Conversazioni sui luoghi terzi – Libreria Tuba al Pigneto

Sara Cozzone e Alessandro Coltré – A Sud

In un caldo pomeriggio di Luglio, durante il festival Bande De Femmes a Pigneto a Roma, due attiviste di A Sud si alternano a leggere a voce alta testi e letture ecofemministe, storie e testimonianze di persone che hanno legato i concetti del femminismo intersezionale ai principi dell’ecologia e dell’economia trasformativa e circolare. Mentre un pubblico radunato sulla pedonale del Pigneto ascolta, sventolandosi per il caldo e sorseggiando bibite fresche da bicchieri riutilizzabili, tre fumettiste (Frad, Sonno e Claudia Palmarucci) in silenzio impugnano dei pennarelli indelebili e riempiono di arte e disegni i tavolini di Tuba, ispirate dalle parole che ascoltano. 

 

Elisa Coccia e Ginevra Cassetta, per tutte e tutti Dinda, sono librarie e attiviste  di Tuba, mesi dopo ci raccontano come hanno ideato l’evento “Tavole Narranti”, ispirato dal workshop in Francia del progetto co-finanziato dall’Unione Europea “Luoghi Terzi Climatici”. 

Siamo a Pigneto, sedute all’aperto presso la libreria Tuba, è in corso una presentazione di un libro mentre noi parliamo dell’esperienza di Dinda e Elisa in Francia e di come hanno riportato l’educazione ai cambiamenti climatici all’interno della loro realtà e con le loro clienti.

Alessandro: Parliamo un po’ del workshop a Fontainebleau, in Francia.

Dinda: L’esperienza è stata innovativa ma difficilmente replicabile. Il metodo della progettazione e del design thinking è interessante e innovativo, ma non è una cosa a cui siamo abituate, men che mai in Italia. Il metodo del design thinking è un processo, e in quanto tale prevede temi ampi e un investimento di risorse che abbiamo fatto fatica ad applicare. Dietro di noi c’erano altre 9 persone di Tuba, abbiamo provato a costruire il processo tutte insieme, è stato difficile.

Elisa: Per me è stata un’esperienza stimolante, nonostante fossimo in pochi abbiamo fatto tante cose e questo è dovuto alla capacità organizzativa e di ottimizzazione di un progetto con tanti paesi e tante persone. Lo scambio è stata la ricchezza di quei giorni. La difficoltà più grande è stata riportarlo nel quotidiano. 

Sara: E insieme poi siete riuscite a creare “Tavole Narranti” sull’ecofemminismo durante il festival di Bande de Femmes.

Elisa: Sì esatto. Questa esperienza ha fatto crescere tutte. Erano due anni che dovevamo sostituire i bicchieri usa e getta che usiamo nei festival con quelli riutilizzabili di Tuba. Il risvolto pratico del quotidiano ha mosso il gruppo a riaffermare le cose in modo più chiaro. All’inizio è servito molto ad affrontare le tematiche della sostenibilità al nostro interno, ci ha permesso di fare un discorso collettivo non dando per scontate alcune cose, su cui possiamo ancora fare e ha motivato tutte su un livello di attenzione alle pratiche ecologiste.

Alessandro: Di certo è difficile far sedimentare certe cose. Avete discusso alcune criticià? Secondo voi qual è la mancanza più grande, l’ ostacolo per praticare alcuni concetti appresi durante il workshop nei luoghi terzi romani. 

Dinda: C’è una difficoltà nel praticarlo quotidianamente, ma è un problema sistemico. La questione è che a monte hai fatto poco, se Tuba non vende bottiglie acqua plastica ma poi le persone le comprano fuori. Dal punto di vista di Tuba abbiamo uno sguardo privilegiato, che si è costruito in 16 anni:  c’è una sorta  autoselezione all’ingresso; le persone sanno come funziona Tuba, di cosa parla e su cosa è molto rigida. Io abito a Malatesta: siamo abituati a una politica spesso calata dall’alto. Quello che secondo me manca per essere efficienti è una linea e una soluzione chiara  di come puoi concretizzare abitudini virtuose. Come posso ridurre comprando? Come posso differenziare usando i secchi che ci sono? Le persone in Italia e nel nostro territorio hanno bisogno di un elemento di immediatezza, di soluzioni che di fatto non ci cambia nulla applicare ma che vanno verso un obiettivo collettivo di riduzione, non ci è chiaro il discorso che se non agiamo saremo sotterrati da rifiuti. Abbiamo ragionato molto su questo: manca un obiettivo intermedio.  A giugno durante il festival i secchi della raccolta di rifiuti erano pieni, come si fa nell’immediato nel quartiere a gestire la situazione?

Alessandro: Questo elemento secondo voi contiene l’azione cittadina?

Elisa: Non basta, manca la continuità. Noi per prime abbiamo avuto l’entusiasmo iniziale ma che con i ritmi della quotidianità tante idee bellissime non sono state fatte. Il tempo dedicato alla formazione sui temi e i metodi è stato indispensabile, abbiamo fatto una piccola parte, senza mettere delle scadenze sostenibili per le vite dense che abbiamo. 

Dinda: Con Bande de Femmes e il festival Inquiete abbiamo spinto su alcune questioni, abbiamo invitato le persone a comportarsi in un certo modo, con i secchi della differenziata, se i clienti ce l’hanno davanti almeno ci pensano.

Elisa: Oltre a parlare dal bancone con le persone che frequentano Tuba, poi mancano dei luoghi cittadini dove discutere di clima e di economia circolare.  È interessante pensare a posti dove generare attivazione dei singoli. 

Dinda: Bisogna tenere conto della complessità di Roma.  Il comune di Bologna distribuisce dei secchi in pvc per gli eventi, che poi puoi richiudere e riusare per la prossima volta. A Roma ho dovuto ordinare online dei secchi della differenziata fatti di cartone. Se non ci sono fondi e strumenti per attuare azioni che riducono i rifiuti, come possiamo farle in autonomia? L’economia circolare è poco accessibile a Roma.

Elisa: Questo genere di ricerca stimolata da un percorso di formazione e attivazione, può stimolare anche una proposta al comune. La difficoltà è che bisognerebbe prenderci tutte e tutti per mano, dal singolo cittadino all’amministrazione pubblica alle catene dei supermercati. O tutti insieme o niente. 

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