L'ambiente entra in Costituzione: il commento di A Sud

L’ambiente entra in Costituzione: un’ottima notizia per Giudizio Universale e uno strumento in più per la giustizia ambientale e climatica.

Da oggi la tutela dell’ambiente diventa un diritto e un dovere: l’Italia inserisce nella Costituzione la tutela della biodiversità, degli ecosistemi e la protezione delle generazioni future. Un avanzamento che sarà di estrema importanza per la causa contro lo Stato promossa dalla campagna Giudizio Universale, con cui oltre 200 ricorrenti tra cittadini e associazioni hanno portato lo Stato in Tribunale per chiedere maggiore giustizia climatica. “Si tratta di una decisione storica – afferma Marica Di Pierri, portavoce dell’associazione A Sud. In particolare il riferimento all’interesse delle future generazioni sarà prezioso anche per l’azione legale climatica contro lo Stato promossa nell’ambito della nostra campagna Giudizio Universale e ci dà ulteriori strumenti per continuare a lottare in tribunale”.
L’inserimento in Costituzione degli interessi delle future generazioni può portare infatti a risultati giudiziari rilevanti, come in Germania, dove il Tribunale costituzionale ha condannato lo Stato perchè varando la legislazione al clima non aveva previsto limiti alle emissioni dopo il 2030 non tenendo in sufficiente considerazione, secondo la Corte, gli impatti sulle generazioni future.
“Ci sono voluti 70 anni per arrivare a questo risultato. È un avanzamento importante che adesso deve però essere tradotto in politiche sostanziali a sostegno di politiche radicali e ambiziose, improntate alla conversione ecologica, all’azzeramento delle emissioni, alla giustizia ambientale e climatica” – aggiunge Di Pierri. “Crediamo che un ambizioso balzo in avanti sarebbe stato inserire in Costituzione anche la tutela della stabilità climatica, come avvenuto già in alcuni paesi. La tutela del clima stabile infatti avrebbe fornito uno strumento diretto e formidabile per la tutela dei diritti dagli impatti climatici”. “Il nuovo testo fornisce in ogni caso un riferimento giuridico di massimo livello per tutte le istanze di protezione degli equilibri ambientali e dei diritti umani legati all’ambiente”, conclude.
L’azione legale climatica avviata nel giugno scorso contro lo Stato è entrata nel vivo il 14 dicembre con la prima udienza, celebrata in modalità telematica. La risposta dello Stato dopo la prima udienza è stata estremamente insoddisfacente. Secondo i ricorrenti l’Avvocatura dello Stato ha ignorato del tutto, nella sua risposta, i recentissimi allarmi lanciati dagli scienziati, che anche nel corso della Cop26 di Glasgow hanno ribadito che gli impegni degli Stati sono drammaticamente insufficienti a realizzare l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi. C’è di più. Nelle sue conclusioni lo Stato afferma che siccome, pur impegnandosi, non può realizzare un abbassamento delle temperature essendo l’emergenza climatica riconducibile all’azione di una pluralità di soggetti, non gli sarebbe di fatto imputabile una responsabilità giuridica per inazione climatica. La formula utilizzata è “ad impossibilia nemo tenetur”, che significa letteralmente “Nessuno è tenuto a fare l’impossibile”.

La revisione degli articoli 9 e 41 della Carta Costituzionale è anche in tal senso una buona notizia: il portato del nuovo testo avrà di certo ricadute anche sul lavoro dei giudici rafforzando i riferimenti normativi a fondamento delle istanze di protezione dagli impatti ambientali e climatici.


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