Valle Galeria: terra ai margini della città
Di terre dei fuochi e triangoli della morte è piena l’Italia. Talvolta non si tratta di triangoli nella geometria stretta del termine ma di aree circolari o quadrilateri, come l’area di Valle Galeria a ovest della capitale, un quadrilatero stretto dal Grande Raccordo Anulare, dell’Autostrada Roma-Fiumicino a Sud, dell’Autostrada Roma-Civitavecchia e dalla SS1 Aurelia a Nord.
Fino al 2013 in quest’area sorgeva una delle più grandi discariche d’Europa, Malagrotta.
Un nome che forse non dirà nulla a un qualsiasi cittadino italiano ma che ha accompagnato gli incubi della periferia romana per molto tempo a causa dell’impatto ambientale che continua a generare nella zona.
Dal 2003, infatti, la discarica è oggetto di un procedimento di bonifica a seguito di “una concentrazione di idrocarburi superiori ai limiti di legge” in almeno tre pozzi. Secondo i dati dell’Arpa Lazio, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, che ancora oggi effettua costanti verifiche. “Il procedimento è attualmente in fase di caratterizzazione” dal 2017. Della bonifica non sembra esserci traccia tanto che, in una sua relazione di giugno 2023, Arpa scrive che “al fine delimitare la sorgente di contaminazione, la caratterizzazione dovrà essere integrata prevedendo l’ampliamento della rete di monitoraggio”. I dati attuali, infatti, non consentono di rilevare la contaminazione delle acque sotterranee – tecnicamente dette plume – sebbene Arpa abbia già denunciato una contaminazione delle acque più esterne.
Eppure a marzo 2023 sono stati stanziati dal governo 249 milioni necessari per due diverse operazioni che dovrebbero «mettere in sicurezza» Malagrotta nel giro di quattro anni, attraverso lo strumento del Fondo per lo sviluppo e la coesione. Per la realizzazione di queste operazioni, tecnicamente complesse vista l’estensione dell’area, è stato nominato un commissario unico, il generale dei Carabinieri Giuseppe Vadalà.
Nell’area di Malagrotta ci sono poi due impianti di trattamento meccanico biologico – i TMB denominati Malagrotta 1 e Malagrotta 2 – della società E. Giovi Srl, società dal 2018 in amministrazione giudiziaria, utilizzati per trattare il residuo liquido dei rifiuti come il percolato, e l’acqua piovana raccolta o di condensa che finisce anche nei fiumi Rio Galeria e Rio Santa Maria Nuova, nei pressi della discarica.
La periferia come zona di sacrificio
Al contempo nell’area di Valle Galeria si sono accumulati negli anni tutta una serie di impianti che la città nella sua imposizione gerarchica nei confronti della periferia ha relegato con prepotenza fuori dalle proprie mura. I RIR, impianti a rischio di incidente rilevante si susseguono numerosi creando una costellazione visibile nella nostra mappa: a nord – ovest della discarica di Malagrotta c’è il deposito comune DE.CO per lo stoccaggio e la spedizione di prodotti petroliferi, poco più a sud si trova Lampogas per il deposito dei gas liquefatti, mentre lungo tutto il versante ovest della discarica si trova l’area dell’ex Raffineria di Roma proprietà di Total, ora adibita a deposito carburanti.
L’elenco include anche due depositi Eni, uno a Ponte Galeria e l’altro a Pantano di Grano, dove secondo l’Arpa a marzo 2023 ci sono stati dei superamenti per i parametri di piombo, rame e zinco oltre i limiti di legge. La zona è infine puntellata da un numero consistente di ex cave di rifiuti inerti che, oltre altri impatti ambientali, generano traffico di mezzi pesanti.
Con una nota del 23 giugno 2017, lo stesso Municipio Roma XII confermava che “nella parte più esterna del territorio di competenza del municipio, insiste la Valle Galeria ed il quartiere popolare di Massimina. Si tratta di una zona periferica fortemente degradata che negli anni ha subito un profondo carico ambientale derivante dalla presenza della ex discarica di Malagrotta e relativi impianti di gestione rifiuti ad essa collegati. Oltre ciò nella medesima area impattano diversi impianti industriali a rischio d’incidente rilevante”.
Ma gli impianti non sono finiti.
A far sollevare ancora una volta la testa cittadine e cittadini, che nel 2019 si sono uniti in un comitato a difesa del territorio (Valle Galeria Libera), è arrivata la notizia della realizzazione impianto di selezione e valorizzazione delle frazioni secche da raccolta differenziata di Ponte Malnome: si tratta di due impianti per la raccolta della carte e della plastica con un progetto dal valore di 21.632.125 euro. Si tratta di un provvedimento in linea con la Missione 2 Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica prevista nel Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.
Di rivoluzione verde però, chi abita nella zona ne han vista poca. La preoccupazione principale del comitato, infatti, è che l’apertura dell’impianto possa godere dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia) rinnovata nel 2021 all’Inceneritore Ospedaliero. Dal sito dell’Ama si evince che l’attività di termovalorizzazione dei rifiuti speciali ospedalieri è stata interrotta dal 2 maggio 2015 e attualmente vengono svolte le sole attività di trasferenza dei farmaci scaduti e delle siringhe usate abbandonate in aree pubbliche. Il dubbio che i residui dei due impianti possano essere trasferiti nell’inceneritore a pochi passi rimane.
Nel corso degli anni, infatti, Valle Galeria è stata il triste teatro di numerosi disastri ambientali: nel 2014 l’esondazione del Rio Galeria ha causato l’allagamento del complesso Ama di Ponte Malnome e delle raffineria di Roma, con dispersione di rifiuti ospedalieri da un lato e scarichi di idrocarburi dall’altra. L’intera zona è a rischio idrogeologico e, secondo quanto denunciato dal comitato, dopo l’episodio non è stato implementato nessun piano di messa in sicurezza. Nel 2015 invece l’oleodotto ha sversato prodotti idrocarburici nelle matrici ambientali. A giugno 2022, uno dei due TMB presenti in zona è andato a fuoco, per due differenti incendi scoppiati in due parti della struttura e l’inchiesta aperta non è riuscita ancora a stabilire le cause del rogo.
Monitoriamoci!
Per provare ad assumere il controllo di quanto la politica ha deciso per loro, cittadine e cittadini hanno promosso manifestazioni, azioni, petizioni e tentativi costanti di dialogo istituzionale. A Sud da anni è al loro fianco e dal 2021 riusciamo a sostenere le azioni proposte dal comitato grazie alle attività del progetto RomaUp (Reti Organizzate per il Monitoraggio Urbano Partecipato). In questi mesi le voci (e i nasi) delle persone hanno denunciato come la rilevante presenza di impianti industriali genera (anche) un impatto diretto sulla qualità dell’aria.
Lo scorso inverno il comitato ha avviato una campagna di monitoraggio partecipato attraverso la rilevazione della concentrazione di PM 2.5 e PM 10 con una centralina prodotta da “Che aria Tira”, gruppo di makers nato da un’idea del Comitato Mamme No Inceneritore di Firenze.
I dati aggiornati in tempo reale sul sito di Che aria Tira mostrano costanti sforamenti. Solo negli ultimi 60 giorni le medie giornaliere della concentrazione di PM 2.5 hanno raggiunto livelli critici 49 giorni e di PM 10 44.
Per questo grazie al supporto di A Sud e RomaUp, il 21 ottobre installeremo altre 4 centraline della stessa tipologia in luoghi strategici identificati dagli abitanti, per aumentare il patrimonio conoscitivo della qualità dell’aria e per fornire strumenti che rafforzino la voce delle persone.