Il valore dell'acqua

acqua

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua una fotografia (a tinte fosche) della situazione idrica mondiale

La risorsa naturale più vitale resta – tra scarsità e contaminazione – anche la più minacciata.

Il 30% della popolazione mondiale oggi non ha accesso all’acqua potabile, il 55% non dispone di servizi igienici adeguati ed oltre 3 miliardi di persone fanno uso di acqua altamente inquinata, con gravi conseguenze per la salute. Questi dati diffusi dalle Nazioni Unite sono la fotografia allarmante delle disuguaglianze connesse ancora oggi all’accesso all’acqua: nonostante sia un bene essenziale per la sopravvivenza degli esseri viventi e per la salute pubblica, scarseggia per oltre 2,2 miliardi di persone nel mondo, che fanno i conti quotidianamente con gravi carenze idriche.

La Giornata Mondiale dell’Acqua, ogni 22 Marzo, ha l’obiettivo di ricordare all’opinione e alla coscienza pubblica che mai come oggi è necessario promuovere un consumo idrico più responsabile e consapevole, lanciando un monito ai decisori politici sull’urgenza di garantire la disponibilità di acqua potabile e sicura ad ogni essere vivente, indipendentemente dalla sua provenienza geografica e sociale.

Il ruolo della produzione alimentare

L’acqua, risorsa fondamentale pesantemente minacciata dall’emergenza climatica, è ulteriormente gravata dall’incremento demografico, dal crescente consumo ed inquinamento dell’agricoltura su larga scala e della grande industria, in particolare quella mineraria. Secondo il rapporto faro della FAO “The State of Food and Agriculture 2020” la produzione alimentare consuma da sola il 70% delle risorse mondiali di acqua dolce, non solo nella coltivazione e nell’allevamento degli animali ma anche per la trasformazione degli alimenti, che ne richiedono un grande impiego. Questa situazione mette a repentaglio la sicurezza alimentare in aree del mondo già caratterizzate da stress idrico a causa dei cambiamenti climatici.

Siccità

Oltre tre miliardi di persone vivono in zone agricole colpite da livelli estremamente alti di scarsità di risorse idriche; di questi, il 44% è distribuito in zone rurali e il resto in piccoli centri urbani delle regioni rurali, prevalentemente in Asia orientale e sudorientale, nell’Africa settentrionale e sub-sahariana.La scarsità d’acqua non deve però essere considerata una minaccia a noi lontana. Anche l’’Europa meridionale, compresa l’Italia o la California negli Stati Uniti ne soffrono in misura sempre maggiore a causa della siccità e di una cattiva gestione della rete acquedottistica.

In Italia sono in particolare le regioni del Sud a registrare da anni una diminuzione delle precipitazioni invernali e estati sempre più calde e siccitose. Le rilevazioni scientifiche affermano che il nostro Paese sta attraversando il periodo di crisi idrica più grave degli ultimi 60 anni, con gravi ripercussioni sull’agricoltura ma anche sulla disponibilità di acqua potabile per il consumo domestico. In ben 12 comuni capoluogo di provincia, in particolare al sud, durante lo scorso anno sono state adottate misure per razionare la distribuzione di acqua per uso civile. A livello agricolo, secondo l’ANBI, l’Associazione Nazionale Consorzi di Tutela Gestione Territorio e Acque Irrigue, rispetto a 50 anni fa mancano all’appello 5 miliardi di metri cubi di acqua. L’anno scorso – considerato il quinto anno più caldo registrato dal 1800 – l’allarme siccità ha visto fiumi in magra e invasi svuotati in tutto il meridione ma anche in Nord Italia, con i grandi laghi e il bacino del Po molto sotto la media stagionale. Una situazione che rischia di peggiorare drammaticamente senza un piano straordinario che comprenda importanti interventi di prevenzione e il miglioramento delle reti idriche.

Acqua e conflitti

La crisi idrica ci tocca da vicino anche perché è alla base di alcuni movimenti migratori e di molti conflitti sociali. È, infatti, attorno a questa risorsa, considerata il nuovo oro, che si combattono e si combatteranno sempre più guerre. Una delle water wars più note è quella in Siria, dove la siccità avrebbe, secondo molte analisi, contribuito allo scoppio della guerra civile. Le condizioni climatiche estreme di certi territori sono acuite dal fenomeno del water grabbing, ovvero l’accaparramento illegittimo delle risorse idriche da parte di attori politici (Stati, autorità) o economici (come le multinazionali dell’agroindustria), che conduce a situazioni di grave instabilità sociale e quindi all’innesco di conflitti feroci. Controllo forzato di laghi, fiumi, mari, sottratti alle comunità locali o a intere nazioni, per progetti di agrobusiness di larga scala con conseguente inquinamento delle acque, privatizzazione dei canali di distribuzione che molto spesso si traduce in una vera e propria occupazione militare del territorio. Sono solo alcune delle forme attraverso cui si palesa il fenomeno dell’accaparramento idrico, che porta a una drastica riduzione delle riserve d’acqua a disposizione delle comunità di agricoltori e pescatori, alla distruzione di interi ecosistemi e di economie tradizionali e a migrazioni forzate.

