendo e che il gioco non varrebbe la candela come una volta. La lotta al biocidio, in tutti i settori, starebbe quindi andando nella giusta direzione.

 


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