COP è l’acronimo di “Conference of the Parties”, quindi conferenze organizzate dall’ONU che hanno come partecipanti i delegati dei governi, i rappresentanti di agenzie dell’Onu, di organizzazioni intergovernative, della società civile e dei media. 

Le Cop nascono in seguito al trattato firmato al Vertice della Terra del 1992 (Rio de Janeiro) che stabilisce gli obblighi fondamentali degli Stati nella mitigazione ai cambiamenti climatici. 

Gli obiettivi principali delle Cop mirano a stabilire accordi internazionali e adottare misure concrete per mitigare i cambiamenti climatici e adattarsi ai loro impatti inevitabili. L’importanza di questi incontri internazionali nell’agenda climatica si basa sul loro potenziale di stabilire negoziati  per contenere la crisi climatica su scala globale, ciò include la riduzione delle emissioni di gas serra, la promozione di energie rinnovabili e l’assistenza ai paesi vulnerabili da un punto di vista climatico e ambientale.

Quest’anno le delegazioni negoziali si ritroveranno a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, un pessimo presagio per i destini di questa Cop. L’emirato del Golfo è infatti 7° produttore al mondo di petrolio, 5° produttore di gas e 6° paese per emissioni di Co2 pro-capite, e mantiene salda la propria economia ancorata allo sfruttamento di combustibili fossili.

A ciò si è aggiunta la nomina a presidente della Cop28 del sultano Al-Jaber, ministro dell’Industria e delle Tecnologie nonché amministratore delegato e direttore generale del gruppo Abu Dhabi National Oil Company, cui è seguita la designazione di diversi funzionari della compagnia nello staff della Cop.

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La prima Cop si è svolta a Berlino nel marzo del 1995, segnando l’inizio di un impegno annuale per discutere e negoziare azioni di risposta ai cambiamenti climatici a livello globale.

 

Ma è stato solo dalla Cop27, che è stato riconosciuto il ruolo che le nuove generazioni giocano nella lotta contro i cambiamenti climatici ed è stato  realizzato un intero padiglione dedicato ai giovani e alle  giovani, “Youth and Children”, con l’intenzione di manifestare un passaggio di inclusione delle nuove generazioni nelle discussioni e nelle decisioni sul clima.

L’intento del padiglione è quello di condividere progetti locali di successo, discutere delle sfide ambientali che si affrontano nelle comunità e proporre idee per affrontare il cambiamento climatico a livello globale. Questo sforzo mira a ispirare azioni concrete e coinvolgere le nuove generazioni nell’attuazione delle soluzioni climatiche.

 

Importante ci sembra a questo riguardo la dichiarazione della direttrice dell’UNICEF:

“Il nostro successo o fallimento nel rispondere alla crisi climatica sarà valutato su due numeri: mantenere il limite di 1,5 gradi e proteggere il miliardo di bambini messi a rischio da questa crisi. La crisi climatica non sta solo cambiando il pianeta, sta cambiando i bambini. I loro corpi e le loro menti sono particolarmente vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico; i bambini sono colpiti in modo sproporzionato da questa crisi che non hanno creato. Oggi, a 30 anni dalla firma della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, i bisogni dei bambini, i loro diritti e le prospettive sono quasi interamente assenti dalle politiche, le azioni e gli investimenti sul clima a tutti i livelli. La Cop28 può porre rimedio a questa situazione. I leader devono mettere i bambini al centro dei risultati della Cop28, dando alle loro vulnerabilità, ai loro bisogni e ai loro diritti la rilevanza che meritano”.

Parole che pesano fortemente sulle coscienze e tanto più quando si comprende che questa è la prima COP in cui il Comitato delle Nazioni Unite si esprime sui diritti dell’infanzia esplicitando il diritto dei bambini e delle bambine a un ambiente pulito, sano e sostenibile (fonte) e sono state offerte indicazioni del Comitato ONU sui diritti dell’infanzia su come gli Stati possono rispettare, promuovere e considerare i diritti dei bambini e delle bambine nell’azione per il clima.

Allora ancora più forte sentiamo la necessità di affrontare la crisi climatica  e socioecologica impegnandoci a promuovere un orientamento culturale ed educativo basato sull’etica della cura e sulla giustizia sociale e ambientale.

E ancor di più crediamo che questi temi debbano entrare nelle aule scolastiche a partire dalle notizie di attualità e da quello che accade ogni giorno nella vita dei giovani e delle giovani. 

 

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