Attualmente, i principali focolai di tensione sono individuabili intorno a fiumi interstatali, come il Nilo (riserva idrica per molti Paesi africani), l’Indo in Pakistan (i cui affluenti nascono in India), il Tigri e l’Eufrate, da cui dipendono Siria e Iraq, che si trova sotto il controllo della Turchia, il Mekong in Asia che bagna ben sei stati (Cina, Myanmar, Thailandia, Cambogia, Laos e Vietnam). Storico è invece il contenzioso tra Israele e Palestina per la gestione delle risorse idriche.

Per tentare di regolare il fenomeno l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato il Trattato sulle acque transfrontaliere per mitigare i rischi di conflitto legati all’acqua. A dimostrazione dello scarso impegno delle superpotenze, ad oggi il documento è stato ratificato solamente da 39 stati, e tra i grandi assenti compaiono America e Cina. Paesi questi ultimi responsabili peraltro dell’impennata della domanda idrica a livello globale per via dello sfruttamento di tecnologie per l’estrazione di petrolio e gas naturale che richiedono l’utilizzo di grandi quantitativi di risorse idriche. La più nota, il fracking, miscela l’acqua con sostanze chimiche altamente tossiche che la rendono difficilmente riciclabile.

La gestione dell'acqua

Ma i problemi che ruotano intorno alla disponibilità delle risorse idriche, non si esauriscono con i rapidi cambiamenti climatici, i conflitti per l’acqua e la crescita della domanda idrica dovuta all’aumento demografico. Un ulteriore fattore di inasprimento dei problemi idrici è l’inadeguatezza della gestione delle infrastrutture idriche e della protezione dei bacini idrografici.

In Europa orientale, nell’Asia centrale, in America Latina, in Cina, India e Indonesia troviamo le situazioni peggiori sotto questo punto di vista, a causa di un massiccio sottoinvestimento nell’ammodernamento e nell’efficientamento delle infrastrutture idriche, con gravi rischi per la salute e l’ambiente. Le conseguenze negative si riflettono anche sul piano economico visto che la mancanza di sistemi di distribuzione idrici moderni, comporta un prezzo molto più alto che l’utente finale deve pagare per l’acqua rispetto a quanto accade nei paesi in cui tali sistemi esistono. Anche l’Italia vanta un tasso di dispersione delle proprie reti idriche di oltre il 41%, secondo quanto riporta l’ultimo report Istat sul Censimento delle acque per uso civile, riferito al2018. In poche parole sprechiamo sempre più acqua a causa di una rete idrica sempre più obsoleta.

Alcuni passi avanti sono però stati fatti dall’Europa per ridurre la dispersione idrica e rendere i sistemi idrici resilienti ai cambiamenti climatici, garantendo l’accesso a tutte e tutti. Lo scorso dicembre il Parlamento europeo ha, infatti, approvato una nuova Direttiva sull’acqua potabile. I Paesi Ue dovranno adottare delle misure per migliorare l’accesso all’acqua, specie per i gruppi vulnerabili a cui sarà garantita così l’erogazione anche in caso di morosità. Saranno, inoltre, aumentate le soglie di sicurezza degli agenti contaminanti, imponendo limiti più severi per alcuni di questi e verranno incrementati i monitoraggi. Se questa decisione può essere considerata positiva perché, oltre a garantire il diritto all’acqua e all’igiene, favorirà il consumo di acqua dal rubinetto, riducendo quello dalla bottiglia, un’altra decisione presa nello stesso periodo ha suscitato grande allarme. Si tratta dell’annuncio che l’acqua, come un qualsiasi altro prodotto commerciale, verrà scambiata nel mercato dei “futures” della Borsa di Wall Street.

Acqua come merce

Grave preoccupazione è stata espressa anche dal Relatore Speciale dell’ONU sul diritto all’acqua Pedro Arrojo-Agudo, in quanto sottoporre l’acqua alla speculazione finanziaria apre a scenari che inevitabilmente porteranno all’emarginazione di territori, popolazioni, piccoli agricoltori e piccole imprese, più di quanto non abbia già fatto la gestione privata di questa risorsa, che ha contribuito in modo massiccio alla crisi idrica mondiale.

È dunque, quanto mai fondamentale non solo oggi, nel corso della Giornata Mondiale ad essa dedicata, , ricordare il valore inestimabile dell’acqua per l’umanità, che in quanto bene pubblico essenziale per tutti gli esseri viventi non può essere trattato come una qualsiasi altra merce da sottomettere a logiche di mercato. Molto resta ancora da fare per la salvaguardia delle risorse idriche e dei diritti delle comunità locali, non è un caso che molte importanti battaglie sociali siano a tutt’oggi in corso in Italia e nel mondo per ottenere che l’acqua sia riconosciuta e tutelata come bene comune, ad esempio attraverso la costruzione di strumenti giuridici internazionali che garantiscano effettività al diritto umano universale all’acqua, mettendo definitivamente fine alla sua mercificazione.

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