Honduras, fallisce la mediazione. Insulza: Nessun intervento militare
Il governo di Roberto Micheletti ha mantenuto ferma l’intenzione di voler portare il paese alle urne a novembre per insediare il nuovo presidente a gennaio, come vuole la Costituzione. La situazione in Honduras rimane intanto appesa al nuovo – e forse ultimo – tentativo che il presidente del Costa Rica, Oscar Arias ha fissato, dopo il fallimento registrato domenica. Il premio Nobel per la Pace ha chiesto temo fino a mercoledì per elaborare una nuova “e più coraggiosa” strategia da portare alle delegazioni del presidente eletto Manuel Zelaya e del presidente “de facto” Roberto Micheletti.
Intanto, l’opposizione al presidente Roberto Micheletti è tornata a puntare l’indice contro Washington. Il governo degli Stati Uniti, ha detto il dirigente del Bloque popular Carlos Reyes “non ha adottato nessuna misura di costrizione contro il governo dell’usurpatore Roberto Micheletti”. Parlando dalla sede di uno dei sindacati che guidano la protesta antigolpista in favore del presidente eletto Manuel Zelaya, il politico ha detto che la mancata “rappresaglia” potrebbe intendersi come un appoggio diretto di Washington al governo “de facto” di Tegucigalpa. Nei giorni immediatamente successivi al colpo di stato, la Casa Bianca aveva preso posizioni nette a favore di Zelaya indicandolo come unico presidente riconosciuto e il suo voto aveva contribuito a sospendere l’Honduras dall’Organizzazione degli Stati americani. Gli Usa – unico paese a non aver richiamato l’ambasciatore dall’Honduras – confermano però la loro linea di non ingerenza diretta e, dopo aver avallato il tentativo di mediazione del presidente del Costa Rica Oscar Arias, insite nel sottolineare che l’uscita dalla crisi deve maturare in seguito a un accordo tra honduregni. “Stiamo seguendo da vicino (la crisi) e aspettiamo a veder cosa succederà”, ha detto un portavoce della Casa Bianca, Rob McIntuff. “Alla fine – ha aggiunto – deve emergere una soluzione degli honduregni per l’Honduras. Stiamo cercando una soluzione pacifica. Questi attori – ha concluso McIntuff parlando delle delegazioni coinvolte nei negoziati di San José – hanno la possibilità e speriamo che facciano il possibile per raggiungere la soluzione”.
In realtà a “scagionare” Washington da una complicità con il governo Micheletti è stato proprio Manuel Zelaya. Il presidente eletto, che poco dopo il golpe aveva chiesto – e ottenuto – da Obama una condanna esplicita dei fatti, ha rilasciato nel fine settimana un’intervista alla testata nicaraguese Publico. “Il governo degli Stati Uniti – aveva detto Zelaya smentendo l’ipotesi che non fosse sufficientemente appoggiato dalla Casa Bianca – ha una sola posizione, ma i gruppi che si oppongono a Obama hanno atteggiamenti diversi”. Zelaya ha sottolineato il fatto che Washington ha “ristretto gli aiuti”, compresi quelli militari (lasciando in piedi, come ha fatto la Commissione europea, quelli destinato a progetti di cooperazione allo sviluppo). La permanenza dell’ambasciatore statunitense a Tegucigalpa, sarebbe secondo il presidente un modo per “aiutare a risolvere il problema”.