Il Ministro per la transizione ecologica che odia gli ecologisti

In poco più di sei mesi, da quando è divenuto titolare del dicastero ampollosamente intitolato alla “Transizione Ecologica”, il Ministro Roberto Cingolani sta ottenendo un inatteso risultato: quello di scalare a passo di danza la classifica dei Ministri dell’ambiente più invisi agli ambientalisti.

Mentre ci investe l’onda lunga di una crisi climatica senza appello, all’indomani del recente report dell’IPCC che parla di processi già irreversibili e rilancia l’ennesimo inascoltato allarme, il Ministro non trova di meglio da fare che dichiarare che gli ambientalisti “oltranzisti e ideologici sono peggio della catastrofe climatica”. Anzi, sono “parte del problema”.

I cattivi “buoni propositi” del ministro

Tutt’altro che radicale sulle estrazioni di oil&gas, favorevole al nucleare, possibilista sugli inceneritori, ambiguo sull’idrogeno, frenatissimo sulla riduzione (figurarsi sull’eliminazione) dei sussidi ambientalmente dannosi, tiepido sui target climatici, è evidente che Cingolani incarna alla perfezione il concetto (stantio, superato, quello sì “parte del problema”) di un ambientalismo come valore di facciata, perseguibile se e solo se compatibile con crescita, competitività e mercato.

La transizione che vuole Cingolani deve essere “graduale” oppure – avverte minaccioso – sarà un “bagno di sangue”. Deve “considerare unicamente i numeri”, essere “economicamente sostenibile“, giacchè “se si pretende di avere la sicurezza e la sostenibilità ambientali in sei mesi risolvendo problemi che durano da secoli” sarà difficile ottenerli.

In effetti, in questi sei mesi, Cingolani non ha mai edulcorato – raccontandole senza mezzi termini – le sue idee su ecologia ed economia. Idee quanto mai lontane dal portato di analisi, proposte e istanze che informano la visione delle organizzazioni per la giustizia ambientale e climatica, ovvero di quelle centinaia di realtà sociali e vitali che popolano la galassia dell’ecologismo italiano; fatta di cittadini e cittadine, strutture associative e comitati territoriali in prima linea per la tutela del territorio e dei diritti umani legati all’ambiente.

La lunga battaglia del ministro contro l’ideologia ecologista

Ad aprile, a neanche due mesi dall’insediamento, Cingolani dava a cuor leggero il via libera a sette progetti di estrazione petrolifera (rinnovi o nuovi progetti all’interno di concessioni esistenti) ubicati tra Sicilia, Abruzzo, Marche e Emilia Romagna.

A giugno si lamentava del fatto che degli inceneritori “è ingiusto che non si possa neanche parlare”, accusando parte della stampa di avere un atteggiamento terrorista sul tema e citando a sostegno il vicepresidente della Commissione europea secondo cui gli inceneritori “se ben utilizzati possono produrre energia dove non c’è altra soluzione”.

Pochi giorni prima aveva puntato il dito contro “l’ideologia ecologista” definendola “il peggior nemico della transizione ecologica”.

Quando è apparso solo e provato alla conferenza stampa di chiusura del G20 Energia Ambiente e Clima di Napoli, nel luglio scorso, ha colpito il clamoroso nulla di fatto raccontato come grande successo, sapientemente racchiuso in quasi tre quarti d’ora di parole e forzato entusiasmo.

Fino all’incredibile dichiarazione resa nelle scorse ore, appena riprese le fila dell’autunno politico, ospite non a caso di Renzi (quello dei “quattro comitatini”).

Caro ministro, continueremo a essere parte dei suoi problemi

Secondo il Ministro Cingolani insomma noi ambientalisti saremmo peggio della catastrofe climatica, e – addirittura – parte del problema. Non lo sono dunque le multinazionali petrolifere che estraggono, bruciano e inquinano; non lo è il cemento che avanza al ritmo di 57 milioni di metri quadrati l’anno; non lo sono gli oltre 35 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi annualmente erogati in Italia, 19,7 dei quali sovvenzionano direttamente o indirettamente le energie fossili.

No, sono gli ambientalisti duri e puri ad essere parte del problema che il prode ministro si trova a dover affrontare.

Se però – tra le righe – si riferisce ai grattacapi che dagli ambientalisti gli arrivano da quando è Ministro, come dargli torto? A preoccuparlo è che gli ambientalisti non si lasciano abbindolare dalla nomenclatura del nuovo ministero, né dalle briciole del PNRR destinate a politiche autenticamente low carbon, né dalla edulcorata narrazione dei media? È che continuano a contestare colpo su colpo le scelte di un ministero tutto fumo e niente arrosto? Si oppongono a un PITESAI che pare tanto un nuovo scempio del territorio travestito da saggia razionalizzazione?

Caro Ministro, non si preoccupi. Siamo e fieramente continueremo ad essere parte dei suoi problemi, pietre di inciampo nel cammino ipocrita di un ministero che di verde pare avere soltanto l’ombra di vane speranze.

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