Covid e clima, un’imperdibile occasione per ripensare tutto
La crisi sanitaria sta mostrando con chiarezza la fragilità di un modello sociale, economico e politico la cui insostenibilità è sotto gli occhi di tutti.
Si tratta di una crisi nella crisi, terribile sintomo di una patologia più complessa, che da decenni spreme all’osso e senza sosta risorse ed essere umani per produrre profitto.
Disuguaglianze sociali, crisi ambientali, cambiamenti climatici, esaurimento delle risorse, privatizzazioni e smantellamento del welfare sono ingredienti di un fallimento annunciato. Sempre meno spazi per tutele e garanzie, sempre maggiori ricchezze nelle mani di uno sparuto gruppo di moloch dell’economia globale. A essere sacrificati sull’altare dell’avidità ci sono diritti umani fondamentali: la tutela dell’ambiente, i diritti dei lavoratori, dell’infanzia, delle donne e dei migranti; il diritto alla vita, alla salute, alla sussistenza, all’autodeterminazione.
Ma cosa c’entra l’insostenibilità del sistema con la pandemia? Molto più di quanto sembri. Le origini del virus sono intimamente connesse agli squilibri ambientali causati dall’uomo. Con la deforestazione e la distruzione degli ecosistemi gli animali selvatici, vettori di agenti patogeni, hanno occasione di entrare in contatto con gli esseri umani, finendo per infettarli. In Cina, le colture intensive su vasta scala hanno espulso la fauna selvatica e cacciato dal mercato i piccoli produttori, che hanno trovato occasione di reddito nel commercio di carni esotiche. Sono così arrivati sui banchi dei mercati di Wuhan, primo focolaio del virus, pipistrelli e pangolini, ritenuti dagli scienziati vettore originario e intermedio nel viaggio del virus verso l’uomo.
Una volta giunto all’uomo, altri fattori ambientali aiutano la diffusione del virus. Tra essi, l’inquinamento atmosferico, come dimostrato da molti recenti studi tra cui il paper firmato dalla Sima assieme alle Università di Bologna e di Bari, che certifica la corrispondenza tra diffusione del virus e livelli di particolato atmosferico in Pianura Padana.
Attualmente con il lockdown la contaminazione atmosferica è diminuita e le emissioni hanno registrato un netto calo, proiettato, secondo Carbon Brief, verso un -4% annuo rispetto al 2019. Una riduzione comunque insufficiente a centrare l’obiettivo del contenimento del global warming entro i +1,5°C al 2100. Per questo servirebbe, calcola l’Ipcc, un taglio di almeno il 6% l’anno, stabile per i prossimi 10 anni. Senza strategia di lungo termine, un calo congiunturale è ininfluente: ad oggi aumento delle temperature, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei mari continuano ad avere trend crescente.
L’unica ricetta possibile è il varo di profonde riforme strutturali, a partire dal modello energetico e produttivo e dalla logistica globale dei trasporti.
Ma con la crisi economica e la contrazione del PIL in vista c’è poco da star sereni. Tutto lascia presagire che decisori politici e player economici lavoreranno per consolidare lo status quo pre-crisi. L’ultimo mese è stato denso di appelli ad abbandonare le “ideologie ecologiste” in nome dell’incrollabile faro del pensiero unico: il rilancio della crescita economica, nostra signora e padrona. Di quale tipo di crescita si tratti, che causi milioni di morti per inquinamento o sfrutti i lavoratori riducendoli in schiavitù, non importa. Business as usual, purché si cresca.
Una visione del futuro difesa a spada tratta dalle destre nostrane ed europee e da leader mondiali come Bolsonaro a Trump. Il mantra: la tutela ambientale è subordinata al buon andamento dell’economia. Non è, com’è evidente, precondizione per il benessere umano, ma merce tra le merci.
Nell’etica capitalistica del resto, tutto ha un prezzo. Trump ha utilizzato la crisi per sospendere tout court le leggi ambientali, con un provvedimento senza scadenza (e senza precedenti) che è un lasciapassare per i grandi inquinatori, provvidenziale a pochi mesi dalle presidenziali.
Occorre stare in allerta: far tesoro delle evidenze che dalla crisi emergono e spingere affinché chi ne ha il potere sia indotto a costruire alternative mirate all’equità e alla giustizia ambientale.
In tal modo potremo trasformare un’evenienza spaventosa nell’occasione per ripensare finalmente il modo in cui viviamo, produciamo, consumiamo.
* Associazione A Sud