Alla COP sul clima il governo italiano è sponsor dei grandi inquinatori
Con una lettura approfondita (ma ancora preliminare) della lista ufficiale degli accrediti, la campagna Clean the Cop contribuisce a gettare luce sulla presenza, e gli affari, dei lobbisti delle imprese fossili che il governo ha accreditato per la Cop29 che si sta concludendo a Baku.
Per chi lavora il governo? A giudicare dagli accrediti concessi per la Cop29 ai lobbisti delle energie fossili non certo per la decarbonizzazione. L’Italia, infatti, è il primo Paese in Europa per numero di badge concessi ai dipendenti e dirigenti di imprese che fanno affari con gas e petrolio: 25 persone, rappresentanti sia di imprese italiane che estere.
Un primato tutt’altro che invidiabile, visto che, al di là delle apparenze, i lobbisti di queste imprese – che si chiamano Eni, Enel, Edison, Snam, Italgas, ma anche Seingim Group e Socar – continuano a fare i lobbisti anche quando partecipano alle Conferenze Onu sul clima. Tanto che proprio una delle imprese accreditate dal nostro esecutivo – Italgas – nei primissimi giorni della Cop ha stretto accordi per la distribuzione di gas del Paese ospite, l’Azerbaijan.
Ha senso continuare a facilitare la presenza di questi soggetti alle Conferenze sul clima? No. Per questo l’associazione ecologista A Sud, il magazine EconomiaCircolare.com e Fondazione Openpolis hanno dato il via alla campagna Clean the Cop (cui hanno aderito anche Greenpeace Italia, Energia per l’Italia, ISDE – Medici per l’ambiente, Rinascimento Green e Coordinamento Nazionale No Triv). Che chiede al governo italiano di lavorare per ripulire le negoziazioni climatiche internazionali dagli interessi delle industrie dell’Oil&gas, di essere coerente con gli obiettivi di decarbonizazione nazionali ed europei, e di garantire trasparenza in merito ai criteri coi quali concede accrediti governativi per partecipare alle Cop.
La carica dei 1773
Sono 1773 i rappresentanti delle imprese ‘fossili’ accreditati per partecipare alla Cop29 di Baku. E spesso a concedere i badge sono stati i governi dei Paesi firmatari della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, quella che dovrebbe trovare soluzione alla crisi climatica. A fare i conti, partendo dalle liste ufficiali degli accrediti diffuse dall’UNFCC, è stata Kick Big Polluters Out (KBPO), coalizione di oltre 450 organizzazioni di tutto il mondo unite nel chiedere di porre fine all’influenza dei grandi inquinatori sulle regole dell’azione per il clima.
Parte dei lobbisti è stata accreditata da governi europei, come segnalato dalla campagna Fossil Free Politics (FFP), che ci dice che i governi dell’UE hanno portato 115 lobbisti dei combustibili fossili alla Cop29, come parte delle delegazioni ufficiali. Non tutti i governi, però. I governi dell’UE che hanno portato i lobbisti dei combustibili fossili alla COP29 sono: Italia (25), Grecia (24), Svezia (17), Belgio (13), Danimarca (10), Bulgaria (9), Romania (7), Ungheria (5), Portogallo (5), Paesi Bassi (1).
“Gli eventi meteorologici estremi legati alla crisi climatica sono costati all’economia globale più di 2.000 miliardi di dollari nell’ultimo decennio. I sussidi all’ industria dei combustibili fossili ammontano a 7.000 miliardi di dollari solo nell’ultimo anno. E nel frattempo alla Cop i grandi inquinatori, gli stessi che continuano a incrementare gli investimenti in energie fossili, siedono accanto ai rappresentanti dei governi facendo pressioni per implementare false soluzioni e rallentare le azioni finalizzate a far pagare loro i costi della decarbonizzazione”, dice Raffaele Lupoli, direttore di EconomiaCircolare.com: “Non è tollerabile che siano i governi stessi a riservare a questi soggetti spazi privilegiati durante le trattative, creando peraltro una disparità di trattamento rispetto a chi rappresenta le imprese davvero impegnate nella decarbonizzazione”.
I lobbisti portati dall’Italia
Mettiamo a fuoco allora il nostro Paese che, evidentemente, non ha fatto mancare il proprio sostegno alle imprese dei carburanti fossili.
Il governo ha infatti accreditato alla Cop29 ben 25 lobbisti del fossile. E non sono stati solo lobbisti nazionali.
Cinque accrediti fanno riferimento a imprese straniere.
Tra queste, quella che ha ricevuto più accrediti dall’Italia è Tokyo Gas, con 3 accrediti. Poi Mediterranean Energy and Climate Organisation-OMEC: con 2 accrediti. Il nome potrebbe indurre dubbi, ma tra i partner dell’organizzazione troviamo giganti dell’Oil&Gas come Eni, Edison, SNAM, SHELL. E poi, uno dei due accrediti è concesso a Lapo Pistelli, direttore degli affari istituzionali di Eni. Fugati i dubbi?
Ultimo ma non ultimo lobbista straniero a cui il governo italiano ha concesso un badge per Baku è persona di casa da quelle parti: Azer Mammadov, Direttore generale di SOCAR (State Oil Company of Azerbaijan Republic) la principale società energetica del Paese che ospita la Cop. Un badge di cortesia, potremmo dire. Sarà un caso che l’Italia è il primo importatore di combustibili fossili (gas e petrolio) dell’Azerbaigian?
