Donde está Santiago Maldonado?
Comunicato della famiglia di Santiago Maldonado
Il corpo trovato nel Río Chubut è quello di Santiago.
L’incertezza sulla sua fine è terminata. Il calvario che per la nostra famiglia è iniziato il giorno stesso in cui abbiamo saputo della sua sparizione non terminerà fino a quando sarà fatta Giustizia.
Possiamo dire davvero poco sui nostri sentimenti davanti alla conferma dell’identità di Santiago: questo dolore non conosce parole.
Le circostanze del ritrovamento del corpo ci fanno venire molti dubbi. Crediamo sia il momento di procedere con fermezza nelle indagini e di lasciar lavorare senza pressioni il Giudice Lleral. Dobbiamo sapere cos’è successo a Santiago e chi sono i responsabili della sua morte. Tutti. Non solo quelli che gli hanno tolto la vita ma anche quelli che, per le loro azioni o omissioni, hanno collaborato nell’occultamento e hanno pregiudicato il processo di ricerca.
Eravamo nel giusto a protestare per la inazione, l’inefficacia e la parzialità del precedente giudice nell’iter della causa. Continua a risultarci inspiegabile il rifiuto del Governo Nazionale dinanzi alla proposta di collaborazione di esperti dell’ONU, di comprovata esperienza internazionale. Nessuno potrà toglierci dalla testa che si sarebbe potuto fare molto di più e molto prima.
Ai mezzi di comunicazione, alle organizzazioni sociali, dei diritti umani, di categoria, alle persone che ci hanno accompagnato nelle marce per Santiago, chiediamo che continuino a rivendicare Giustizia, con più forza che mai e in pace. Alle forze politiche, che facciano il maggior sforzo possibile per appoggiare e garantire tutte le azioni che ci aiutino a trovare la Verità e a ottenere Giustizia.
La morte di Santiago non deve essere motivo di divisioni o di battaglie interessate. Nessuno può accampare diritti sul dolore di questa famiglia, per la quale chiediamo rispetto.
Per Santiago, per noi.
21 ottobre 2017
[di Anita Rizzi per A Sud] E’ dal primo agosto 2017 che Santiago Maldonado è scomparso, desaparecido. Il giovane stava manifestando a fianco delle comunità indigene Mapuche, che rivendicano un terreno di proprietà della Benetton che lo ha acquistato nel 1991. [Qui, un articolo sul conflitto Benetton-Mapuche del Centro di Documentazione Conflitti Ambientali] Santiago è stato visto l’ultima volta mentre fuggiva dalla violenta repressione dopo l’intervento della polizia e da qual momento di lui non si hanno più notizie. La mattina del 18 ottobre dai sommozzatori argentini nel fiume Chubut, in Patagonia, è stato rinvenuto un cadavere. La famiglia del 28 enne attivista per i diritti degli indigeni Mapuche non ha però confermato l’identità del corpo e ha emanato un comunicato per chiedere alla stampa di attendere i risultati delle perizie prima di annunciare la morte del figlio. Intanto è stata lanciata la campagna Aparición con vida e numerose voci da tutto il mondo si sollevano chiedendo “Donde está Santiago Maldonado?”
Di seguito, la traduzione della lettera che Facundo Jones Huala ha rivolto a Santiago Maldonado [Qui in lingua originale]:
Lettera di Facundo Jones Huala a Santiago Maldonado, 26 agosto 2017
GRAZIE, FRATELLO
Grazie. Tutto qui. Ti direi grazie, se potessi averti di fronte a me in questo momento. Grazie infinite, perché non trovo parole più potenti per esprimere la riconoscenza profonda che nutro per il tuo amore alla nostra comunità, per la tua dedizione così disinteressata, per il semplice desiderio e l’arduo lavoro che hai investito nel provare a conoscerci, ma a conoscerci per davvero. Uno sforzo immane, fratellino, che non resterà invano: la tua infinita solidarietà raccoglie in queste ore innumerevoli dimostrazioni di umanità che riaffermano i tuoi diritti insieme ai nostri, diventando un esempio che potrà essere coniugato in tutti i tempi.
La risposta non è su Facebook né in nessun’altro social network: la risposta è nelle mani della Gendarmeria Nazionale.
Sono stati loro a portarti via. Loro ti hanno picchiato. Loro ti hanno sequestrato. E al cospetto di tutto quel giornalismo che trova sempre il modo per guardare dall’altra parte, ancora una volta dico che è tornato il terrorismo di Stato. Perché è così, noi popoli delle origini stiamo urlando già da molto tempo, ma l’eco comincia a sentirsi solo ora e questo lo dobbiamo anche alla tua lotta.
Io sono stato arrestato per la prima volta quando avevo 11 anni. Vivevo a Bariloche e stavo andando a comprare delle cartine geografiche. “Per atteggiamento sospetto”, dissero con l’atteggiamento sospetto proprio di chi sospetta sempre e solo dell’atteggiamento altrui.
A loro non disturbano le nostre “armi”: a loro disturbano le nostre armi politiche.
Loro dispongono di tutto l’arsenale economico, mediatico e simbolico. E noi ci siamo trasformati in nemici quando abbiamo deciso di affrontarli. Ma tu, Santiago, anche senza essere un mapuche, ti sei unito alla nostra comunità abbracciando la nostra causa come se fosse la tua. E il giorno del tuo sequestro i gendarmi vennero con quell’idea fissa che tu già avevi scoperto diversi tempo fa: “Gli indigeni si uccidono”. Questa volta non si sono portati via un indigeno, ma si sono portati via te, che oggi conduci le nostre rivendicazioni dove noi non siamo mai riusciti, perché il nostro destino è sempre tanto silenzioso quanto la nostra storia. Lo dicono i tuoi compagni, lo dice la tua consapevolezza: se lo scomparso fosse un mapuche, quante grida si alzerebbero?
Noi indigeni possiamo scomparire senza che nessuno esca a protestare.
Tu sei venuto per gridare questa verità e nemmeno portandoti via sono riusciti a zittirti.
Non abbiamo avuto modo di condividere il nostro tempo, ma tutti i peñi (fratelli) e le lamien (sorelle) che ti conoscono parlano molto bene di te, rafforzando le parole di questa lettera che scrivo. E allora, anche senza esserci mai conosciuti, posso dire con certezza quanto apprezziamo la tua autenticità: dire quel che pensavi e fare quel che dicevi…
Ne restano pochi, molto pochi, con una simile qualità, quella che ti ha reso imprescindibile. Ma è sufficiente ripercorrere le tue azione per conoscere le tue convinzioni politiche che ora diventano esempio per migliaia, migliaia che potrebbero emularti nella lotta, migliaia che potrebbero diventare altri Santiago.
Quel 1 agosto forse avresti dovuto essere da qualche altra parte, ma le tue convinzioni ti hanno portato da noi, al di là delle regole così chiare della nostra comunità: “se non sei mapuche, non devi esporti mai”. Questo siamo soliti dire, ma tu hai scelto di restare e di appoggiarci fino alla fine, penetrando in profondità nella nostra cultura, un luogo spesso inaccessibile per chi viene da lontano. Le tue decisioni, le tue convinzioni, ci uniscono e ci rendono fratelli in un solo urlo rivolto a tutti gli esseri dotati di umanità nel mondo…
Io non so dove siano il Che, Severino Di Giovanni, Evita, Tupac Katari o Gandhi, ma sicuramente staranno urlando da qualche parte:
Dove cazzo è Santiago Maldonado?!