Il premio Goldman alle lotte contro la Texaco
di Marica Di Pierri su Carta, il 28 Aprile 2008
Luis Yanza è cofondatore del Fronte di Difesa dell’Amazzonia, l’organizzazione che fu creata per raccogliere i 30 mila abitanti danneggiati dalla Texaco. Pablo Fajardo, residente in una delle comunità danneggiate, è invece a capo dell’equipe di avvocati incaricati della causa ed è divenuto nel tempo la voce pubblica delle comunità in lotta.
Quello compiuto dalla Texaco nell’Amazzonia dell’Ecuador è stato definito il peggiore disastro ambientale mai causato da una multinazionale del petrolio. Tra il 1964 e il 1993 la compagnia ha operato in Amazzonia ricevendo dai governi un milione e mezzo di ettari di selva in concessione. Selva vergine, dove vivevano numerose comunità indigene.
La Texaco è colpevole di aver scaricato 17 milioni di galloni di petrolio e 20 milioni di galloni di rifiuti tossici e di acque residuali di lavorazioni nei corsi d’acqua usati da oltre 30 mila persone.
Durante i decenni di attività la multinazionale, per aumentare i guadagni, scelse infatti di non usare le tecnologie di rispetto ambientale. Ancora oggi molte comunità continuano ad pagare le conseguenze della contaminazione sia sulla salute sia sul territorio e sulle forme di vita e di sussistenza tradizionale. L’incidenza dei casi di disturbi fisici, tumore e nascite difettose è cresciuta a ritmo esponenziale negli ultimi 30 anni.
Nel 1993, Yanza e un equipe di avvocati presentarono una denuncia collettiva contro la Texaco [acquisita dalla Chevron del 2001] in una Corte del distretto di New York non lontana dalla sede dell’impresa. Tra i denuncianti, oltre ai coloni, appaiono cinque popoli indigeni: siona, secoya, cofán, huaorani e kichwa, divisi in 80 comunità per un totale di 30 mila persone.
Nel 1996 la Corte rigettò il caso, ma l’appello proposto dai denuncianti ribaltò la decisione. Nel 2002 la Corte federale d’appello statunitense accettò la richiesta dell’impresa di trasferire il caso in Ecuador. Dopo 10 anni di stallo presso le corti di giustizia degli Usa, il giudizio è stato quindi istaurato nel 2003 in Ecuador nella città amazzonica di Lago Agrio, nel cuore dell’eldorado petrolifero amazzonico.
La richiesta di riparazione oggetto del giudizio comprende la rimozione di tutte le acque di formazione, dei rifiuti tossici e dei macchinari abbandonati, la bonifica delle acque e dei terreni contaminati, il recupero della flora e della fauna terrestri ed acquatiche, il monitoraggio, l’assistenza sanitaria e il miglioramento della salute per le comunità di abitanti. La bonifica costerebbe secondo le stime attorno ai 6 miliardi di dollari.
Il lavoro di Yanza e Fajardo è stato costellato di minacce ed intimidazioni tanto che nel 2005 la Commissione interamericana dei diritti umani ha predisposto misure per difenderne l’incolumità.
La scelta di premiare la lotta delle popolazioni amazzoniche contro i disastri causati dalle attività estrattive è un segnale importante e dipende da vari fattori. Anzitutto, la causa in corso contro la Texaco rappresenterà per i futuri casi di danno ambientale un precedente di straordinaria importanza. Ma il premio è anche – come si legge nel comunicato – un riconoscimento per l’aver mostrato chiaramente le conseguenze a lungo termine dell’industria petrolifera per l’ambiente e per gli abitanti, portando il governo ecuadoriano a promulgare leggi più intransigenti sulla protezione dell’ambiente.