La resistenza al consumo di suolo
Da Torre Spaccata a Fiumicino, passando per Pietralata, la resistenza al consumo di suolo è una battaglia contro la crisi climatica
Di Irene De Marco
Mentre in Emilia Romagna, ancora una volta, l’acqua inghiotte case e strade, mettendo in ginocchio intere comunità, Roma sembra vivere in una bolla di indifferenza. La crisi climatica ci colpisce ormai da vicino, eppure si continua a spingere sul pedale del cemento, ignorando i segni sempre più evidenti di un territorio fragile e vulnerabile. Le devastanti alluvioni al nord sono l’ennesimo richiamo premonitore di quello che potrebbe essere il futuro della nostra città: mangiata prima dal cemento, poi dagli eventi estremi.
La Capitale si consuma
Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), nel 2022 l’Italia ha perso 77 km² di suolo, con una velocità media di consumo di 2,5 metri quadrati al secondo. Il Rapporto ISPRA 2023 evidenzia anche come Roma continua a essere tra le città italiane più colpite dal fenomeno del consumo di suolo. Nel periodo recente, la Capitale ha subito una significativa erosione di aree verdi e agricole, principalmente a causa dell’espansione urbanistica e della costruzione di infrastrutture, che stanno riducendo ulteriormente gli spazi naturali.
Una superficie che corrisponde a circa 180 campi da calcio a Roma: sono 124 gli ettari cementificati nel territorio della Capitale.
Le aree più colpite sono i quartieri periferici e le zone agricole circostanti, che vengono trasformate in complessi residenziali, centri commerciali e strade. Questo ha avuto effetti negativi su diversi fronti, come la perdita di biodiversità, la riduzione della capacità di assorbimento dell’acqua piovana e l’aumento delle temperature locali a causa dell’effetto “isola di calore”.
Voci di resistenza al consumo di suolo a Roma
In questo scenario, sono tante le voci che si alzano nella Capitale. Un urlo cancellato dalle trivelle tornate proprio ieri a Pietralata, dai cantieri per il porto crocieristico di Fiumicino, le cubature di cemento previste su Snia e Pratone di Torre Spaccata e su tante altre zone di Roma.
Qui si combatte una battaglia cruciale, una resistenza che chiama a raccolta chiunque riconosca che le terre, i parchi e gli spazi comuni non sono solo un diritto, ma una necessità per affrontare le sfide del nostro tempo.
Fermare il consumo di suolo è una lotta per la sopravvivenza, una battaglia cruciale per contrastare la crisi climatica e salvaguardare il nostro futuro.
La battaglia del Pratone di Torre Spaccata
A Torre Spaccata, nonostante le ceneri ancora calde dei 30 ettari divorati dagli incendi estivi, le promesse di rispetto e salvaguardia si infrangono contro l’arroganza di chi considera il cemento una soluzione ineluttabile. La voce di 11mila cittadinə, che hanno chiesto di trasformare il Pratone in un parco naturale accessibile a tuttə, nel rispetto delle specie che lo abitano, viene schiacciata dall’indifferenza delle istituzioni, pronte a svendere il futuro della città per progetti di teatri di posa, multisala e residenze private. È il trionfo di un compromesso velenoso, che antepone il guadagno alla vita, il profitto alla giustizia.
Il colossale porto turistico di Fiumicino
A Fiumicino, il colossale porto turistico di Royal Caribbean minaccia di stravolgere l’area dell’Isola Sacra, divorando preziosi spazi costieri. Oltre alla perdita di suolo, il progetto prevede il dragaggio dei fondali carichi di metalli pesanti, mettendo a rischio l’ecosistema marino e la qualità dell’acqua. Un porto che, inserito tra le opere “strategiche” del Giubileo 2025, rappresenta un modello di sviluppo insostenibile che accelera il degrado ambientale, promuove un turismo insostenibile e rischia di cancellare il Bilancione Occupato, spazio sociale e culturale, simbolo di resistenza contro la speculazione e la cementificazione della costa.
Lo stadio di Pietralata: cemento sopra il diritto collettivo
E a Pietralata, lo stadio si impone come un monolite su una terra che avrebbe dovuto essere riqualificata, restituita al quartiere come spazio pubblico, come respiro collettivo. Proprio ieri sono ripartiti gli scavi geognostici, nonostante una sentenza definitiva non sia ancora stata emessa. Il Campidoglio, infatti, sembra determinato a proseguire, accelerando i lavori per ottenere il progetto definitivo dalla società giallorossa.
Un movimento per la giustizia climatica e per fermare il consumo di suolo
Le comunità, però, non stanno a guardare. La resistenza cresce, si coordina. Nel Lazio la Rete Ecosistemica ha ripreso a unirsi proprio per dare voce e unire insieme le vertenze territoriali che combattono la speculazione edilizia. Qui le battaglie locali si intrecciano con quelle globali, perché la lotta per il territorio è anche una lotta per la giustizia climatica. Ogni metro di suolo consumato è un colpo inferto alla nostra capacità di rispondere ai cambiamenti climatici. Ogni albero abbattuto è una risorsa che perdiamo nella battaglia contro l’aumento delle temperature. Lo spazio verde cementificato è un diritto che ci viene sottratto: il diritto alla salute, all’ambiente, a un futuro vivibile, ma anche a spazi comunitari in cui poter vivere la socialità.
Verso un modello di sviluppo sostenibile
Lottare contro il consumo di suolo significa rivendicare un modello di sviluppo che metta al centro la sostenibilità e il benessere delle comunità. È una battaglia contro il saccheggio delle risorse naturali e a favore di un’economia che non si basi sull’estrazione e sullo sfruttamento, ma sulla rigenerazione e la cura. Questo è l’unico futuro possibile in un mondo che sta rapidamente esaurendo i suoi limiti ecologici.
L’appello alla mobilitazione è urgente: unendoci potremo difendere i nostri territori. Questa lotta non riguarda solo chi vive nei quartieri interessati dai nuovi progetti edilizi, ma tuttə noi. La resistenza al consumo di suolo è una battaglia che non possiamo più permetterci di rimandare.
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