Per quanto riguarda i rappresentanti di società italiane, sono 20 i lobbisti ai quali il governo ha aperto le porta della Cop.
La maggior parte dei badge sono andati a Italgas, con sette accrediti più uno attribuito a Italgas Reti. Tra questi Paolo Gallo e Pier Lorenzo Dell’Orco, amministratori delegati delle due società, e Leonardo D’Acquisto, direttore degli affari istituzionali. E proprio da Italgas arriva l’ennesima conferma – dopo le inchieste del Guardian – del ruolo che questi soggetti, invitati dai governi, hanno alle conferenze Onu sul clima. Il 12 novembre, infatti, a Cop appena aperta, Italgas e la SOCAR hanno firmato un accordo per una partnership strategica per la distribuzione di gas azero. Affari, ecco il motivo di queste trasferte facilitate dal nostro esecutivo.
Dopo Italgas, la delegazione più numerosa è quella di Edison, con 4 accrediti.
Troviamo poi Piero Ercoli, Domenico Maggi e Sergio Molisani, rispettivamente executive director, Head of EU Affairs e Chief of International Assets Officer di Snam registrati però come “affiliated advisor” della Venice Sustainability Foundation, fondata per dare vita alla hydrogen valley a Marghera (si tratterà, evidentemente, di idrogeno blu, ottenuto da gas).
Con un badge ciascuno abbiamo infine Enel (Daniele Agostini, Head of Energy and Climate Policies), Confindustria (Daniele Bianchi, Coordinatore dei consorzi energetici nazionali oltre che membro del Cda del Consorzio Toscana energia), Seingim Group (gruppo ingegneristico che si occupa anche di Oli&gas, con Vittorio Maria Nicolò Maiorana, direttore degli affari Internazionali) ed Eni, con il vicepresidente Marco Piredda (oltre al già ricordato Pistelli, sotto vesti OMEC).
I lobbisti italiani accreditati da altri
Oltre a questi, tutti accreditati dal governo italiano, altri rappresentanti della nostra filiera Oil&gas sono stati accreditati da altri soggetti: sono 6 in tutto, che sommati ai 19 accreditati dal governo italiano portano a 25 il numero di lobbisti di imprese italiane dei combustibili fossili per i quali, ad oggi, si è riusciti verificare un accredito alla Cop29.
La società italiana che ha ricevuto più accrediti da soggetti diversi dal nostro governo è Eni: risultano altre 4 persone – a parte i citati Piredda e Pistelli – di cui 3 invitate dalla camera di commercio internazionale e 1 dal paese ospite: il CEO Claudio Descalzi. Oltre a Descalzi l’Azerbaijan ha invitato anche un rappresentante di Snam, Massimo Derchi, Chief Operations Officer. Fondazione Centro Studi Enel accredita un dipendente Enel, Riccardo Pozzi.
“Come organizzazione della società civile – commenta Marica Di Pierri, portavoce di A Sud – esprimiamo preoccupazione nei confronti di questa presenza ingombrante. E auspichiamo che i processi decisionali in ambito climatico lavorino per una maggior inclusione delle istanze sociali e delle istanze provenienti dai Paesi vulnerabili ai cambiamenti climatici, anziché confermare questa sostanziale sudditanza agli interessi delle Oil&gas companies”. Una preoccupazione, aggiunge, che si innesta “in un quadro generale preoccupante in cui, da alcuni anni, la scelta di tenere le negoziazioni in petrol stati mal si coniuga con la necessità di procedere a tappe serrate verso l’abbandono progressivo dei combustibili fossili” “Il fatto che anche quest’anno l’Italia si confermi sostanzialmente al primo posto in Europa per presenza di lobbisti dell’industria fossile alla Cop sul clima – conclude Di Pierri – sottolinea l’esistenza di un problema che va denunciato e affrontato: l’ingerenza che queste compagnie esercitano sia a livello nazionale che a livello internazionale nel varo di politiche energetiche e climatiche”.
Secondo Michele Vannucchi della Fondazione Openpolis, “i dati rilasciati fino a questo momento mostrano che non tutti i paesi europei forniscono a lobbisti del fossile accrediti per partecipare alle Cop, come invece fa il governo italiano. Un aspetto che rende la nostra richiesta di trasparenza ancora più urgente.”
“Ancora una volta la lobby fossile, con i campioni nazionali di Eni e Snam in prima fila, guarda alla COP come un’occasione per fare affari e per promuovere le proprie false soluzioni alla crisi climatica, CCS e idrogeno in primis. Anche quest’anno il negoziato è in crisi e una delle ragioni è proprio questa: non si possono ottenere risultati ambiziosi se i lobbisti fossili la fanno da padroni anche negli spazi negoziali. La loro massiccia presenza a Baku è uno scandalo a cui bisogna porre fine, ‘liberando’ dalla presenza di lobbisti fossili i negoziati per il clima” ha dichiarato Elena Gerebizza di ReCommon, tra le autrici del rapporto internazionale di KBPO sui lobbisti fossili alla COP29.